INCONTRI/LEIRIS • carriera d'etnologo-che cosa diresti? Ne sei soddisfatto, o meglio, pensi di aver apportato qualcosa, una particolare sensibilità, un certo "éclairage" - come diceva recentemente Claude Lévi-Strauss in occasione dell'omaggio reso dal Muse o delle arti e tradizioni popolari al suo fondatore: Georges-Henri Rivière (38)? Ammetterò volontieri di aver apportato la mia goccia d'acqua. , Devo aver aiutato qualcuno a essere un poco più lucido. Per me, il dovere della lucidità è un dovere personale. Ma questo non vuol dire che serva a qualcosa. Quanto alla seconda parte della domanda, credo che la mia opera che ha più contato a questo proposito sia stataL' Afriquefantome, se la si considera come un'opera antropologica. J.J.: Tu mi hai detto un giorno che eri stato assai sensibile al fatto che il mondo dell' etnologia ufficiale non solo t'avesse riconosciuto come un etnografo a pieno titolo, ma avesse anche riconosciuto la tua opera etnologica ... Sì, perché si trattava di una specie di compensazione. All 'inizio ero stato preso come una specie di piccolo teppista, e, beh, sono contento di essere preso un po' sul serio. J.J.: L' Afrique fantòme, dopo un curioso itinerario editoriale, è stata recentemente ripubblicata in una collana di scienze umane! · Mi fa piacere, sono contento come potrebbe esserlo un malvivente cui si desse la legion d'onore! S.P. : Per restare nel campo della morale, vorrei porle una domanda sulla maniera in cui erano acquisiti ali' epoca gli oggetti etnografici. Ne L' Afrique fantòme lei descrive con molta franchezza sia le sue attività sia i suoi sentimenti. Non si può mai dir tutto, è chiaro, ma neL' Afriquefantome ho cercato di dire il massimo. L'idea che si aveva dell'utilità quasi morale dell'etnologia portava a pensare che il fine giustificasse i mezzi; in certi casi si poteva fare più o meno qualunque cosa per procurarsi oggetti che, una volta esposti in un museo parigino, mostrassero la bellezza delle civiltà in questione. Non l'avrei mai fatto con uno scopo commmerciale. Mai. Avevo sempre dato torto a Malraux per la storia dei bassorilievi, perché lo aveva fatto con l'idea di venderli. Noi lo facevamo per mostrali in un museo. S.P. : Cosa pensa a proposito della restituzione degli oggetti che i musei Ofcidentali possiedono ai paesi dove sono stati presi e alle civiltà che li hanno prodoìti? Sul principio sono d'accordo. Nei fatti è evidente che, per esempio, non si possono restituire opere d'arte che sono state acquisite dalla Francia sotto, mettiamo, Francesco I! Non tutto può' ritornare al proprio paese d'origine. Ma in via di principio, capisco molto bene che paesi adesso indipendenti possano rivendicare quegli oggetti. Per esempio, ci sono degli oggetti storici - come i troni del Dahomey che abbiamo al Museo dell'uomo-che sarebbe giusto restituire. S.P.: Il Museo del!' uomo fa qualche cosa per quest'azione di restituzione? 88 Credo di no. Ci sono oggetti che sono stati confiscati sia militarmente che pacificamente -come ci è capitato di fare durante la missione Dakar-Gibuti - ma la maggior parte degli oggetti che si trovano nei musei etnografici sono stati di fatto acquistati. Gli acquirenti ne sono quindi i proprietari. S.P.: Ma se un oggetto è stato pagato, significa che appartiene per forza alla persona che l'ha pagato? Resta infatti il problema del potere di chi compra. Si potrebbe anche dire che per quegli oggetti sono stati pagati prezzi molto bassi e che dunque lo scambio non era uno scambio veramente regolare. S.P.: So per esempio che nel Suriname, ci sono rappresentanti del paese che sono venuti negli Stati Uniti per proporre che si restituiscano loro certi oggetti, senza distinzione tra gli oggetti acquistati e quelli che non lo erano stati, perché per loro il problema non è quello. Capisco la loro reazione, che è legittima. Ma lo è pure la reazione inversa. Credo che non si possa prendere una posizione univoca. Bisognerebbe analizzare caso per caso. S.P.: Prima lei ha sottolineato la differenza tra le attività di Malraux, vale a dire il furto dei bassorilievi ... Anche in questo caso bisogna essere prudenti. Non mi sono indignato. S.P.: Sì. .. e le vostre attività di collezionisti in occasione della missione Dakar-Gibuti. C'è una precisazione che vorrei fare. Ci sono stati casi in cui per l'acquisizione degli oggetti non ci siamo fatti alcun problema. Ma era raro. In genere, pagavamo quasi tutto. S.P.: Le sue idee inproposito e il suo atteggiamento sono cambiati? . Ora penso che sia molto male, nella misura in cui si tratta di fare torto a delle persone, privandole di cose alle quali sono attaccate. A vantaggio di che, poi? E in ogni caso non a vantaggio loro~ J.J.: Ma allora a che pro? Quel che voglio dire è cheforse tra qualche anno ci domanderemo le stesse cose a proposito dell' etnologia che facciamo oggi ... Oh! lo so, lo so ... Per la scrittura, ad esempio, che è la sola cosa che io pratichi ancora, sono arrivato a pensare che è come una droga. Ebbene, la droga non ha senso! Semplicemente vi si è ferocemente attaccati, non se ne può fare a meno. J.J.: Non pensi che con questa droga, diciamo, non si possa scoprire un po' del reale, un po' di verità? · Con la letteratura? J.J. : Sì. , Come con qualsiasi altra droga! Chiedi a un tossicomane, ti dirà che quando è sotto l'influenza del suo tossico è di una lucidità estrema.
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