Linea d'ombra - anno VII - n. 40 - lug.-ago. 1989

IL CONTESTO zadellaspecie? Di fronte alle ricorrenti singole catastrofi ambientali e al problema globale della salvaguardia del pianeta dalle stesse attività "pacifiche" dell'uomo una risposta affermativa parrebbe almeno miope. Bobbio non manca di riconoscere nella questione del degrado ambientale una delle tre preoccupazioni più gravi del nostro tempo - "l'aumento sempre più rapido e sinora incontroll~to della degradazione dell'ambiente" (p. 112) - ma in nessuno dei contributi presentati affronta in modo analitico e ampio i termini del legame fra pacifismo e ecologismo. Legame che forse appare ovvio, e non solo per la constatazione che gran parte dei movimenti pacifisti si definiscono oggi ecopacifisti, ma anche per la banale considerazione che queste problematiche hanno come denominatore comune il rischio dell'autodistruzione della specie. Ho tuttavia l'impressione che anche questo legame sia piuttosto complesso e non privo di aspetti contraddittori: in primo luogo, il differente grado di elaborazione teorica e di sedimentazione storica fra pacifismo ed ecologismo non costituisce già un problema? E, in secondo luogo, fra il valore della pace e quello della protezione dell'ambiente non potrebbe, almeno apparentemente, emergere la necessità di decidere priorità, di compiere "scelte tragiche"? Il problema della guerra e della pace ha profonde radici nel1'esperienza umana e nella storia del pensiero: nonostante il salto qualitativo costituito dal nuclearè, salto che impone di rivedere le nostre categorie interpretative, la dicotomia pace-guerra può essere affrontata con gli strumenti concettuali offerti dalla "lezione dei classici". La questione ambientale non pare avere a sua disposizione neppure un'adeguata tradizione teorica: se, come afferma Bobbio, i buoni argomenti contro la guerra non scw.ofinora riusciti ad indurre gli uomini ad una prassi conforme, in questo caso sembrano mancare persino i buoni argomenti. Gli argoNorberto Bobbio in una foto di Paola Agosti. 26 menti contro la guerra atomica valgono anche contro la distruzione dell'ambiente? Uno dei migliori argomenti contro la guerra sembra essere "se vuoi la pace, elimina le cause principali delle guerre, cioè l'oppressione per cui un popolo soggetto non ha altra alternativa che la resistenza o la schiavitù e la miseria che può scatenare la lotta per la sopravvivenza" (p. 99, corsivo mio). Eliminare la miseria e raggiungere il benessere degli occidentali: è l'anelito di milioni di uomini dei paesi poveri. Ma questo anelito si traduce spesso in uno sfruttamento senza limiti delle risorse naturali, che agioco lungo (ma neppure tanto) mettono in pericolo la sopravvivenza del pianeta. La questione dell'Amazzonia mi pare emblematica. Non è agevole stigmatizzare una speranza di benessere, anche se in nome dell'ecologia: in fondo, il Brasile non vorrebbe e non farebbe altro che seguire le nostre orme. Ma neppure si può assistere senza intervenire alla fine collettiva. Potenzialmente, la causa ambientalista e quella della pace entrano in rotta di collisione: non sembra del tutto impensabile che, vigendo il principio della sovranità nazionale, dinanzi all'intransigenza di alcuni stati tale da condurre ad un ulteriore aggravamento del rischio di catastrofe ecologica, l'unico mezzo (il male minore) possa apparire il ricorso alla forza. 4. tn polemica con Jaspers, il quale sostiene che "la vita come esistere, nei singoli aspetti e nell'insieme, può essere esposta e sacrificata, per la vita degna di essere vissuta"; ossia che vi siano valori in sé superiori a quello della vita (la libertà, l'eguaglianza, questo o quel credo religioso ecc.) e che la vita non abbia senso se non esprime questi valori, Bobbio ritiene che, di fronte alla guerra atomica, questa alternativa non si dia: che senso avrebbe scegliere, ad esempio, "o la libertà o il suicidio universale? Chi trarrebbe vantaggio da questa libertà?" (p. 26). Anche Hobbes tut- ,

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