Linea d'ombra - anno VII - n. 40 - lug.-ago. 1989

Infatti hai girato Yaaba, un film sulla tolleranza ... Perché questo tema? Ho voluto semplicemente raccontare che cosa accade nella società nella quale sono nato, nella quale vigono pregiudizi e si compiono ingiustizie come ovunque. Ma come regista posso almeno denunciarlocon la mia cinepresa e dare.in quèsto modo la mia solidarietà a chi viene trascurato, colpevolizzato, emarginato. Perché i bambini sono al.centro della tua storia? Perché il bambino è un po' il jolly nella società africana. È disponibile a tutti i tipi di esperienze, ed è·continuamentea contatto con ia natura, gli uomini, le donne. È in perpetuo movimento, è l' espression('<più completa del dinamismo.E poi, graziealla loro innocenza, ibambini vedono le cosedirettamente, senzala lente defo~te dei pregiudizi... E la figura.della nonna? Yaaba è cominciato con le fiabe della mia infanzia e con una sorta di educazione notturna. Nel mio paese questa educazione · notturna si acquisisce tra i 7 e i IOanni, appena prima di addormentarsi, se uno è abbastanza fortunato da·avere una nonna. Hai 35 anni, sei tra i pochi registi africani ad a~ere una moglie del tuo paese, ma da 8 anni vivi a Parigi. Perché questa scelta? Innanzi tuttoperchéprima cheafricanomi sentouomo,un uomo come tutti gli altri, cittadino del mondo. Abito soprattutto in Europa perché vi ho frequentato la scuola; lavorato, cercatocontatti per potere girare i miei film. Quandomi sarà possibileresterò inAfrica.Penso tuttaviache sia finitoper gli africani ilmomento sia dei vittimismi che delle rivendicazioni. Conserviamo certo la memoria delle sofferenze vissute dalla nostra gente, ma in questomondodivenuto così·piccolo,in cui viviamo gomitoa go• mito con tutti gli altri popoli, possiamo esistere anche senza gridarlo. Come giustifichi la presenza nella tua équipe di tanti tecnici stranieri? Secondo me il futuro del cinema africano passa attraverso questa scelta. Adue anni dalla lavorazionedel mio primo lungometraggio, non sono riuscito a trovare in Burkipa le garanzieper girare il mio nuovo film con un'équipe interamente africana. So che questa è la scelta di molti miei colleghi, quasi un atto necessarioper affrancarsida tante imposizionidel passato e stigm'atizzare.la nostra autosufficienza. lo, invece, sono convinto di poter beneficiare di conoscenze che vengono dall'occidente senzaper questoaccettarenecessariamenteuna formadi neo-colonialismo. Abbiamo tuttoda guadagnare in questa scelta, che aiuta a disperdere di meno la nostra energia di creatori. Credo che il pubblico - e anche quelloafricano- abbia dirittoa un buon suono,a immagini nitide, ben illuminate, ben montate. È finito il tempo dei nostri balbettii e anche quello di sfruttare l'indulgenza paternalistica del nord nei confronti della nostra fragilità tecnica. Dobbiamo smetteredi rassegnarci alla categoriaB; è ora di produrredel cinema commerciabile il cui valore non si limiti all'originalità della storiaraccontata. lo sentodi averetante cose da dare incambio di questoknow-how tecnologico, tante emozioni, la ricchezza di una cultura quasi sconosciuta: il consenso compatto che Yaaba ha riscossopuò esserne la dimostrazione. Per questo film ho collaboratoad esempio con JeanPaul Mugel, tecnicodel suono formatosiallascuoladiWenders, econJean Monsigny,cheera statomioprofessoreall 'IDHEC. Io credoche sia anche la coeren46 za di un' équipea far nascere lamagiadi un filme di équipescomplete_in Burkina noi non ne possediamo. Yaaba è unfilrri importante anche come budget. Quanto è costato? 5 milionidi franchi francesi,quattro volte il costo delmiopri- . mo film. È molto. È difficile trovaretanti soldi, ma ancorapiù difficile giustificareuna spesa similedi fronte alla mia gente, quando si pensa che un simile capitale potrebbe servire .a costruire ospedali e scuole. E quasi impossibileè far loro capire il ritorno culturale che può derivare dalla mia venuta a Cannes... Come hai trovaio i soldi? . Il 34%m Francia, il 38% in Svizzeraed il resto, comeprevisto, dal mio paese, il Burkina Faso. Come vanno le vendite dopo il successo ripol'tato a Cannes? Direi benissimo. Yaaba è stato immediatamente acquistato dalla maggiorparte dei paesi europeie non solo. Per l'Italia ne ha preso l'esclusiva il COEe saràdistribuitonel circuitocommerciale dalla IMC. Parlami del tuo rapporto con gli attori. Si chiamano quasi tutti Ouedraogo... · (Jdrissa ride divertito.) È vero. In Europa hanno perfinoparlato di "nepotismo": come si vede che non conoscono la realtà africana! Tu conosci il senso della famiglia "allargata"... Certo c'è gentedellamia famiglia comeBila, il ragazzino protago'nista. Tra l'altro, il cognomeOuedraogo, come Traoré, è comunissimo in Africa: veniamo tutti dallo stessoceppo. Poi ci sono i contadi- . ni, la gente che ho trovato nei villaggi. Ci unisce un rapporto di amicizia e di rispetto.Non sonoprofessionisti e all'inizio, sul set, sono molto spaventati, ma quando riesco a far capire loro come funzionae cosavoglio raccontare, si dannocon intierezza,comu-. nicando tuttal 'intensi\à delle loroemozioni.A dire il vero, senon fossi statoc;ostrettoper ragioni pratichea girare tutto il filmin nove settimane,mi sarebbe piaciuto studiarepiù a lungo con i miei attori i personaggidella storia, approfondire la ricerca. Per fortuna lavoro nel mio ambiente, per cui sono a mio agio, ne conosco Roukietou Barry e Fatimala Sanga in Yaaba.

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