POESIA/CELAN Discorso sui monti .Diversi sono gli accenti possibili per la parola ·arte e Celan ha voluto scegliere non quello grave della dimensione storica e non il circonflesso che nella dilatazione tende all'eternità, bensì quello acuto, urgente e doloroso, dell'oggi. Manell' oggi ogni evento si alimenta di stratificazioni e la poesia che lo evoca, pur commemorando una precisa data, ne estende le risonanze così da porsi in cammino per seguire un percorso che è fuga e meta, tensione verso la stretta di mano del! 'incontro e approdo finale alla solitudine. Anche Discorso sui monti è un evento in cammino, un episodio che da traccia biografica si trasforma in discorso sulla poesia e che sarà citato proprio nel MeridiaM, la più esaustiva dichiarazione di poetica pronunciata da Celan nel 1960 in occasione del conferimento del premio Biichner a Darmstadt: "E un anno fa, memore di un incontro mancato nell 'Engadina, ho fissato sulla pagina un breve racconto, in cui ho fatto andare un uomo 'come Lenz' attraverso i monti. "Mi sono così, nell'uno e nell'altro caso, testimoniato con un '20 · gennaio', con un mio '20 gennaio'. "Io ho incontrato ... me stesso:• L'incontro mancato che ispira la breve prosa di Celan è quello che Peter Szondi, uno dei suoi più intimi amici e più lucidi critici, aveva predisposto a Sils con T.W. Adorno. Quindi proprio il poeta votato a scrivere la poesia dopo Auschwitz avrebbe dovuto incontrare chi aveva dichiarato che dopo quell'evento non era più possibile scriverla. 'Così, questo 20 gennaio, accento acuto dell'oggi, non è unicamente la data che segna il solitario cammino del Lenz biichneriano attraverso i monti, ma è anche il 20 gennaio del 1942 quando la conferenza di Wannsee decise di adottare per gli ebrei la "soluzione finale". Sarà allora proprio un ebreo memore delle sue date a mettersi in cammino nel Discorso sui monti quando il sòle e altro ancora è già tramontato; e questo ebreo muove verso l'incontro "sotto le stelle", ultime luci di un cielo ormai oscurato e al tempo stesso tragico marchio di persecuzione. Il discorso tra l'ebreo Grande e l'ebreo Piccolo è il discorso di un incontro che pur non avendo avuto luogo determina un'intesa e un accrescimento di consapevolezza: "Io ho incontrato ... me stesso". Il cammino volto all'incontro fa ritorno all'isolamento della propria solitudine e disegna una circolarità che il 'ritmo di questa breve prosa cerca di evocare richiamando il percorso della poesia in una estensione di ampia gittata che attraversa tutte le sue date per rinchiudersi in se stessa. Uguale circolarità caratterizza anche il MeridiaM che, oltre a costituire il titolo del discorso di ringraziamento per il premio Biichner, è anche il luogo geometrico della poesia di Celan: 'Trovo qualcosa/ come la lingua/ di immateriale, eppure terrestre, qualcosa di circolare, che attraverso i due poli ricade in sé e/ con tutta gaiezza/ attraversa persino i tropici: /io trovo ... un MeridiaM." Anche Adorno vorrà citare questo incontro mancato, questa data di assenza, dedicando a Celan il suo saggio su Valéry, dove neI passo introduttivo si parla di un meridiano ... (Elisabetta Pottlwff) Una sera il sole, e non solo quello, era tramontato, allora si mise in cammino, uscì dalla sua casetta e s'incamminò l'ebreo, ebreo e figlio di ebrei, e insieme a lui camminava il suo nome, im- · pronunciabile, camminava e arrivava, arrivava trotterellando, facendosi sentire, arrivava col bastone, arrivava attraverso le pietre, mi senti, tu mi senti, sono io, io, io e l'altro, quello che senti, che ritieni di sentire, io e l'altro, - così camminava, come si poteva 74 sentire, camminava.alla sera, quando già il sole era tramontato, camminava sotto le nuvole, quelle familiari e quelle sconosciute - perché l'ebreo, come si sa, cosa possiede che gli appartenga davvero, che non sia preso a prestito, imprestato e mai più reso-- così camminava allora e arrivava, arrivava per la strada, quella bella, incomparabile, camminavacomeLenz, peri monti, luf, che avevano lasciato abitare giù in basso, dove si sentiva a proprio agio, negli avallamenti, lui, l'ebreo, camminava e camminava. Camminava, sì, per la strada, quella bella. E chi, pensi tu, gli andò incontro? Incontrd gli andò il cugino, suo cugino e nipote, quello che aveva un quarto di vita da ebreo in più, arrivava grande, arrivava, anche lui, nell'ombra, presa a prestito-perché chi mai, continuo a domandarmi, arriva qui, dato chè Dio Io ha fatto ebre'o, con qualcosa che gli appartenga? - arrivava grande, arrivava pèr l'incontro, il Grande si avvicinava alpiccolo, e Piccolo, l'ebreo, fece tacere il suo bastone di fronte al bastone dell'ebreo Grande. Così anche la pietra tacque, e si fece silenzio sui monti, dove lui e l'altro andavano. Si fece dunque silenzio, silenzio, lassù nei monti. II silenzio non durò a lungo, perché quando un ebreo arriva e ne incontra un altro, allora dopo poco non c'è più silenzio, neppure sui monti. Perché l'ebreo e la natura sono due cose diverse, ancora adesso, ancoraggi, qui. Eccoli lì allora, i nipoti, a sinistra fiorisce il giglio alpino, fiorisce selvaggio, fiorisce come non avviene altrove, e a destra, ecco la campanula, e il Dianthus superbus, il garofano turgido, poco' lontano. Ma foro, i nipoti, sono per volere di Dio, privi di occhi. O qieglio, hanno occhi anche loro, ma davanti vi è steso un velo, non davanti, no, dietro, un velo mobile, quando una immagine vi si adagia, rimane impigliata nel tessuto, ed ecco già pronto un filo, che proprio in quel punto si tesse, si tesse intorno all'immagine, un filo di quel velo abbraccia l'immagine e insieme a lei concepisce un figlio, metà immagine e metà velo. Povero giglio alpino, povera campanula! Eccoli, i nipoti, stanno sulla strada dei monti, tace il bastone, tace la pietra, e il silenzio non è silenzio, nessuna parola è ammutolita qui e non una sola frase, è solo una pausa, un vuoto di parole, un luogo deserto, tu vedi tutte le sillabe intorno; sono lingua e bocca, queste due, come prima, e sui loro occhi è steso un velo, e voi, poveri voi, non siete e non fiorite, e luglio non è luglio per voi. Quanto sono loquaci! Hanno, ancora adesso, quando la lingua batte atona contro i denti•e le labbra non si muovono, qualcosa da dirsi! Bene, lasciali parlare ... "Sei venuto da lontano, sei venuto sin qui ..." "Sono venuto, come te sono venuto." "Loso." "Lo sai. Lo sai e vedi. La terra si è corrugata qui in alto, si è corrugata una volta e due e tre volte, si è aperta al centro e al centro vi sgorga l'acqua, e l'acqua è verde, di un verde bianco, e il bianco proviene da più in alto ancora, proviene dai ghiacciai, si potrebbe quasi dire, ma non si deve, che questo è il linguaggio in uso qui, del verde con del biànco dentro, un lingÙaggio, non mio e neppure tuo, perché mi chiedo, a chi è destinata la terra, non a te, dico, è destinata, e neppure a me-, un linguaggio ormai pri-
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==