J.J.: Il drogato si droga per se stesso, non sifa vedere, e ancor meno leggere. · Riconosco che c'è una netta differenza. Ma allora mi domando se, in quanto persone che scrivono e pubblicano, noi non si sia semplicemente dei drogati vanitosi! J.J.: Pensi di avere un messaggio da trasmettere? No, non credo di averne uno. J.J. : Allora perché e per chi scrivi? Te l'ho detto, è come una droga. J.J.: Ma se, dopo aver scritto epubblicato, nessuno ti rispondesse, se quello che hai scritto lasciasse indifferenti? Mi dispiacerebbe. J.J.: Continueresti a scrivere? Sì, sicuramente. Penserei peraltro che si può venire riscoperti più in là, penserei forse alla posterità ... S.P. :Leggendo L' Afrique fantòme, mi sono chiesta per chi lei l'abbia scritto. Ci sono momenti in cui si ha l'impressione che l'abbia scritto per· se stesso e invece altri ... Scrivevo essenzialmente per me. Ho già detto, credo, che era un libro sperimentale. Ne avevo fin sopra i capelli della letteratura, e del surrealismo in special modo, fin sopra i capelli della civiltà occidentale. Volevo vedere cosa poteva darmi la costrizione a registrare tutto quanto accadeva attorno a me e tutto quanto 'accadeva dentro la mia testa. Ecco, più o meno, l'idea che presiedeva aL'Afriquefantòme. S.P. : Come reagì Marce[ Griaule? Glielo most~ò? A un certo punto si era parlato di mostrargli le bozze, ma devo dire che non lo feci - sebbene glielo avessi detto - perché mi resi conto che, dati i suoi modi di comportarsi, aveva un altro punto di vista e che, chiuso allo spirito del libro, malgrado il nostro cameratismo mi avrebbe chiesto di operare dei tagli inaccettabili. Dunque: decisi di non mostrargli le suddette bozze. Quando il libro uscì s'infuriò, sostenendo che avevo compromesso l'avvenire degli studi sul campo, ecc. S.P. : Se si riprende la metafora della droga, si nota che si addice molto bene a quel diario. Lei ha veramente scritto ogni giorno ... Praticamente sì. Non andavo a dormire se non avevo fatto il resoconto della giornata. Ci sono dei passi dove riporto appunti, delle annotazioni propriamente etnografiche, fatte al momento della mia inchiesta sugli zar, quandoavevò più tempo per prenderle. Ma a parte questo, è stato scritto davvero ogni sera, prima di andare a dormire. J.J.: Al momento della pubblicazione de L'Afrique fantòme, Mauss era stato sensibile a questo aspetto da "taccuino di viaggio" dell'etnologo? Qual era stata la sua reazione? Mi aveva rimproverato; lo aveva fatto in modo paterno e bonario, ma in fin dei conti non era d'accordo. INCONTRI/LEIRIS Francis Bacon: Ritrattodi Miche/ Leiri; (1978). J.J. : E Rivet? Credo di avertelo già raccontato. Rivet, per non rovinare ai miei occhi la sua_immagine, per dimostrarsi un uomo liberale, aveva cavillato su questioni puramente formali, segnalando errori di francese o che nel racconto di un sogno (dimenticando completamente che si trattava di un sogno) avevo situato la Baia di Hudson a New York; inoltre, mi aveva rimproverato di aver utilizzato la parolarécoller invece di récolter, ecc. Mi era molto dispiaciuto, avrei pn;ferito che si pronunciasse apertamente ... come aveva fatto Mauss. Ma è solo con Griaule che ho rovinato i miei rapporti a causa de L' Afrique f antòme. J.J.: Se si dovesse valutare la tuaposizione infin dei contimarginale ali' interno dell'etnologia francese (in quanto non accademica), non si potrebbe forse dire che il tuo ruolo è stato quello di una specie di iconoclasta, e più esattamente di un demistificatore, visto che ti è capitato spesso di fare, come si suol dire, il guastafeste? · Non dico di no, ma direi piµttosto demistificatore. Non è tanto la volontà di distruggere che mi anima, quanto quella di demistificare, allo scopo di basarmi sempre su qualcosa di veramente provato, di solido. J .J. : L' Afrique fantòme era già un tentativo di demistificazione dell'inchiesta sul campo. Sì, e poi di demistificazione del viaggio, di demistificazione del racconto di viaggio. 89
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