Linea d'ombra - anno VII - n. 40 - lug.-ago. 1989

SOBRIA, POETICA, VIOLENTA • MUSICANUOVA DALLAKABILIA INCONTROCON IDIR ci cura di Marcello Lorrai La Kabilia è una regione dell'Algeria settentrionale nella quale vive la più numerosa minoranza berbera del paese, profondamente attaccata all'identit-à culturale che la differenzia dalla popolazione arabofona. Mentre il pop-rai si sta facendo strada nei consumi musicali a livello internazionale, la produzione musicale kabil, molto vivace, rimane, come del resto molti altri aspetti della musica algerina, poco conosciuta da noi (sul mercato italiano sono normalmente rintracciabili solo due album di musica kabil, entrambi pubblicati dall'etichetta inglese Globe Style). Autore nel 1973 di una canzone di grande successo, A Vava lnouva, che ha conosciuto anche versioni in varie lingue, ldir è uno dei più popolari interpreti della musica kabil. Realizzata a fine marzo a Parigi, dove !dir vive da alcuni anni, l'intervista fornisce fra l'altro qualche elemento utile a complicare un po' il modo corrente di guardare al fenomeno del nu: che questa nuova musica algerina sia portatrice di valori anticonformistici rispetto a quelli ufficiali della società, che si richiamano all'Islam, è fuori discussione; tuttavia, a smentire immagini ingenue ed enfatiche, o promozionalmente interessate, come quella che per esempiÒ vi vuole vedere una sorta di punk arabo, è stata da più parti evidenziato l'atteggiamento in generale molto prudente dei suoi principali esponenti che a proposito degli avvenimenti dell'ottobre non si sono particolarmente distinti nel levare alta la propria voce nei confronti del regime responsabile dei massacri e delle torture . Considerando il rai:da un angolo di visuale molto particolare, il punto di vista di ldir, non isolato,.rispecchia l'elevata JJ;Oliticizzazionedell 'ambi~nte musicale kabil. Come è arrivatoalla musica? Sono un '.'bambino della guerra", come si usa dire, della guerra d'Algeria, che è stata molto dura in Kabilia: ho visto i paracadutisti e tutti i drammi che ci sono stati, e poi, verso il '60, quando ero ancora piccolo: siamo sfollati ad Algeri, e ci sono arrivato in pieno periodo di terrorismo OAS. In Kabilia parlavo kabil, mentre ad Algeri ho trovato la gente che parlava arabo e io non capivo nulla, potevo esprimermi soltanto con il francese che avevo imparato a scuola, e quindi automaticamente mi sono messo alla ricerca di altri che parlassero come me. Sentivo anche che qualcosa mi mancava, e allora mi interessavo al folklore e alla musica: del resto già in Kabilia avevo cominciato a tamburellare e a suonare un po' di flauto men):reguardavo le capre, perché ero pastore come da noi lo sono tutti i bambini quando escono da scuola. Ho fatto poi degli studi superiori di geologia, e siccome si usciva spesso sul terreno, si prendevano delle chitarre e così ho imparato un po' a suonare. Ad Algeri frequentavo l'ambiente artistico e ho cominciato a comporre e a regalare delle canzoni, giusto per simpatia. Professionalmente, poi, tutto è cominciato per caso, quando ho dovuto sostituire all'ultimo momento in una trasmissione radiofonica una cantante che doveva interpretare un mio brano. Il successo inatteso del primo disco che ho inciso ha poi fatto il resto e mi sono trovato in una situazione diversa da quella a cui ero destinato, di cercatore di petrolio nel Sahara. In che rapportosi pone rispettoalla tradizionekabil? Mi interessa attualizzarla. Non amo affatto mettere il mio lavoro sotto il segno deil "'autenticità", perché l"'autenticità" condùce verso cose come l'assoluto, la purezza, cose pericolose. Il mio apprezzamento per la qualità umana, il mio rispetto per i diritti, mi portano a dire che non è giusto impedire alla cultura ber- . bera di esprimersi e farla spegnere: insomma è una questione di democrazia. Porre il problema in termini di "autenticità" non significa niente: ci sono tante di quelle me- . scolanze nel rriondo, con incroci di razze, di civiltà, che sarebbe folle qualcosa del genere: del resto, chi mi dice che tra i miei antenati non ci siano dei romani, magari? Sono convinto che nell'arco di un periodo più o meno lungo siamo fatti per conoscerci e per intrecciarci. Parto da questo presupposto: nel lavoro musicale quindi uno strumento è un arnese che ha il compito di darmi dei suoni, e dunque una batteria, un basso, sono strumenti come il tamburo o il mandolino: non servono per suonare "all'occidentale", ma per creare un'atmosfera. Non ci sono frontiere nella musica: io sono per il mélange. La canzonekabilhaunafortétradizionedi impegnopolitico... . Dopo l'indipendenza ilregime non ha tenuto conto delle differenti componenti culturali, e i kabil innanzitutto, e i berberi in generale, si sono sentiti un po' spogliati, perché non si riconoscevano in un cultura d'importazione che forgiava una personalità · che si avvicinava più al Medio Oriente che a una identità algerina o anche maghrebina: una cultu~a ideologizzata, con una modello di personalità arabo-islamica molto egiziana, e una politica di unità araba. È stato a partire da qui che si è avvertito un' esigenza e che c'è stata una rivolta. E dei giovani si sono messi a cantare delle canzoni che esprimevano questo malessere: è stato l'inizio della canzone impegnata. In generale i kabil attribuiscono molta importanza ai testi di una canzone: fino a questi ultimi anni la musica anzi non era che un pretesto per quello che una canzone raccontava. C'era alle spalle una tradizione di poeti, di aedi, che andavano di villaggio in v!llaggio, che arrivavano da lontano portando delle specie di poemi di argomento· religioso che facevano ascoltare nella piazza del villaggio, e la gente si raccoglieva a sentirli perché questa era l'unica occasione di rapporto con l'esterno: quindi si faceva innanzitutto attenzione a quell~ che raccontava il cantante, che era fondameptalmente un poeta. E soltanto in questi ultimi anni, con la nascita di questa musica più moderna, che la gente ha cominciato ad allontanarsi dalle melodie e a introdurre delle novità in maniera che non ci sia solo una melodia orizzontale. Poi c'è stata tutta una ricerca di giovani che si sono interessati al folklore cercando di comprenderlo e di rielaborarlo. Sono esperienze più o meno felici, ma l'importante è che questo lavoro ci sia, perché è da lì che uscirà un'altra dimensione della canzone. C'è inoltre da tenere conto del contesto sociale dell'emigrazione: essendo la Kabi lia una terra di montagna, che è dura e non nutre la sua gente, i kabil sono stati obbligati a espatriare, a cercare lavoro altrove. Principalmente in Francia, dove la comunità kabil è abbastanza importante. Essendo degli immigrati hanno subito dei processi di sradicamento e come reazione sono andati alla ricerca delle proprie radici, essenzialmente attraverso la musica. 49

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