IL CONTESTO no fa (il 24 febbraio 1983 ripresa a sua volta da "Le Monde"): un col- ·1oquio con Jean Louis de Rambures dal quale emerge in modo netto lo stile di vita. e di scrittura di Bemhard e che quindi si offre come una buona occasione per ridare voce _a: un intellettuale che fino alla fine ha combattuto con intelligenza e intransigenza contro l' ottusità, l'imbecillità, la brutalità di questo mondo. Ne riprendo qui di seguito alcuni passi: "Io non ho mai scritto un romanzo, ma semplicemente testi di prosa più o meno lunghi, e mi guardo bene dal definir li romanzi, non so che cosa voglia dire questa parola. Non ho nemmeno iJ:iteso scrivere mai un'operaautobiogra- .fica, ho una vera e propria repulsionelper tutto ciò che è autobiografico. Il fatto è che in un dato momento della mia vita ho senFito una certa curiosità per la mia infanzia. Emi son detto: 'Non ho più tanto tempo da vivere. E allora perché non tentare di metter giù la mia vita fino a quando avevo di- . ciannove anni? Non però così com 'è stata in realtà-obiettività non ce n'è - ma come la vedo adesso'. "Mi misi al lavoro con in testa l'idea di scrivere un libriccino. Ne venne fuori un secondo. Poi un altro ancora. .. fino al punto in cui là cosa cominciò ad annoiarmi. L'infanzia è insomma sempre l'infan- . zia. Dopo il quinto volume decisi. di tirarci sopra un frego. "A ogni mio libro mi sento dilaniato dalla passione e dall'odio per il soggetto che ho scelto. Ogni volta, quando il secondo sentimento prende il sopravvento, decido di lasciar stare definitivamente le cose dello spirito e di dedicarmi invece a compiti puramente materiali, per esempio spaccar legna o intonacare un muro, per ritrovare così il buonumore. Il mio sogno · · sarebbe che il muro non finisse mai, e così anche il mio buonumore. Ma dopo un certo periodo, più o meno lungo, ricomincio a odiarmi per la mia improduttività, e per disperazione cerco scampo una volta di più nel cervello. (...) Che la mattina, facendomi la barba davanti allo specchio, io non mi sia ancora ucciso, dipende unicamente dalla mia vigliaccheria. "Quel che mi spinge a scrivere è semplicemente la voglia di giocare. Senti il piacere di metter giù una carta e di sapere che ogni volta puoi vincer~ o perdere tutto. Il rischio di fallire mi sembra sul serio uno stimolante. Viene poi l'altro piacere, quello di escogitare i metodi che funzionano meglio per arrivare ai margini delle paro- ·' le e delle frasi. La materia, in sen-, so proprio, la ritengo del tutto secondaria, basta attingere (e creare i da quello che ci sta intorno. Ogni creatura - ne sono convinto - porta in sostanza il peso di tutta quanta l'umanità. Solo il modo in = Francesco Adinolfi ~ Suoni dal ghetto . . O La musica rap dalla strada alle hit-paradé e La più vitale espressione della sottocultura urbana newyorkese. I gruppi, gli artisti; le canzoni . e i testi che; partendo da Harlerri, hanno imposto ~~ uno stile divenuto rap~damente moda internazionale. ~- Presentazione di Alessandro Portelli ,.. Bernard-Marie Koltès ~ V Lotta &a negro e cani · ti--' Un grande autore. Una vibrante tensione poetica I- ft tutta risolta in dialogo, personaggi e azione '1t/l_o, come da tempo non si trovava in teatro. Presentazione di ~uido Almansi (.) Edizioni Costa & Nolan Via Peschiera 21 16122 Genova 14 cui i singoli arrivano ai margini li differenzia." Alla domanda "Come scrive i · suoi libri?" Bernhard rispondeva: "È una questione di ritmo e ha parecchio a che fare con la musica. Sì, quel che scrivo lo si può•capire solo se ci si rende conto che è anzitutto la componente musicale che conta e che solo in secondo luogo viene quel che racconto. Quando c'è il primo elemento, allora posso cominciare a descrivere cose e fatti; Il problema sta nel come. Purtroppo i critici in Germania non hanno orecchio per la · musica, che per gli scrittori è così tanto importante.L'elemento musicale mi procura una soddisfazione così grande come quando suono il violoncello, anzi, ancor più grande, siccome al piacere della musicasi aggiunge quello del pensiero che si vuole esprimere. Soltanto quando ho raggiunto il mio ritmo dÙavoro più niente riesce a sviarmi. Mentre a BruxeUes stavo lavorando al manoscritto del romanzo Perturbamento, scoppiò un incendio in un grande emporio, lì vicino allamia finestra aperta. Sulle prime vidi del fumo, poi una palla di fuoco in cielo. Immerso nello scrivere, mi meravigliai che non sentivo manco una sirena dei pompieri. Quando poi quelle si misero a echeggiare, il fuoco aveva divorato quasi tutto.' "Prima di questo stadio, però, c'è una fase in cui il minimo contrattempo, fosse anche il postino, può mettere in forse tutto quanto il lavoro. In questi momenti il mi, glior sistema per combattere l 'angoscia è quello di non avere sistemi, o magari di prendere un aereo e puntare verso qualche altro posto. Uno qualunque, purché lì il paesaggio non sia troppo bello. Quando non mi sono 'ancora messo a scrivere, la bellezza di un luogo può anche arricchirmi se riesce a farmi arrabbiare. Ma per il lavoro vero e proprio preferisco dei posti qualsiasi, magari brutti intorno. La bellezza di città come Roma, Firenze, Taormina o Salisburgo è letale per me." Ed ecco la sua risposta molto esplicita alla analisi di Améry: "Quanto più una città si presenta bella, tanto più sconcertante è il suo vero volto che si nasconde dietro la facciata. Entri in un qualsiasi ristorante di Salisburgo. Di primo acchito avrà l'impressione di vedere tutte brave persone. Ma ascolti quel che dicono i suoi vicini di tavolo, e scoprirà che non sognano altro che di sterminio e camere a gas. Le racconterò uno splendido aneddoto. Poco dopo la pubblicazione dell'Origine, un giorno il critico Jean Améry mi tirò in disparte per dirmi: 'Non devi parlare così .di Salisburgo. Tu dimentichi che è una delle più belle città del mondo'. Qualche settimana dopo, appena letta la sua critica del mio· libro nel 'Merkur' e ancora pieno di rabbia perché non ave':a capito assolutamente niente, sentii in televisione una notizia: Améry si era ucciso il giorno prima e proprio a Salisburgo. Questo non è un caso. Giusto ieri tre persone si sono gettate nella Salzach. Dicono che è colpa del fohn. Ma io so che in questa città c'è qualcosa di fisico che grava sulle persone e alla fine le distrugge." Infine, ancora alcune dichiarazioni molto decise del grande scrittore a conclusione del suo discorso: "Tutti gli uomini sono dei mostri non appena si tolgono le loro corazze. Del resto mi conosco abbastanza bene per notare quando proietto i miei sentimenti su altri. Certo, il mostruoso mi !lffascina, ma, mi creda, io non lo invento mai. Se la realtà a lei sembra meno sorprendente della inia invenzione, ciò dipende unicamente dal fatto cht; i fatti si presentano in forma sparpagliata. In un libro si deve assolutamente evitare di girare in folle. Il segreto consiste nell' afferrare inesorabilmente la realtà. Forse questo lo si chiama di solito fantasia. Il mio modo d1 scrivere sarebbe inconcepibile in uno scrittore tedesco, e dèl resto io ho una vera e propria av~ersione per i tedeschi. Non dimentichi poi il peso della storia. Il passato dell 'impero asburgiq,l ci segna. In me ciò è forse più visibile che negli altri. Si manifesta in una specie di autentico amore-odio per l'Austria; lei è in fondo la chiave di tutto quello che scrivo. Questo però non m'impedisce di determinarmi contro quelli che dicono che il mondo va sempre peggio e sta diventando sempre più assurdo e insopportabile. Anche se, partendo da sé, non si scoprono altro che brutture e fetore dappertutto, ogni minuto rappresenta una crescita d'esperien- .za.Noi stessi, in questo momento, abbiamo una buona briscola nei confronti di quelli che sono morti ieri: di sapere quèl che è successo nel frattempo. Un'unica cosa è certa: la morte, questa graticola sulla quale tutti noi finiamo arrostiti e poi in cenere. Ma nessuno sa esattamente in che cosa consiste."
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