Linea d'ombra - anno VII - n. 40 - lug.-ago. 1989

LETTERE la 11Repubblica"dei laici, ovvero: i nuovi martiri Filippo La Porta C'è stata recentemente una imbarazzata ripresa di discussione aproposito dellaicismo. Qualcuno ha proposto perfino l'abolizione. deltermine"laico",conlasuafatale caratterizzazione elitaria e settaria. Q}ielloche stupisce di più è che in Italia nessuno vuole essere preso per ciò che è. Se, ad esempio, uno strarùero, ignaro delle cose del nostro Paese, avesse sfogliato "Mercurio" (supplemento culturale di "Repubblica") del 22 aprile scorso, si sarebbe immaginato uno scenario piuttosto movimentato, in cui una minoranza perseguitata conduce un 'intrepida lotta in nome della libertà di pensiero e dei principi dell' 89. In prima pagina si leggeva infatti il titolo Noi laici indemoniati, con un rimando a due articoli interni (Risposta di un laico dall'inferno eNel grande rogo del Sabato). Oggetto: le polemiche del settimanale di CL, "Il sabato", nei confronti del laicismo è del quotidiano di Scalfari. Perfino il lettore più smaliziato, avvezzo a mimetismi di ogni sorta, ha un attimo di smarrimento. Macome?Ungiornalecheèespressione di un potente gruppo finanziario, cheèdiventato l'organodella cultura dominante in Italia, che ambisce a dare la "linea" a partiti e governi (qualche volta con successo), che plasma giorno per giorno l' òpinione e i gusti del nuovo ceto medio, trasformato in un foglio di opposizioneminoritaria, vittima di roghi e di intolleranze, bersaglio di crociate e persecuzioni. La razza che era padrona, ancorché illuminata, diventa razza martire. A ben pensarci il giornale di Scalfari dovrebbe essere riconoscente ai battaglieri ciellini. È grazie a loro infatti che gli intellettuali di "Repubblica" (un fronte in verità sempre meno compatto) possono provare il brivido di sentirsi all'inferno, maltrattati e vilipesi. Un'emozione unica. Un' esperienza mai vissutaprimad'ora. La vertigine del potere e l'ebbrezza del- !' anticonformismo. Siamo ben oltre l'evangelico "gli ultimi saranno i primi". Qui si è, nello stesso tempo, primi e ultimi. Il re non è nudo, come qualcuno forse si era augurato,mavuoleindossàreipanni dell'ultimo dei sudditi, perdipiù ingiustamente perseguitato. Semplicemente: voler essere tutto! Un sogno arcaico, premodemo, degno di un sovrano orientale. Il senso della misura, così caro alla tradizione laica, sembra poco congenialeainostrialfieridellibero ·pensiero. Paolo Guzzanti, adesempio, dà proprio l'impressione di credere di essere davvero un continuatore ed erede dell' illumirùsmo (cosìcomegliHare-Krishnasisen- • tonoprobabilmente depositari dellagrande tradizione induista).Chissà, forse si è convinto che qualcosa dell'esprit degli enciclopedisti, anche solo una minuscola fiammella, aleggimisteriosamentenellasua prosa effervescente. Non discuto la qualità giornalistica dell'articolo, o il suo valore informativo. Però la certezza di essere un autentico martire laico, oggi proscritto e_ forse domani lapidato, porta a una sorta di spavalderia vittimistica, a un tono sovreccitato. Leggiamoche secondo i khomeinisti di CL tutti i laici "andrebbero sbudellati, passati e fritti dorati, sopra e sotto". Ecco, questa squisita iperbole mi sembra in qualche modo rivelatrice, involontariamente autodescrittiva. Tutto lo stile dell'articolo infatti si sforza tanto di essere brillante, di ricoprirsi di una patina dorata, ma emana un inconfondibile odore di fritto. Paolo Flores, cui viene demandato il più impegnativo compito di chiosare il filosofo Augusto Del Noce, mostra indubbiamente minore baldanza. E poi il tema è, a ben vedere, sconfinato, anzi, come si dice, "complesso"(illumirùsmo, cristianesimo, borghesia, modernità). Non si può pretender p-oppo da un articolo di giornale. Flores è un'anima problematica, pensosa, spesso tormentata. Però sembrache n9n lo sfiori mai un dubbio a proposito di un punto decisivo: forse la tradizione a cui si ispira si è interrotta, è divenuta irriconoscibile. Chissà, forse lui non è precisamente Voltaire, e Scalfari non è Federico II. Forse quei nobili concétti, quei termini così suggestivi, marùpolàbiliall 'infinito, consumabili a piacimento da quasi tutti, si sono àllontanati da noi irreparabilmente. È davvero possibile discorrere di eguaglianza, solidarietà, libertà, nell'Italia del 1989, così, come se niente fosse? E avendo presente, come nemico unico o principale, il fanatismo religioso (sul quale peraltro Flores ha scritto su "Micromega" pagine assai penetranti)! Qualcosa è cambiato, il mondo sembra essersi capovolto. Il bello è brutto e il brutto è bello, come dicono le streghe nel Macbeth. Possiamo anche rivendicare i valori dell'individuo e del conflitto. Se però è assai dubbio che CL incarni l'essenza del cristianesimo, sembra altrettantodubbio che "Repubblica" abbia raccolto dal fango le consunte bandiere del laicismo. È giusto riaffermare che aspiriamo a "una cittadinanza effettivamente realizzata per ciascuno". Ma chi avrebbe l'animo di dissentire? Il punto non è questo. Come non è quello di rintracciare puntigliosamente le radici della attuale ideologia yuppie (se laborghesia laica ci l'ordalia medievale). Su questo piano è possibile dimostrare tutto e il contrario di tutto. Certo, ci appassiona di più la ''liberazione" della "comurùone", ma non sarebbe sempre il caso di specificare, anche tra noi laici: liberazione da chi, e per che cosa? Il fatto è che, nonostante certa retorica, un tantino dimarùera, sulcarattere provvisorio e relativo dei nostri fini (ormai siamo adulti, sappiamo bene che il senso della storia è sempre esposto al fallimento...) qui non si prende abbastanza atto di un fallimento che a quanto pare è già avvenuto, e che riguarda aspetti non secondari della nostra stessa civiltà. Si ammette malinconicamente che le promesse del cosiddetto "disincanto" sono state disattese. Già, ma non si tratta di un semplice incidente di percorso, facilmente evitabile con un po' di buona volontà. Cosa prometteva questo "disincanto"? Un mondo giusto, più tollerante, magari riscaldato da una religione dell'umanità, sobria e scevra da fanatismo caratterizzata da "un rifiuto di fedi, superstizioni, autorità, miti". Ma siamo sicuri che tutto questo basti?Nonèchel'uomohasempre bisognodiqualchemito,peròoggi siamo tutti più "disincantati" senza essere più giusti e più tolleranti. IL CONRSTO Potremo contrapporre alle visioni messianiche ed escatologiche inostri indomiti Sisifi, più o meno felici, i nostri fieri Prometei, ma a voltesembrachel'utopialaicarap- , presenti un modello irraggiungibile e astratto ben più del messaggio evangelico. E poi quegli ideali presupponevano una fiducia nella ragione o nella storia o nella natura umana ci inuna classe sociale, tutte cose che comunque non si possono più formulare in quei termini. L' occidentalismo sarà pure "un universo profondamente lacerato, contraddittorio antinomico", e, volendo, possiamo anchedistingu~e sottilmente tra "Occidente dei poteri" (èattivo) e "Occidente dei valori'' (buono). Però è singolare che siamo pronti a considerare il "socialismo reale" come prov'a insindacabile della infondatezza e criminosità della tradizione marxista, mentre con I"'Occidente reale" diventiamo possibilisti e attenti allesfumature" (a rigore, !"'Occidente reale" dovrebbe invalidare la tradizione greco-latina, e poi giudeocristiana, e poi borghese, illumirùstica e liberale ...). La stessa eredità dell'azionismo, a noi più vicina e qui più volterivendicata, nonapparecosì univoca. È proprio lì che vanno cercati gli anticorpi al "male oscuro" del trasformismo? Per fare un solo esempioA!doCapitirù,chedique!- la esperienza fece parte in modo non marginale, criticava negli anrùQuaranta la trasformazione del- !' allora movimento in partitò (voluta dai La Malfa e da altri), con tutte le prevedibili conseguenze: machiavellismo, tatticismo, pura logica di potere e di autoconserv azione. Certo l'Italia non è immune da residui clericali, anche pericolosi, e da ingerenze pontificie. Ma, dal momento che nessuno, tantomeno chi scrive su '!Repubblica", rischia oggi una qualche forma di esclusione o di discriminazione nel di- ~hiararsi "laico", forse andrebbero evitati sprechi di indignazione, esibizioni di titanismo morale e di pathos da minoranza oppressa. Naturalmente sipuò anche discutere di tutto questo persuasi di esseregliimpavidicustodidell'Occidente verace (minacciato da nuove Inquisizioni). Forse non si darà un quadro della realtà molto attendibile, ma chi vuole potrà specchi.arsi in un paese immaginario, metaforico, analogo aquellodicer- • ti apologhi morali così cari agli illuministi. 7

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