gono necessariamente una qualche identità di essenza tra l'uomo e la natura. E poiché l'essenza dell'uomo, come egli avverte, è la sua propria coscienza, la sua conoscenza soggettiva di sé e del processo dialettico del proprio pensiero, questa stessa "essenza" è attribuita alla natura. Tali ipotesi sono naturalmente espresse con la massima precisione e chiarezza nei miti animistici primi- • tivi, ma la fondamentale ipotesi animistica di partenza, la proiezione interpretativa dell'essenza cosciente dell'uomo nella natura è fondamentale anche per talune filosofie moderne.L'esempio più rivelatore ci viene forse dal materialismo dialettico, la cui chiave di volta (aggiunta, a dire il vero, tardiva a un edificio di filosofia sociale già ben avanti nella costruzione) è, secondo Engels, l'ammissione che le tre "leggi dialettiche" di Hegel sono le leggi generali della natura. , Il fatto che sostanzialmente la stessa ipotesi abbia dovuto essere introdotta nei loro sistemi del mondo da Engels e Marx e dagli uomini delle tribù indiane proverebbe, se ce ne fosse bisogno, quanto essenziale sia sempre stato per l'uomo (e sia ancora ai giorni nostri) scoprire nella natura il proprio "significato" e in sé stesso il "significato" della natura. È proprio questa ipotesi di partenza, questa idea forse vecchia come l'uomo, di un doppio rapporto fondato su una comunità di intenti tra lui e la natura, che la scienza ha distrutto completamente. Ciò essa ha fatto in due modi. Per cominciare, l'adozione del metodo scientifico, che definisce "vera" conoscenza soltanto quella che nasce dal confronto oggettivo della logica e dell'osservazione, elimina ipsofacto l'ipotesi animistica dell'esistenza di una qualche soggettività nella natura.L'oggettività assoluta della natura è il postulato fondamentale del metodo scientifico, espresso per la prima volta da Galileo e Cartesio nel concetto di inerzia, che ha spazzato via una volta per tutte la fisica e l'astronomia teleologiche di Aristotele. La chiesa avrebbe fatto meglio a condannare Gaiileo per questa miriacciosa scoperta anziché per la sua difesa del sistema copernicano. Comunque, ·questo postulato fondamentale venne applicato per lungo tempo per lo più i"nfisica. L'enorme complessità degli esseri viventi, e soprattutto il fatto che, nella struttura, nello sviluppo e nel comportamento essi denunciassero subito la loro "essenza" manifestamente intenzionale, sembrava renderli, al pari dell'uomo, estranei al mondo fisico. Infatti, come applicare un postulato di oggettività all'interpretazione di creature tanto evidentemente intenzionali? Man mano che progredì va la conoscenza della struttura e della fisiologia degli esseri viventi, questa obiezione apparentemente valida mossa alle idee cartesiane, sembrava renderle sempre meno sostenibili. Così ripotesi animistica venne eliminata dallo studio dei fenomeni fisici e poté invece restare nella biologia, sotto una forma o l'altra di vitalismo. Il vitalismo può assumere infatti aspetti diversi, alcuni dei quali abbastanza sottili da farlo passare per un approccio oggettivo. La teoria dell'evoluzione, formulata dapprima da Buffone Lamarck poi con più efficacia e in maniera più probante da Darwin, non interruppe questa corrente di pensiero. Servì in certo modo a rafforzarla: l'evoluzione riscontrabile nella biosfera sembrava testimoniare dell'esistenza di una forza motrice ascendente, che portasse necessariamente e infallibilmente dal mondo fisico al mondo biologico, sino al suo coronamento, l'uomo. SCIENll/MONOD Questa idea che sotto una forma apparentemente "scientifica" di fatto ripropone l'antica alleanza animistica è chiaramente presente non soltanto in Engels e in Teilhard de Chardin, bensì sottende gran parte del positivismo "progressista" del XIX secolo. La geniale teoria di Darwin della selezione in quanto vera forza motrice dell'evoluzione, avrebbe dovuto mettere in guardia contro una simile illusione. In effetti, mentre l'evoluzione fu accolta con entusiasmo da ogni sorta di progressisti e furiosamente respinta dai reazionari di ogni risma, la teoria della selezione non venne né compresa del tutto né ampiamente accettata. Questo perché, sebbene facile da capire, il concetto della "sopravvivenza dei più adatti" cozzava con il codice morale degli eredi della Rivoluzione francese e della guerra d'indipendenza americana. Inoltre Darwin non aveva formulato con precisione - non avrebbe potuto farlo - il meccanismo degli eventi iniziali nei quali è l 'origine ultima dell'evoluzione, non aveva individuato le "specie anomale" che naturalmente devono precedere la selezione. In Disegni di Andrea Pedrazzini. 37
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