SETTEMBRE1989 - NUMERO41 LIRE7.000 I mensile di storie, immagini, discussioni ~ -___;; JERVIS/RANCHETTI: LAPSICOANALISI • TORIAEPRESENTE ___;::) - LUDWIGFELS:Il DESTINODELLAPOESIA TONEGAWA (NOBEL'87): DALLACHIMICALLAMEDICINA ~ MALD'AMOREPOST-INDUSTRIALE ~ BRETIENBACH/ LAURENCE ~ TUCCISUSALVEMINI SPED.IN ABB. POSTALEGR. 111-70%- VIA GAFFURIO4 - 20124 MILANO
~(figoria rfe({è C?Ferèeomunieazioni CV:,i/èot(ei(rgòrmazioneinterattiva I '/6chi d'allegrezza' nel 700, 'i giochi comunicanti' della telematica alle soglie del 2000. Ponendoti al centro di una vasta rete di scambi informativi puoi catturare tutte le notizie e i servizi che t'interessano tra quelli disponibili 24 ore al giorno su Videotel, dai giornali telematici interattivi agli scambi di messaggi con altri utenti e alle operazioni bancarie a domicilio, dagli aggiornamenti legislativ( amministrativi e finanziari alle teleprenotazioni e teleacquisti. Per iniziare puoi consultare gli elenchi telefonici di tutt'ltalia interrogando il '12' sullo schermo del piccolo terminale che la SIP offre per poche migliaia di lire al mese o collegando con Videotel un homelpersonal computer attraverso la normale rete telefonica, SIP per ('CUniverso Je((e Prg/èssioni
Clarin LaPresidentessa «Il piu bel romanzo spagnolo dell'Ottocento» (Mario Vargas Llosa). Traduzione di Flaviarosa Nicoletti Rossini. Introduzione di Dario Puccini. «I millenni», pp. xvm-772 con 8 illustrazioni fuori testo a colori, L. 75 ooo WilliamBeckford Vathek nellatraduzionediGiaimePintor Il califfo Vathek abiura la fede del Profeta, abbandona i palazzi dei sensi e intraprende il lungo viaggio fino al palazzo del Fuoco sotterraneo. Un classico dell'immaginario preromantico. Postfazione di MaTcolmSkey. «Scrittori tradotti da scrittori», pp. 135, L. 12 000 MarioVargasUosa LaziaJuliaeloscribacchino Arresti misteriosi, morti segrete, sangue, passioni in un almanacco di storie intrecciate. Il piu divertente'" romanzo del grande scrittore peruviano. A cura di Angelo Marino. «Gli struzzi», pp. v-345, L. 20 ooo NikolaiGogol' Leveglie allafattoriadiDikanka Un mondo in cui i diavoli sono di casa; un mondo gaio e terribile in equilibrio tra farsa e tragedia. Traduzione di Giovanni Langella. Nota introduttiva di Vittorio Strada. «Gli struzzi», pp. x-267, L. 16 ooo Einaudi GiovanniPrevitali Leifortunadeiprimitivi Le interpretazioni dei «primitivi» dal Vasari ai neoclassici. Un capitolo basilare della storia della critica,. in edizione riveduta e ampliata. Nota introduttiva di Enrico Castelnuovo. «Saggi», pp. xxrx-263 con 71 illustrazioni fuori testo e 26 tavole sinottiche, L. 60 ooo Letteraturaitaliana direttadaAlbertoAsorRosa Storiae.geografia 111. l'etàcontemporanea I Gli stati italiani dall'Unità ai giorni nostri. Il volume conclusivo di un'opera che ha segnato un nuovo modo di leggere storia e forma della nostra letteratura. pp. xxr-1355 con 154 illustrazioni fuori testo, L. 100 000 JuanRulfo PedroPciramo La violenza e la morte in tutte le sue forme. Il breve, straordinario «classico» di uno dei piu importanti autori contemporanei. A cura di Francisca Perujo. «Nuovi Coralli», pp. 134, L. 12 ooo JeanCocteau Lavoceumana Lamacchinainfernale Un celebre monologo sull'amore crudele, una sarcastica rivisitazione · del mito d'Edipo. Traduzione di Marisa Zini. Nota introduttiva di StefanoJacomuzzi. «Collezione di teatro», pp. rx-107, L. 9000 DominicCooper Nelcuore 1dell'inverno Come l'eroe di un'antica saga nordica, Alasdair M6r si batte con un uomo che gli è misteriosamente nemico, sullo sfondo di un paesaggio incantato ... Traduzione di Susanna Basso. «Nuovi Coralli», pp. vrr-181, L. 16 ooo JosephConnors Borromini el'Oratorioromano Stilee società La realizzazione del maggiore edificio religioso della Roma del xvn secolofra contraddizioni e colpi di scena, avvia la carriera di un protagonista dell'architettura barocca e fa luce sullo stile e la società di un'epoca. Traduzione di Antonella Sbrilli e Augusto Roca De Amicis. «Biblioteca di storia dell'arte», pp. xxvm-517 con 121 illustrazioni nel testo e 142 tavole fuori testo, L. 75 ooo
o:=: Biennale di Venezia UNSECOLOOISTORIA Biennale ai Venezia Un secolo di storia Le formiche Una società alternativa De Chirico Il gruppo dei cinque Guido Reni I segreti dei codici Alessandro Magno JI tempo del lavoro
Direttore: Goffredo Fofi Direzione editoriale: Lla Sacerdote Collabora"tori: Adelina Aletti, Chiara Allegra, Enrico Alleva, Isabella Camera d'Afflitto, Giancarlo Ascari, Mario Barenghi, Alessandro Baricco, Stefano -Benni, Alfonso Berardinelli, Paolo Bertinetti, Gianfranco Benin, Romano Bilenchi, Lanfranco Binni, Franco Brioschi, Marisa Caramella, Cesare Cases, Robeno Cazzola, Grazia Cherchi, Francesco Ciafaloni, Luca Oerici, Pino Corrias, Vincenzo Consolo, Vincenzo Cottinelli, Albeno Cristofori, Mario Cuminetti, Peppo Del Conte, Stefano De Matteis, Riccardo Duranti, Bruno Falcetto, Marcello Flores, Giancarlo Gaeta, Fabio Gambaro, Piergiorgio Giacché, Aurelio Grimaldi, Giovanni Jervis, Filippo La Pona, Gad Lemer, Stefano Levi della Torre, Marco Lombardo Radice, Marcello Lorrai, Maria Madema, Luigi Manconi, Danilo Manera, Bruno Mari, Edoarda Masi, Robena Mazzanti, Paolo Mereghetti, Santina Mobiglia, Maria Nadotti, Antonello Negri, Cesare Pianciola, Gianandrea Piccioli, Bruno Pischedda, Oreste Pivetta, Giuseppe Pontremoli, Sandro Ponelli; Fabrizia Ramondino, Alessandra Riccio, Fabio Rodriguez Amaya, Paolo Rosa, Robeno Rossi, Franco Serra, Marino Sinibaldi, Joaquin Sokolowicz, Piero Spila, Paola Splendore, Antonella Tarpino, Alessandro Triulzi, Gianni Turchetta, Emanuele Vinassa de Regny, Itala Vivan, Gianni Volpi, Egi Volterrani. Progetto grafico: Andrea Rauch/Graphiti Ricerche di segreteria: Carla Rab.uffetti, Barbara Galla Relazioni pubbliche: Miriam Corradi Esteri: Regina Hayon Cohen Produzione: Emanuela Re HaMo contribuito alla preparazione di questo numero: Pasquale Alferi, Franco Cavallone, Vanna Daccò, Rina Disanza, Giorgio Ferrari, Carla Giannetta, Giovanni Giovannetti, □audio Gorlier, Grazia Neri, Nico Naldini, Lorenzo Pellizzari, le case editrici e/o, Longanesi e Rizzoli, la redazione di "Psichiatria e scienze umane", la libreria Popolare di via Tadino 18 a Milano. · Editore: Linea d'ombra Edizioni srl Via Gaffurio 4 - 20124 Milano Tel. 02/6691132-6690931 Distrib. edicole Messaggerie Periodici SpA aderenre A.D.N. - Via Famagosta 75 - Milano Tel. 02/8467545-8464950 - Distrib. librerie PDE - Viale Manfredo Fanti 91 50137 Fi~nze - Tel. 055/587242 Stampa Lltouric sas - Via Puccini 6 Buccinasco (MI) -Tel. 02/4473146 LINEA D'OMBRA Mensile di storie, inunagini, discussioni Iscritta al tribunale di Milano • in data 18.5.87 al n. 393 Direttore responsabile: Goffredo Fofi Sped. Abb. Post Gruppo IlI/70% Numero 41 - Llre 7.000 Abbonamenti annuale: ITALIA: L. 65.000 da versare a mezzo assegno bancario o c/c postale n. 54140207 intestato a Linea d•ombra. ESTERO L 90.000 I manoscritti non vengono restituiti Si risponde a discrezione della redazione. Si pubblicano poesie solo su richiesta. LINEA D'OMBRA anno VII settembre 1989 numero41 4 6 8 10 21 30 31 ILCONTESTO · Goffredo Fofi Gianfranco Giovannone Oreste Pivetta Francese-oBinni Maria Schiavo Paolo Giovannetti .- Giorgio Forti Morte della Terza Internazionale Della saturazione nei mass-niedia L'Italia telecomandata Vonnegut verso l'oggi Mal d'amore post-industriale L'insoddisfazione di Sbarbaro Problemi della bioetica RUBRICHE: Scuola (A. Rasori: Anche questa è pedagogia, a pag. 15), Memoria (R. 'lorzi su Bemhard, e Améry a pag. 15; G. Bettin sui 25 anni di "Linus" a pag. 17), Letture (L. Clerici su M. Sarsini, Albinati, Lodoli, Prorù, Tondelli, Neri a pag. 18), Confronti (M. Caramella su J. Bowles a pag. 23; M. Maderna su H. Korùgsdorf e M. Haushofer a pag. 24; P. Splendore su C. Sererù apag. 26; M. V. Vittori suZanzotto apag. 26; S.Angioni suCirese apag. 27;A. Tarpino su Ginzburg a pag. 33; A. Cristo/ori su Perucho a pag. 35), Antologia (Lettere di G. Comisso a pag. 28), Promemoria a pag. 37. 50 62 57 68 52 POESIA Breyten Breytenbach Ludwig Fels STORIE MargaretLaurence Niccolò Tucci INCONTRI Breyten Breytenbach SCIENZA 55 Susume Tonegawa SAGGI 38 43 45 74 79 Marco Lombardo Radice · Michele Ranchetti Giovanni Jervis Maria Teresa Mandalari Gli autori di questo numero Memoria nera e altre poesie Poesie con due interventi sulla poesia e il destino dei poeti a cura di Chiara Allegra e con una nota di Gabbo Mateen Mettere in ordine la casa Ricordi su Salvemini Le memorie di un pendaglio da forca a cura di Maria Teresa Carbone Dalla chimica alla medicina Il raccoglitore nella segale a cura di Luigi Manconi Osservaziorù sulla storia (della psicoanalisi) La psicoanalisi nel post-politico Bachmann e Wolf: due scrittrici e la violenza -La copertina di questo numero è di Fabian Gonzalez Negrin. Questa rivista è stampata su carta riciclata.
IL CONTESTO Morte della Terza Internazionale GoffredoFofi La III Internazionale è durata ufficialmente solo ventiquattro anni (1919~1943), ma ha stabilito un metodo e un modello che hanno segnato più generazioni e la cui reale data di morte è, a mio parere, quella del massacro di giovani cinesi sulla piazza Tienanmen. Sempre a mio parere, a essa vanno ascritte storicamente le manipolazioni e deformazioni, e molto spesso le messe a mort~ delle rivoluzioni di questo secolo- tutte quelle sulle quali è riuscita a mettere prima o poi le mani. Inoltre, la III Internazionale ha impedito in molti altri luoghi e anni che altre rivoluzioni avve-. nissero con forme diverse da quelle da essa stabilite. Essa ha prodotto un "tipo umano" ripetitivo fino ali' ossessione, moltiplicato per migliaia e milioni, di dirigente politico, di intellettuale che si fa politico, di "militante a tempo pieno" ("permanente" dicono in Francia; "professionista della politica" possiamo tradurre senza nessuna forzatura). Che si trattasse di figure inizialmente straordinarie per dedizione, generosità, coraggio, spinta al cambiamento e alla liberazione degli oppressi, ridotte poi, molto spesso, a robotici funzionari, è ancora più tragico. Che si instaurasse tra loro la norma della doppia verità (quella interna all'organizzazione e ai suoi vertici e quella pubblica) è un tarlo che ha contribuito a distruggere perfino la nostra "nuova sinistra". Ha scritto la storia a suo modo, l'ha letta, riscritta, falsificata a suo modo, secondo schemi rigidi e ripetitivi. In questa operazione è, per esempio, riuscita nell'impresa di far credere, a giudicare dalla quasi totale ignoranza in storia delle rivoluzioni del secolo che fa par_tedel bagaglio di ignoranze di più generazioni di militanti, che rivoluzioni e bolscevismo fossero una cosa sola, perennemente unita. E invece no. In Russia non c'era solo Lenin e il suo partito, per esempio, e anzi la rivoluzione l'hanno fatta, con le,masse dei soldati e contadini e operai, molti· partiti, tra i quali il bolscevico non era certo il principale né il solo a richiamarsi al pensiero di Marx. E quando, più tardi, vi furono soviet operai (gli stessi soviet non erano solo bolscevichi) che presero sul serio la parola d'ordine di tutto il potere ai soviet, per esempio a Kronstadt, tutti i dirigenti (la destra e il centro e la sinistra) furono d'accordo per intervenire e per controllarli o distruggerli (a Kronstadt col massacro eseguito da Trotskij). •. partito-guida fu letale - rha da quella chiesa si poteva uscire solo con la morte e il confino o col disonore degli "spretati" e "traditori". E di chiesa davvero si trattava, con i suoi orrori burocratici, le sue inquisizioni, le sue menzogne, le sue false coscienze e le sue alienazioni. Ho letto negli anni centinaia di testimonianze e memorie di militanti, e in quelle dei fuoriusciti dalla chiesa lenin-stalinista (e anche, perché no, togliattiana) ho quasi sempre ritrovato un punto dolens di insopportabile mistificazione: la degenerazione del partito e della Terza cominciavano, in genere, dal momento in cui erano loro a venir perseguitati pei: le loro posizioni o semplicemente per la paranoia dei massimi dirigenti e della loro polizia. (Non l'ho detto ma e ovvio: dovunque il partito bolscevico e terzino ha ottenuto il dominio, ha gestito il potere grazie a una efficentissima polizia e segreta e palese, in modi simili o uguali a quelli di ogni altra dittatura passata o contemporanea). Finché non toccava a loro, la chiesa era ancora l'unica universale e possibile. Là dove le rivoluzioni vincenti tentarono strade diverse da quelle stabilite dal centro moscovita, si trattò o di rotture laceranti (Tito, Mao) o di stremati tatticismi pur dentro l'ortodossia (non Togliatti, che di stremato ebbe ben poco); e comunque il metodo e il modello nella gestione del potere restarono gli stessi, anche con Tito e con Mao che furono, su posizioni diverse, i più coraggiosi nel rompere col potere centrale e la sua unica linea (lo "stato-guida". Restarono gli stessi anche con Togliatti. (Una relativa diversità nella storia del nostro Pci la si deve alle sue origini gramsciane ben più che alla strategia di Togliatti.) Sono esistite altre possibilità, altre forze, altri raggruppamenti, altri movimenti, altri partiti, altre dissidenze, altre minoranze; hanno continuato a esserci per tutto il secolo, avendo però di fronte la ben difficile, quasi sempre terribile prospettiva di venir fagocitati e schiacciati, dai comunismi, dai fascismi, dalle borghesie e dal capitalismo. (E mi pare che ben pochi, anche tra gli intellettuali e i militanti più integri, siano riusciti a non farsi schiacciare e ricuperare storicamente da una di queste forze. Oggi, per intenderci, dal capitalismochefapassare se stesso per unico modelI misfatti del potere bolscevico in URSS e della Terza furono lo sociale di potere e di gestione di potere conciliabile con la deben noti, subito, a molti, e naturalmente anche dentro il partito e mocrazia.) dentro la Terza. E cominciarono presto le defezioni. Ma per i ri- Dalla difficoltà a ipotizzare altro rispetto a questi modelli, per masti restò ferma e immutabile l'idea che Terza e Partito - e il fatto che essi erano i più consoni alla gestione del potere, è de- "marxismo-leninismo" come cemento ideologico, anzi "scienti- rivata la fragilità di modelli alternativi, di ricerche diverse da fico" - erano l'unica verità e possibilità. Fuori dalla rivoluzio- quelle delle dittature e quelle del potere capitalista. Anche questo ne (da quella loro idea di rivoluzione) e dall'organizzazione (dai lo dobbiamo alla Terza: di avere reso ciniche e opportunistiche inpartiti ufficialmente riconosciuti, i partiti della Terza) non potevano tere generazioni, anche in quelle parti proiettate inizialmente veresserci né verità né salvezza né rivoluzione. Il blocco attorno al. · so la ri,cercadi modelli di socialismo (e comunismo) libertari, so4
• lidaristici,egualitari, senzaamoreper la violenza.Perfennarsi al1 'Italia, la generazione cui io appartengo è cresciutadovendo definirsi in rapporto a due chiese, quella togliattianae quella pacelliano/americana,e ha fatto nonpoca fatica a trovarealtri cammini, altri maestri, altri referenti (sì che poco ne resta di realizzato e pochi sono disponibili a continuarea cercare), e la generazione dopo lamiaha riscoperto con leprime érisi delmovimentodel '68 nient'altro che il modello leninista e trovato in esso la sua progressiva degenerazione burocratica e/o violenta, e la fine. Derivada qui-,per esempio, in chi un po' di memoriacontinua ad averla, l'insopprimibile antipatia e resistenza nei confronti di certi intellettuali e politici di area comunista (anche quando fuoriusciti dal PCDdi una certa età: perché troppe ne hannodigerite e cene han fatte digerire!perchémolto spesso,quandopiù "aperti", tuttavia attaccati ormai definitivamente, antropologicamente al modello Terza, superficialmentecorretto con un po' di esistenzialismoe psicoanalisi, o di indigesto umanesimoe pluralismo di facciata (le eccezioni ci sono, ma si contano sulla punta delle dita);perché se ne ricordqnotantemalefattee ipocrisie;perché da chi ha accettato in passato certe cose non si è disposti ad ascoltarprediche. Una antipatiaparticolare, infine, per quegli intéllettualidel PCI e simili, che, spavaldamenteborghesi o piccolo borghesi, ci hanno oppresso e ricattato con le loro chiacchiere da "avanguardia del proletariato" e da "organizzazione del proletariato", e che su queste mistificazioni hanno costruito il loro personalepotere, e che hanno condannato e isolato altri che, nella sinistra,non avevano la lorostessadose di cinismoe di culto del potere.di tatticismo,e di falsa coscienza, permessi, voluti dal partito. · La cultura della Terza è stata, nel suo complesso, una Cultura del Potere: della presa e gestione del potere da parte del partito-chiesa, e del potere da lui distribuito. Eppure... Eppure questa storia, la s!,Oriadella Terza, non è stata soltanto la storia di questi poteri.E stata anche la storiadi milioni e milionidi oppressi la cui adesione al comunismo fu di ordine ben diverso: una necessitàvera, un'utopia di liberazionedal bisogno (e dalla solitudine) per cui lottare e per cui dare se necessario la vita. Occorreben distinguerenel giudizio st.QJicotra chi, nella Terza, stava sopra, e su chi stava sotto, tra gli intellettuali-burocrati-professionisti,le "avanguardiedelproletariato" ogli "ingegneri delleanime",e lecosiddettemasse (parola assai brutta, non a caso coniata e imposta dalle ideologietotalitarie).Sonostate la loropresenza,la loropartecipazione, il loro entusiasmo, la loro dedizione, la loro volontà di una lotta per una società diversa ad avere permesso la diffusionenellecondizionipiù difficiliepiù brutali di un'utopia comunista, e il successo delle organizzazioni che si autodichiaravano realizzatricidi questa utopia.Masi è trattatorarissimamentee per pochi momenti di un'unica storia, perlopiù di due storieparallele, e che hanno proceduto parallelamente soltanto quando il poterenonera ancora statoconquistato(o per brevi tratti, dopo, sotto il peso di minacce esterne e sulla base di risorti nazionalismi), ma si sono subito e rapidamente disgiunte quando l'avanguardia dava il via ali' edificazione del proprio modello sociale secondo lo schema del partito unico, dell'autoritarismo confessionale, dello statodi polizia, delle tappe forzate, del collettivismoforzato, della distruzione non solo della democrazia borghese ma di ogni tipo e condizione di democrazia. Tutto questo oggi sembra davvero finito. Morto e sepolto assiemealleultimevittime,assiemeai corpi martoriatidegli studenti della piazza Tienanrnen. A proposito di Tienanmen, però, si è ancora assistito a posizioni nostalgico-terzine, e assieme ai soliti che hanno esaltato quelle morti come dovute alla lotta per il ristabilimentodel loro modello socialepreferito e per loro unico, il capitalismo, c'è anche stato chi le ha esaltate come nate dal desideriodi vedere ristabilito il modello che le scelteborghesi di Denghannobuttato amare.Come seDengnon fosseanche lui PC ILCONTESTO ' -~: Mosca 1973 (foto di Caio Garrubba). Nella pagina di fronte: disegni di David Levine (da Identikit, Einaudi 1969). e Terza1nternazionale,vecchio rivoluzionario e funzionariodello stessopartito e gruppodipotere cui appartenevaanche,conben altra intelligenza e capacità di contraddizione, Mao. Questo perseverante ideologismo terzino e questo attribuire agli altri motivazioni che sembrano le sole comprensibili agli ideologidi questa o quella parte ci hanno talvoltadisgustato.Gli studenti cinesi si sono mossi e hanno lottato, rischiando fin la mortee alcuni trovandola,probabilmente per gli stessimotiviper i quali si sono mossi tanti studenti e tanti.proletari prima di loro - e ancora continueranno a muoversi e morire. Per la conquista di quei valori di libertà (individuale e comunitaria), di solidarietà contro i potenti e i gestori del dominio politico ed economico, di giustizia, di eguaglianza. Alcuni di loro, forse, anche per una scalata al Potere, ancora. Ma i più per ideali molto semplici e subito concreti, attraverso la cui realizzazione "cambiare il mondo" e "cambiare la vita". La Terza Internazionale è finalmente morta - e non possono più impressionare in alcun modo i tardi turiferari, che, qui in Italia, ci possono risultare oggi meno antipatici soltanto perché perdenti, ché se fossero vincenti sarebbero stati, ne sono convinto, molto molto simili, nei casi migliori, ai Castro e ai Kadar e agli Jaruzelsky. La Terza Internazionale è morta. Era ora. Ma ciò non risolve il problema di continuare a cercare, a inventaremodi nuovi di lottaper il raggiungimentodi unademocrazia liberatae di un'umanità liberata (anche dalla sua ostinata parte di vocazioneal conformismo,all'egoismo, alladistruzione, al1 'autodistruzione.:.), per la realizzazione di utopienon assolute e non assolutiste, per il socialismonella libertà e per la libertà nel socialismo.E se non uso qui la parola "comunismo" è perché la Terza e i terzini hanno corroticiil significato di questa bellissima parola, che è stata per tanti oppressi la_pi~ bella di_t~tte,_sì da rendere molto arduo·un ritorno al suo s1gmficatoongmano. s
IL CONTESTO Tutto in casa Tv~ giornali, giornalisti: la saturazione Gianfranco Giovannone I nuovi, nuovissimi must, dell'estetica televisiva? Abbandonare velocemente qualsiasi mugugno anti-spot e lagna anti-break e farsi piacere a tutti i costi Loretta Goggi, Mike Bongiomo eMar~ co Columbro. Per Alberto Abruzzese "l'ultima sortita" del PCI "contro ia pubblicità durante i film in televisione ... in difesa delÌ'aura cinematografica" si inserisce in una politica "di piccole operazioni di retroguardia" ispirate a "vecchie antinomie residuali" ("Il Manifesto", 12 gennaio). E Mario Pirani, invitato a commentare i risultati di un sondaggio durante la prima trasmissione di "Fluff' inveisce direttamente contro i telespettatori, accusandoli di "anticapitalismo" (residuale, suppongo) e di atteggiamenti "vetusti" e "pre-modemi" perché a maggioranza dichiarano di non gradire i programmi-lotteria (sorprendentemente, devo confessare, perché tra pmnzi serviti in famiglia o tra moglie e marito credevo ci fossero più italiani dentro.il video che davanti). Le preoccupazioni di Abruzzese sembrano più che fondate: l'iniziativa dei comunisti, condotta: con "scarsa riflessione critica", prefigura scenari mass-medio logici agghiaccianti, una waste-land televisiva non molto diversa da quella che incombe sulla Francia, dove il consiglio costituzionale, respingendo il ricorso presentato da neo-gollisti e centristi, ha confermato che dal primo luglio '89 sarà permessa una sola interruzione pubblicitaria nell'ambito di film, telefilm e serial ("Il Manifesto", 19gennaio). Lo so, l'ironia è troppo facile, il video-pensiero di Abruzzese infinitamente più complesso e la politica della sinistra nell'ambito dei media vecchiotta e polverosa, però quando egliinneggia "al1 'ironia e alle corrosioni delle pratiche elettroniche e delle 'manie' del consumo" mi fa l'effetto di un funzionario Fininvest con un pizzico di entusiasmo di troppo. Sono uno che si nutre prevalentemente di schegge, non si perde uno spezzone e adora la pubblicità come genere, ma la vertigine di "clamorose operazioni di frantumazione e contaminazione delle forme espressive" sembra più la descrizione di una eccitante serata televisiva che la prefigurazione di una:"responsabile e avanzata politica dei media". Parole in libertà si sarebl?e detto una volta, o peggio, appiattimento sull'çsistente, f()rmula "vetero" quanto si vuole ma che fotografa benissimo un certo modo di stare a sinistra o anche di essere intellettuali oggi, con un tale terrore di non apparire abbastanza moderni e spregiudicati da rischiare pi\lttosto la perfetta inutilità. O il comico, ché altrimenti non saprei definire lo zelo e il livore cpe Pirani metteva, in fondo, al servizio dell'ideologia di "Telemike". A quali registri o generi letterari andrà infatti ricondotto lo spettacolo di un autorevole e influente opinion-maker sorpreso a predicare a un manipolo di paleo-spettatori cocciutamente refrattari ai quiz il vangelo del capitalismo - a mezzanotte e con un cipiglio privo di qualsiasi sospetto d'ironia? (Qualche esperto di linguistica computazionale potrebbe divertirsi a infilare in un calcolatore qualche migliaio di "fondi", "opinioni" e commenti per verificare se, come penso, la strategia argomentativa oggi più diffusa non sia l'uso svalorizzante di epiteti a base di parole come "paleo", "vetero" e simili. Ho sotto gli occhi "La Repubblica" del 5 aprile in cui Craxi definisce "archeologico" il comunismo e il "Manifesto" del 2 aprile che titola l'intervista a Trentin "Si può fare anche lo sciopero generale ma senza arcaismi". Il più spiri6 toso comunque è stato Antonio Bassolino che ha definito "vetero-marxista" Cesare Romiti.) L'amico con cui guardavo la trasmissione, anticipando quell'uso interattivo dei media che - Abruzzese potrà confermarlo - presto ne trasformerà radicalmente la fruizione, s'è messo a inveire contro il video con espressiÒni irripetibili. Non riuscendo a cogliere, mi sembra, l'iper-realistica emblematicità dell'evento che si svolgeva sotto i suoi occhi, involontaria e grandiosa parodia dello Zeitgeist che furoreggia nelle redazioni dei giornali e degli studi televisivi, ghiottissima "scheggia" che. spero Enrico Ghezzi non si sia lasciato sfuggire. Perché lo stesso integralismo, lo stesso eccesso di zelo percorre dozzine e dozzine di articoli a . sostegno di valori che mostrano da tempo di non averne più bisogno, (endendo perlomeno imbarazzante la posizione di quanti si prodigano con fervore in battaglie ormai stravinte. Non si può fare a meno di rammaricarsi per lo spreco di preziosa intelligenza e di preziosissima cellulosa- a opera di firme spesso grandissime - in saggi e saggetti soporiferi anche per il lettore fornito di una mediocre "enciclopedia" e di un modesto numero di "frames", che comprende fin dalle prime righe dove si andrà a parare. Talvolta sarebbe sufficiente l'occhiello, il titolo e la firma: "Ambientalismo arcadico e cialtrone. Il progresso non si ferma", firmato Giorgio Bocca; "PCI inaffidabile. Urge strappo". firmato Ugo Intini, Lucio Colletti ecc. (con la variante scalfariana "Il PCI può governare. Seguono istruzioni"); "Perestrojka e Glastnost. Stron~ate: proprietà privata e libera concorrenza", firmato Mario Pirani, Alberto Ronchey ecc. (anche se, come avvenne all'inizio di Solidamosc, quando all'entusiasmo subentrarono più realistiche e geo-politiche preoccupazioni, ora ci si comincia a chiedere cosa succederebbe alle risorse del pianeta e all'equilibrio dei mercati se la Russia- ma anche la Cina o il Terzo Mondo- si mettesse a produrre, consumare ed esportare ai nostri ritmi). Qui e di fronte, disegni di Marco Petrello. •
Disegno di David Sèher. Insomma: se davvero oggi i giornalisti possono scegliere se promuovere il consenso o i consumi, l' advertising alla Giuliano Ferrara che il giovedì sera invita a guardare Mike Bongiorno e a diffidare di Gambarotta appare l'alternativa più lungimirante. Perché si ha l'impressione che la prcxluzione di ideologia sia da tempo ridondante e il mercato del consenso particolarmente saturo. Gli editori dovranno pure accorgersi che siamo tutti convinti della necessità del libero mercato, della centralità dell'impresa e della sacralità del profitto e che gli irriducibili costituiscono un target talmente trascurabile da consigliare drastici tagli agli investimenti nel settore e una più razionale utilizzazione degli addetti. E si potrebbe forse ipotizzare che sia proprio un crescente senso di obsolescenza e di supetfluità a spingere questi ultimi sulla strada deir esagerazione e della gaffe (anche Bèniamino Placido ha ironizzato sugli apologeti ultra ideologici del quiz televisivo), ad abbandonare le tecniche persuasive più soft a favore di forme scopertamente propagandistiche quali l'appello, l'invettiva, l'insulto diretto a quanti non condividono il loro grintoso ottimismo. Che sarà senz'altro moderno e modernizzante, ma ricorda curiosamente la smugness degli inglesi fine '800, quei gentiluomini vittoriani più o meno eminenti che siamo solit,i raffigurarci tronfi e stolidamente soddisfatti, con una cultura fatta di certezze e luoghi comuni, sospettosa di chiunque osasse· guardare oltre i· suoi angusti orizzonti. Certo, il parallelo storico sembra impro~ prio se si pensa ali' ampiezza e all'asprezza del dibattere cxlierno e alla rapidità elettronica e telematica con cui si susseguono i valori, i miti e i mcxlellidi comportamento ai giorni nostri. Ma si tratta di un dibattere tanto effervescente quanto povero di reali valenze ideologiche o culturali - più che altro un arraffar poltron~, contendersi quote della torta pubblicitaria, strapparsi lettori o spettatori a suon di magazines, lotterie, querele, grandi discorsi e grandi drammatizzazioni. Nel totale disinteresse e fastidio della "gente": non solo gli sforzi per far passare per battaglie politicoculturali gli scontri Mondadori-Berlusconi sulla pubblicità b Scalfari-Stille sui binghi, ma la stessa legittima preoccupazione sulle concèntrazioni editoriali appare piuttosto futile dal punto di vista dell'utente smaliziato, poco incline a strapparsi le vesti alIL CONTESTO la prospetti va che l'oligarchia Mondadori-Agnelli- Berlusconi venga sostituita dalla monarchia dell'avvocato (o, ahimé, dell'ingegnere, che ha ormai fagocitato i più accaniti crociati anti-trus_t). Anche perché - qualunquisticamente? - sospetta dietro le nsse,.le prese di posizione e le male parole un sostanziale un~imismo e conformismo di fondo che gli fa apparire abbastanza mdolore l'eventuale passaggio di proprietà di firme teste e testate considerate per lo più intercambiabili (le eccezioni, quando ci sono, fanno intravedere il peggio del peggio: la posizione di "Repubblica" sulla mafia, a cominciare dal sostegno a gente come Orlando e Falcone, appare piuttosto limpida, ma cosa pensare allora dell'ambiguità di altri giornali contro i quali Giampaolo Pansa e Giorgio Bocca sono costretti quasi quotidianamente a polemizzare?). Tutto appare davvero "fatto in casa", come le "polemiche prefabbricate" di cui parlava tempo fa Grazia Cherchi riferendosi a certi pugilistici programmi televisivi conclusi con strette di mano, pacche sulle spalle e brindisi dietro le quinte. E non sembra tanto un fatto di cavalleria o difair play, ma di labilità di idee e di convinzioni, di poco simpatiche propensioni alla mimesi e alla sudditanza, della preoccupazione un po' troppo fervida di modulare le polemiche, le critiche e le indignazioni secondo l' "orizzonte di attesa" e il galateo di volta in volta prevalente nel cii:cuitoche fa opinione. La semiologia e la convegnistica sui media non sembrano in grado di spiegare un fenomeno molto più preoccupante della nevrosi da iper-informazione o dell'inquinamento da immagini di cui tanto volentieri si discute: il dilagare dei finti-dibattiti chiassosi ed effimeri che impediscono non solo di risolvere mfi persino di analizzare seriamente qualsiasi problema, dagli sp~t te- . levisivi alle riforme sc.olastiche, dall'equità fiscale alla legislazione sulle tossicodipendenze. Le grandiose messinscene che per settimane mobilitano partiti; forze sociali, stampa e televisione spesso non partoriscono neppure il classico topolino ma riescono quasi sempre a lasciare l'opinione pubblica frastornata, confusa e avvilita. I termini della questione fiscale, tanto per fare un esempio, sembravano sufficientemente chiari e la vertenza messa in piedi dai sindacati non solo giusta ma colpevolmente tardiva: da anni i grandi quotidiani pubblicavano cifre, grafici e rapporti ~i quali risultava evidente che il deficit statale è dovuto escluszvamen7
IL CONTESTO te all'evasione fiscale, mentre la spesa pubblica è in linea - se non inferiore - alla media europea (e non viceversa, come gli stessi giornali sostenevano in precedenza). Ma gli esiti della vicenda e le sue interpretazioni fanno pensare a una grottesca allucinazione collettiva: un'elemosina- dovuta e promessa - ai lavoratori spacciata come grande successo (ancora sulla "Repubblica" del 2 aprile Guido Bolaffi contrapponeva questo "rilevante successo" dell'anima moderna del sindacato al "vetero-operaismo" degli scioperi contro i ticket), misure anti-evasione messe a punto dagli esperti della Confcommercio, il problema archiviato- irrisolto- forse definitivamente. Chi avrà il coraggio di ripetere la - sacrosanta - solfa della "redistribuzione della ricchezza" tra lavoro autonomo e dipendente ("ma come, ma ancora?")? E chi oserà denunciare le bugie e le mezze verità sottese alla retorica dei tagli e del rigore con la quale il presidente del consiglio e il ministro del tesoro vanno costruendosi un'immagine da grandi statisti? La stampa, naturalmente, svolge il suo dovere informando obiettivamente: la "Repubblica" dedica due pagine al giorno - con sdegnati fondi di Miriam Mafai - agli spinelli di Martelli e ai teledeliri di Celentano, ma solo poche righe a un rapporto dell'ISCO dove si dice che la manovra di risanamento della finanza pubblica a base di "tetti invalicabili" e "tagli indifferibili" è una madornale cantonata, perché la spesa pubblica è sotto controllo mentre occorre "rivolgersi alle entrate, recuperando l'evasione, colpendo i redditi esenti" (ma d'altra parte il "Manifesto" alla vigilia dell'incontro decisivo governo-sindacati, accanto a un amaro fondo di Pintor pubblicava un brillante e spregiudicato articolo dove si sosteneva che siamo tutti evasori, dall'operaio che accetta i fuoribusta al grossista che froda miliardi, con un'allegra confusione di travi e pagliuzze che suppongo De Mita abbia molto apprezzato). Dando per scontata la malvagità de potere e una certa confusione di idee dovuta all'accavallarsi dei flussi informativi e dei modelli formativi, rimane il sospetto che a far difetto siano soprattutto certi "arcaici" tratti quali la coerenza, la serietà e l'onestà intellettuale. Sarebbe consolante, in simili frangenti, poter evocare oscure manovre di astutissimi burattinai o almeno fosche storie di corruzione sindacal-giornalistica, come in certi vecchi film americ~i. Ma i partecipanti al finto-dibattito nazionale prestano la loro opera spontaneamente e "a gratis", qualche volta anche in buona fede, con una fede anzi assoluta nelle frasi fatte e nei luoghi comuni- e rimozioni, smemoratezze e ~emplificazioni- di cui è intessuta la pragmatica e rassicurante ideologia dell'era post-ideologica. Chi non là condivide si accontenterebbe- in attesa di improbabili inversioni di tendenza - di un aggiornamento del Dictionnaire des idées reçues, ma non si vede in giro nessun Flaubert, Karl Kraus o Samuel Butlercapacediraccontare la betise dei nostri giorni - quella che conta davvero però, non quella innocua e marginale di cu! si deliziano i nostri scrittori e disegnatori satirici. Chissà, forse se un Arbasino un po' meno occupato arifare il verso a se stesso e un po' più ambizioso si accorgesse che gli anni Settanta sono finiti e che a quelli ingenui - e perché no, talvolta stupidi e irresponsabili - che allora si gridavano nei cortei o si scrivevano sui muri sono subentrati altri slogan, altri fanatismi, altre intolleranze ... L'Italia telecomandata Oreste Pivetta La Televisione vi rende ... cretini, informati, intelligenti, furbi, esperti, felici ... Ma non stiamo una volta tanto a giudicare chi guarda e ascolta il dibattito, il film, lo spot, il varietà, la serata d' onore. A me pare, se vale la testimonianza personale, di sentirmi per lo più cretino, anche se sociologicamente cretino, perché . guardo le tette di "Colpo grosso", credendo di cogliere, sociologicamente, un angolo della realtà italiana, perché inseguo "Chi l'ha visto?" cercando tracce dei servizi segreti e l'ombra di un governo, perché mi becco la replica di ~·serata d'onore" e Pippo Baudo che canticchia sorridente "ti saluto e vado in Abissinia, cara Virginia, ti scriverò", sperando che si tratti di un messaggio personale mentre invece mi risulta una vergognosa canzoncina guerrafondaia e coloniale (vergognosa soprattutto per la Rai che laripresenta tra ballerini e ballerine travestiti da soldatini e odalische, con l'aria dei bei tempi andati, dei conquistatori, dell'esuberanza giovanile e di "faccetta nera"). Torniamo da capo. La Televisione vi rende ... La Tv consociativa ha aperto le porte al pubblico. Ciò che era una volta riserva- · to ai professionisti può capitare a tutti, anche a te, come pronosticava, sempre avanti nel tempo, il dito indice dello zio Sam. "Tribuna politica" fu in fondo il primo segnale: il governante, il ministro oppure il dirigente del grande partito si mettevano a confronto con i giornalisti che avrebbero dovuto rappresentare un barlume di opinione pubblica, un alluce di paese reale che sfiorava timidamente il primo gradino del Palazzo del Potere. Da li, dalla "Tribuna politica", è cominciata l'invasione. Un_a a marea di duelli, di confronti, di dibattiti ha inondato sotto specie di approfondimento informativo e di pluralismo lo schermo, configurando due categorie di protagonisti: gli esperti e la gente comune. La gente comune può rifluire tra gli esperti, come capita al truffatore intervistato da Costanzo sulla strategia delle sue truffe, sorridente, spigliato, alla pari con la giustizia, in grado così alla buona tra sorrisi e pentimenti di trasformare la sua ambigua prof~ssione in una raia specialità, apprezzabile per quel tanto di stu0 dio, di applicazione, di metodo che essa impone. Casi meno appariscenti ma ben più frequenti, ormai comuni, sono quelli rappresentati dalla madre del tossicodipendente, del cassintegrato (in disuso), dal missionario e da altri, a seconda delle circostanze. Tutte le categorie sono a rischio. La cronaca è padrona e trascina in prima pagina, cioè alla poltroncina d'onore dell'esperto, chi le capita a mano. Siamo, in un campo e nell'altro, nell'ambito della televisione verità, che spesso capita sia anche televisione spazzatura. Le distinzioni sono pericolose. Le manipolazioni ancora di p~ù. Gli spari di piazza Tienanmen sono spari che non si sa dove vadano a finire quando attorno a essi s'aggira il mostro televisivo indagatore, pronto magari al dibattito e all'approfondimento. Capita lo ~ stesso, con meno strepito e minore emozione, con le parole della madre. Dove andranno a finire. Chi sarà pronto ad ascoltarle come verità e non piuttosto come volgare strumento a sostegno di una tesi.
IL CONTESTO - --;:_ ·- --- -- ·- - ~-:- _-_ - - c::: - - ~~~~ci~~~~~~~-:-- . . . - .. -·.-_--::.·:--~ -- - -- -=:;.._ ·= Disegno di David Scher. Non credo che la "testimonianza" sia più forte di qualsiasi opinione. Può capitare il contrario. Dipende da chi vi s'esercit,t e dipende forse più di ogni altra cosa dalle condizioni e dalla cultura, di qua e di là dello schermo, di una società che amministra e gestisce i stioi bisogni di verità, di informazione, di comunicazione. Mi ha colpito quanto affermava su "Repubblica" Sandro Parenzo, il curatore di "Io confesso": "Speravamo - diceva- che dalle confessioni emergesse qualche verità sociale. Ma questo è uno sforzo vano: la gente che chiede di partecipare non fa che raccontare problemi sessuali o, al più, familiari. Nella società, insomma, è caduta l'indignazione. Nel bene o n~l male non c'è più ideologia ...". Non so piente dell'ideologia, combattuta, sparita, condannata. Non c'è morale, non c'è passione, non c'ènullachenonriguardi le proprie private angosce, frustrazioni, gratificazioni ... E di queste si vuol dare prova sicura, ma rappresentano una verità meschina, che non apre neppure una fessura per chi vorrebbe magari capire la società. E mi dispiace di tirar fuori parole così grosse, "capire la società", è un nonsenso, è retrò, sono postumi di una malattia lontana. Ma nel disinteresse, che ha una così chiara rilevanza televisiva, che così sincéramente parla attraverso la televisione, si rincorrono altri guai fuori moda, la crisi della politica, la crisi della democrazia e dei partiti, i successi della mafia, delle clientele, delle tangenti, della via individuale e privata al conto in banca, all'istruzione, alla salute, secondo i modelli thatcheriani. Che cosa dovrebbe darmi la televisione, che mi resta sempre propedeutica e consolatoria, se non qualche vaga raccomandazione, qualche buon esempio, qualche verità che mi tranquillizzi circa il buono stato delle cose e la loro conservazione futura e circa la mia estraneità rispetto ad alcuni piccoli drammi occasionali? Persino le testimonianze,4irette, sotto quella lente moltiplicatrice della telecamera, àgiscono sotto forma di paradosso. Diventano qualche cosa di troppo grande perché mi possano riguardare, mi rassicurano perché mi oppongono una distanza abissale. Chi le presenta subisce una deformazione. S'atteggia a protago- . nista di una storia qualsiasi e lo giudico un mitomane; vuol propormi un esempio, ma non è credibile per gli eccessi di cui lo circonda. Mi serve solo per ritrovare rafforzata la mia diversità. C'è nel "mezzo" qualcosa di delinquenziale, che modifica le prospettive, i soggetti e le parole, perché tutto sale in palcoscenico, perché per vivere la Rete ha bisogno di spettacolo, per catturare l'audience e i miliardi del finanziamento. Gli effetti perversi non finiscono mai. Ce ne sono altri, che riguardano il coro degli esperti d'ogni qualità. Lo sostengo con cautela per non offendere nessuno, ma la sensazione è che la televisione li renda o voglia renderli, non dico tutti, non dico sempre, ...non arrivo a pronunciare la parola fatidica ... qualche volta per i meccanismi impliciti (i tempi stretti, l'obbligo alla vivacità, l'impossibilità di argomentare, la sproporzione degli interventi), forse perché è preferibile essere spiritosi e possibilmente satirici, altrimenti il moderatore ti toglie la parola (tranne che a "Samarcanda" dove è necessaria la contrizione), qualche volta per faziosità. Per esempio Giuliano Ferrara è un armadio aperto di faziosità. Il nostro semovente craxiano dirige ai propri fini, girando erigirando, ammaestrando e tagliando, anche se il panorama degli ospiti e degli argomenti è "ampio e articolato", non lascia scampo agli avversari, e li stringe in angolo, alzando attorno muri di emozioni e di vite vissute. Senza apparenti faziosità mi se!llbra invece il conduttore di ''Fluff', Andrea Barbato. L'amministrazione degli esperti è elegante con distacco. Ciascuno dice la sua con il sorriso sulle labbra. E questo, tra tante animosità e guerre, non può che far piacere. Ma mi pare che un ordine sotterraneo corra tra una poltrona e l'altra: non facciamoci del male in famiglia, traduzione aggiornata per il "villaggio di vetro" dell'antica regola "laviamo i panni sporchi in casa". Di faziosità parimenti ripartite vive invece "Duello", dove opposti partiti si misurano attorno a questioni più o meno vitali. Una volta mi è capitato di sentir parlare di automobili e a prima vista mi sembrava un po' come Milan-Inter del giovedì dopo le coppe o del lunedì dopo il campionato . 9
IL CONTESTO Da una parte c'era il carrozziere Giugiaro con i suoi esperti, dall'altra Luigi Pintor, ugualmente assistito. La sorte mi ha consentito di ascoltarePintor sostenere che i cittadini italiani sarebbero stati indotti ad abbandonare la città per la campagna, suggestionati dalla rapiditàdegli spostamentipromessi dall'automobile, con non soqualeconseguenzaurbànistica,rivalutando incontrapposizione la tesi un po' ottocentesca secondo la quale bisognerebbe abitare vicino al posto di lavoro. Anni di "speculazio- 'needilizia", di "lotte per la casa", cli"espulsione dei ceti popolari dai centri storici" sono passati invano. Davanti alla tv persino Luigi Pintor si era dimenticato della rendita fondiaria. Chi invece ricorda tutto sono gli esperti autoconvocati, i cobas della testimonianzaselvaggia,più recentemassiccioesempio di protagonismotelevisivo.Mi riferiscoai telefonisti di "Chi l'ha visto", di "Telefonogiallo", dei quiz e dei sondaggi. Hannoscoperto mostri, hanno smascherato servizi segreti, hanno consola- · to madri e padri. Patetici e sublimi nella generosità, formidabili nellamemoria,scientificinella:selezionedegli indizi, lombrosiani nell'elenco dei tratti segnaletici, Hanno creato mutanti, gente che in pochi secondi calava o saliva dieci centimetri d'altezza, schiariva o imbrun~vadi pelle, ingiallivadi capelli, zoppicavae poi correva, sibilava la esse e poi arrotava la erre. Sarebbe la nuova Italia dell'investigatore collettivo e dei segreti svelati,l'Italia che non darebbescampoad Andreottio ai colonnelli del Sismi e del Sisdi. Non so se sia un'Italia frustratae mitomane o semplicemente prodigadi consigli, un'Italia esibizionistao semplicementealla ricerca di unmodoper farsi sentire.La televisione la stimolae la esalta, le concedeunapatentedi necessità.Potrebbe invecepresentarsipericolosa,per UI) gustooscenodi delazione. Potrebberimanereinoffensivaper quantopatologicamenteespressionedi un paese del pettegolezzo, che una volta si esercitava nelle piazzee nelle corti e cheora riconfezionala tv secondoquegli usi e secondo quegli spazi.Provvederàqualcheidentikit sociologicoadipingerla e a definirlapiù accuratamente.Per ora mi sembra,nella sua tragedia, tra le farse della politica e della ricchezza, un'Italia che si èdataall'enigmisticapernon averee per non cercarenullad' altro a cui pensare. Vonnegut verso l'oggi ovvero: un sublime epilogo popùlista Francesco Binni Kurt Vonnegutè un narratore seriale,o, meglio, unautoreche legge e registra la serialità della vita contemporaneacon l'audacia di un improvvisatorejazz che non sa bene dove stia andando ma lo fa con uno stupefacente sensodel ritmo,in una sortadi alfabetoMorse- nel caso di Vonriegut-_:,_per eventuali "do-ityourselves" dell'arte narrativa: un segmento lungo seguito da unobreve,seguitoda unobrevissimo- unmontare di onde brevi distese, solitamente, in u11a .magistrale "punch line". Vonnegutè oggiun narratore "esausto", non nel sensodi esaurito, ma piuttosto in quello di soddisfatto dai gèneri narrativi che ha provatoe appunto esaurito. Da dove viene?Avesse continuatosµllaviadelbellissimo The ~ Sirensof Titan(Lesirenedi Titano,1959) Vonnegut avrebbepotuto essere, comePhilipK. Dick, lo Shakespearedella science-fiction di oggi, ma anche forse il Ben J onsondi un'intera varietàdi fictionse fantasiedella middle classamericanafra anni Cinquanta e Sessantaper cui congegnò una nuova formula narrativa, solo in formadi racconto,per unmercatodel pulp-paperback cherichiedeva una stabileofferta di narrativache potesse piacere a Jet~ tori dal gusto improblematico:sciencefiction appunto,m_anche spy'nove/s, avventure apocalittiche in territori esotici, ecc. Ma forse quello che venne a salvare Vonnegut dall'alluvione o dispersione popolare - da un nuovo HoratioAlgerismo dell'era tecnetronica - fu la felice cesura della controcultura della fine 10 dégli anni Sessanta, di cui Vonnegutdiverrà autore tutelaree da cui sarà aiutatoa forgiare il suo stile idiosincratico, fattodi un attraversamentodi Swift, Orwell (PlayerPiano: La società della camiciastregata,1952, gìà insegna), passando per il populismo trentistadi unFrankCapra, e teso, finoa spezzarsi ( o a caderenel1'inanimato?),fra le spinte tradizionalie fisse della cultura americana: l'idealismo trascendentalista di Emerson e Thoreau + il pragmatismodi un Twain e l'espressionismo astratto di un Pollock, con il puntillismonuclearedi un campo di forze in disfatta che genereràtutta una scuoladi immaginimetanarrativecuiVonnegut continuerà ad attingere fino all'ultimo romanzo per ora, Bluebeard (1987). Come si sa, Vonnegut è oggetto di un certo culto, tenacenegli anni, da partedei lettori della letteraturaamericanacontemporanea, eppure si farebbe,un cattivo servizio alla sua indubbia rilevanza se se ne rivendicassero i libri all'alta letteratura con lo stessoentusiasmo,diciamo, che hapotuto far passareHammetto Chandlèr per Dostoevskij: credo fermamente che il meglio di Vonnegut appartenga a un subgeneremass-culturale composito che osserva leggi diverse (e più severe) dell'alta cultura, e che a voltepuò esprimererealtà e dimensioniche sfuggonoall'alta letteratura. Disegni di David Scher.
• La fine del "sogno americano" · Siconsideri lacapacità diVonnegutdi rendere la storia.La società dei consumi, la società dei media, la "società dellp spettacolo", tardo capitalismo - comunque si voglia chiamare questo momento - colpisce soprattutto per la sua perdita del sensodel passato storico e di futuri storici: questa incapacità di immaginare la differenza storica - Marcuse la chiamava atrofia dell'immaginazione utopica - è un sintomo patologico del tardo capitalismo molto più significativo di caratteristiche come il "narcisismo"; la "nostalgia art", da AmericanGraffiti ai romanzi (del resto molto notevoli)di Doctorow testimonianondi interesseper il pàssato, ma piuttosto della sua trasformazione in puri stereotipi. Ora, il fattoche l'arte di Vonnegut abbiaunabase narrativa solidamente radicatanella science-fictionha fatto spessocomprendere lasua tendenzaprimaria come untentativodi immaginarefuturi inimmaginabili, ma il suo soggetto più profondo può essere invece proprio il nostro presente storico: il futuro dei romanzi di Vonnegut rende il nostro presente storico, in ·guisadi America Postrrwderna, trasformandolonel p·assatodi un futuro fantastizzato, come negli episodi più elettrizzanti dei suoi libri - si pensi, per esempio, a uno dei pur non più recenti romanzi, GodBless You,MrRosewater(Diolabenedica,signorRosewat·er, 1965), la cui conclusione,di netto sapore socio-antropologico,si applicaa un mondo non futuristicamente distopico ma invece immediatamenteerealisticamente presente, un' Americaconsuntaedecaduta per cui si presenta la necessità di fornire una nuova mitologia al posto dell'ormai demodéAmericandream di sconfinateopportunità per chi lavora duro. Questo tema del generale decadere di cose e persone solleci- . · ta inVonnegut il tema compensatorioossessivodella riproduzione: in Breakfastof Champions(Lacolazionedei campioni, 1973) il narratore individua "com'è stato innocente e naturale" per gli americani"comportarsi così abominevolmentee con risultati tanto abominevoli: hanno fatto del loro meglioper vivere comepersone inventate nei libri di racconti - questa è la ragione per cui gli americani si sparavanoaddosso così spesso: era il modo letterario più adatto per chiudere racconto e libro". Questa prospettiva postcatastrofica può spiegare perché nella narrativa di Vonnegut, comein altri tipi di populismo, l'ingegno artigianale (il tema della tela dei suoi pittori-desperados)diventa la forma privilegiata di lavoro produttivo. Ma sarà il tema correlato della riproduzione e della produzione di copie che rende l'opera di Vònnegutuna dellepiùrilevantiespressionidellasocietà dello spettacoloe dello pseudo-evento, in cui l'immagine è la forma finale della reificazione da oggetto di consumo. All'ombra delle marionette silenziose: la fine dell'individuo Oltre a essere una delle massime incarnazioni di temi controculturali negli anni Sessanta, soprattuttonella sua oliata macchina "sputa-sentenze" alla maniera sornionae laconica di un ripro- · postoHemingway tight-lipped, la narrativadi Vonnegutè unaletteratura del business, in particolare il settore della produzionedi immagini e illusioni: i suoi "eroi tipici" - una specie un po' démodé da vecchiopopulismo di piccoli impiegati, commercian- ' ti in proprio, piccoli burocrati - sonopresi nelle lotte convulsive di corporazionimonopolistichee oramultinazionaligalattiche. e intergalattich~,piuttosto che nelle battaglie feudali e imperiali alla Star Wars. E una letteratura in cui il collettivo fa una riapparizione appropriata e disturbante, il più delle volte in una comunità paralizzata dei morti o dei feriti, strenuamente incatenatinel tentativoda incubodi scoprireperché il loro familiaremondodella small town ha perso profondità b solidità solo per poi trovare che sono "nella realtà" tutti immobilizzatiinsieme inuna sommaria vita criogeniça. · IL CONTESTO È, insomma, una letteratura della cosiddetta "morte del soggetto", di una fine dell'individualismo così asso!uta dametterein questione gli ultimi bagliori dell'ego, come quando - in Cat's Cradle (Ghiaccionove, 1963)- il narratore non identificamai se stesso finché, in una scena del manoscritto originale, è scioccato dall'imbattersi nel proprio nome scolpito su una pietra tombale: quel nome è "Vonnegut". Una delle scene finali di Deadeye Dick (Il grande tiratore, 1982) rinforza emblematicamente questa direzione della narrativa vonnegutiana: un personaggio minore stupisce improvvisamente il narratore del romanzo riuscendoa richiamareuno spiritodalla tomba- si tratta di una scena comica,diunabravata sovrannaturaleinesplicabile,maperfettamente emblematicadella fiction vonnegutianapiù recente, tutta caratterizzatada uno spettralemementodi crimine emorte.Chi parla in Slapstick (1976), per esempio, lo fa spettralmente dalle rovine di Manhattan, spopolata da una peste misteriosa; la storia di J ailbird(Unpezzo da galera, 1979) è narrata sullo sfondodel massacro operaio di Cuyahoga e della morte di Sacco e Vanzetti, mentre il narratore è in prigione per connivenza con i crimini dell'amministrazione Nixon e la sua colpa deriva anchedal ruo- . lo avuto nelle udienze famigerate della commissione McCarthy; lo stesso narratore di DeadeyeDick ha a che fare con la sua colpa per l'uccisione casuale di una puerpera con una pallottolavagante che lo inizia alla maggiore età. Narrativa,dunque, di identitàspettrali,misteriosamentecoinvolte nella casualità storica. E può certo essere che la stessaconvenzionalità, l'inautenticità, la stereotipia formale della sciencefiction dia a questa narrativa un vantaggio specifico sullaalta letteratura modernista:qu,est'ultimaci può mostrare tuttodellapsiche individuale e della sua esperienza e alienazione soggettiva salvo l'essenziale, cioè la logica degli stereotipi, riproduzioni e · depersonalizzazioni in cui l'individuo nel nostro tempo è tenuto come un "canarino fra i gatti". Ora Vonnegut fa p~oprioquesto: la sua è una virtuale "arte della fuga" del racconto, unapirotecnica narrativa che si sdipana in una sorta di delirio e che può porsi come critica della rappresentazione stessa. L'asterisco della mezzanotte: la via per "Galapagos" Non stupisce che l'arco narrativo vonnegutiano dell'ultimo quindicenniogrossomodo siacaratterizzatoda quello chedefinirei un interesse sociale fondamentalmenteorganicista. Nei saggi , e sermoni di WampetersFoma andGranfalloons (1974) e poi di Palm Sunday (1981), per esempio, Vonnegut fa autobiografia nello stessotempo che lamenta la scomparsa della ''folksociety", un organismosociale in cui non c'era distinzione fra vicini di casa e parenti, riafferma l'importanza dej modelli di narrativadel1' ego.(citaResse), s'impegna a rimediare da serittore al problema di un solipsismometafisico riferito alle condizioni reali di vita: il suo-gridodi speranzaper il futurodiventa "LonesomeNoMore!" · (Non più soli!), che poi è il sottotitolodell'opera-spartiacque del '76, Slapstick (cioè "Comica finale"), che parla di "città desolate e cannibalismo spirituale e incesto e solitudine e disamore e. _morte".Vista spesso come opera involutiva, malissimo accolta 11
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