Il CONTESTO Pepetelo. sioni, i contrattempi e gli entusiasmi, gli errori e le incertezze. Pepetela-che ha preso parte direttamente alla lotta di liberazione, svolgendo poi un ruolo importante all'interno dell'Unione degli scrittori angolani - ha voluto così ricordare gli albori della guerra contro i portoghesi, nella sua fase più difficile, quando ancora, soli e isolati, i guerriglieri dovevano far fronte a mille problemi interni ed esterni. Ma dei molti aspetti di quella esperienza, lo scrittore angolano sembra soprattutto interessato a mostrare il travagliato processo di maturazione dei protaginisti, uni~ nella lotta contro il colonialismo, ma spesso·ancora divisi dalle origini tribali, dalle diverse concezioni delmondo e dagli antagonismi personali. Di conseguenza, la sua attenzione, più che sulle azioni di guerra, si concentra su ciò che la guerriglia provoca negli uomini che la combattono. Egli ci mostra le reazioni, le sofferenze, i dubbi e le scoperte che fannomaturare i diversi personaggi, i quali, nella loro varietà di caratteri (forse però un po' troppo schematica), incarnano le molte facce della guerriglia, nella quale lottano fianco a fianco-i'abile comandante dallo spirito anarchico, l'ideologo che vive al riparo dei propri dogmi, l'intellettuale sempre percorso dal dubbio, il contadino semi-analfabeta, il combattente spericolato, il vagabondo convertito alla lotta, ecc. A turno, costoro - emblematicamente chiamati Senzapaura, Teoria, Miracolo, Commissario Politico, Lottiamo, Operazioni, Mondonuovo - prendono direttamente la parola attraverso i molti monologhi che interrompono la narrazione degli avvenimenti, offrendo così una pluralità dì punti vista sulle vicende di cui essi sono i protagonisti, esprimendo i diversi motivi per cui hanno aderito alla guerriglia e mostrando dal vivo il travaglio dei loro sentimenti. Per Pepetela, infatti, la guerriglia oltre che essere una tappa obbligata della lotta di liberazione è anche un momento fondamentale della costruzione di uomini nuovi, liberi dai pregiudizi e dai vecchi schematismi, capaci di guardare al di là degli orgogli tribali che da sempre hanno contrapposto le diverse etnie. Ma tale processo di maturazione non avviene certo pacificamente, molte sono le incertezze e le difficoltà, i residui del vecchio modo di pensare, tanto che alla lotta con il nemico, a complicare l'esistenza dei guerriglieri, si aggiungono le rivalità e le diffidenze interne. Forse, riesce a svincolarsi da tfi contraddizioni solamente chi, in un universo dove bianco e nero si contrappongono violentemente, si trova di fatto al di fuo~idi tale schematismo. Come appunto accade aTeoria, intellettuale meticcio in lotta con 24 se stesso e col mondo, personaggio che contiene in sé l'inconciliabile - "in universo di sì o di no, di bianco o di nero, io rappresento il forse"- e che, negli intricati meandri della foresta del Mayombe, è alla ricerca di una verità. Una verità che però è difficile da conquistare, dato che "la frontiera tra verità e menzogna è un sentiero nel deserto" che solo pochi uomini sanno ritrovare: nella foresta quindi non esistono sentieri tracciati e le sicurezze ideologiche e gli schieramenti di campo non sempre salvano gli uomini dai loro errori. Mayombe è un romanzo che Pepetela ha scritto quando ancora gli avvenimenti di cui narra erano in corso e naturalmente l'opera risente di tale origine: a tratti sembra quasi emergere un intento didattico, come nel caso di un certo ingenuo schematismo della vicenda, del1'esilitàromanzésca dì alcuni personaggi o delle molte pagine dedicate alle discussioni riguardanti iprincipi del marxismo-leninismo, la condizione femminile o 1 problemi tribali, temi LETTERE Attorno a Fenoglio Gentilissimo Direttore, Le chiedo spazio per alcune precisazioni riguardanti l'articolo di Bruno Pischedda L' oscuro fuoco di Fenoglio (in "Linea d'ombra", 36, marzo 1989, pp. 35-36). Nel 1988, in occasione dei venticinque anni dalla morte di Fenoglio, sono uscite alcune pubblicazioni che sostengono tesi molto divergenti da quelle di Pischedda, e che stranamente risultano ignorate. Ritengo, in primo luogo, di citare due libri: quello della studiosa americana M. G.Di Paolo, Beppe Fenog liofra tema e simbolo, Ravenna, Longo, 1988,eilmio,Duepartigianidueprimavere. Unpercorsofenogliano, Ravenna, Longo, 1988.Entrambe le analisi documentano, la prima a livello tematico, la seconda a livello filologico, come l'ordine di composizione dei testi fenogliani -in questione sia: PII, PJ2, la prima redazione di Primavera di bellezza, la seconda Primavera di bellezza edita nel ·•59_Il confronto testuale minuto dei brani che Fenoglio ha ripreso da un'opera ali' altra mostra infatti con sicurezza, attraverso argomenti filologici, che l'ordine appena indicato è l'unico possibile. A uguali conclusioni giunge lo studioso dell'Università di Ginevra M. Prandi (Modificazioni oblique nel "Partigianolohnny", "Strumenti critici", n.s., III, 1, pp. 111-64), esaminando l'uso linguistico fenogliano dì fenomeni morfosintattici particolarmente caratteristici, che si evolvono secondo una linea irreversibile. Mi sembra quindi che non possa reggere la proposta di Saccone di inserire lacomposizione di PJ2 tra la prima e la definitiva redazione di Primavera di bellezza. Questione a se stante è infine quella della tessera lessicaleegg-head, che Fenoglio avrebbe potuto utilizzare in UrPJ, secondo l'originaria affermazione di Bigazzi, non prima del certamente importanti, ma che nel contesto del romanzo finiscono inevitabilmente per appesantire e rallentare il ritmo della narrazione. Però, anche se il finale sembra essere fedele ad un modello oltremodo conosciuto - il prezzo pagato per la crescita personale e politica degli uomini della guerriglia è la perdita di Senzapaura, comandante eroico e tragicamente solo -, lo scrittore angolano cerca di evitare la strada della celebrazione retorica e agiografica, preferendo quella della rivisitazione critica, dell'evocazione realistica che sa accogliere in sé il bello e il brutto delle cose ed evitare i falsi sentimenti. Proprio grazie a tale prospettiva, il libro riesce a trovare motivi di interesse, superando in parte i limiti del genere - quello che da noi, ad esempio, è legato alla memorialistica e alla narrativa di tipo resistenziale - ed •offrendoci, oltre che una preziosa testimonianza su una pagina della recente storia dell' Angola, un esempio della nuova narrativa africana di lingua portoghese. 1952~0ra, sia l'articolo di M.A. Grignani Ancora sui Partigiani di Fenoglio ("Studi e problemi di critica testuale", 23, ottobre 1981, pp. 77-79), sia gli interventi degli anglisti J. Meddemmen e M. Pietralunga (Fenoglio a Lecce. Atti dell'incontro di studio su Beppe Fenoglio, a cura di G. Rizzo, Firenze, Olschki, 1984, pp. 225-38) hanno documentato la circolazione del termine in questione, nella società universitaria nord-americana, almeno una ventina d'anni prima del '52 (si veda in proposito, riportata da Pietralunga, l'affermazione di Aslop, presunto ìnventore del termine nel '52: "Io di certo non ho coniato il termine. L'ho sentito ai miei giorni ad Harvard"). La ringrazio per l' ospitalitàgentilmente accordatami. Mariarosa Bricchi Pavia, 8 maggio 1989 Il sottoscritto non ha "sostenuto tesi", se mai ha cercato di illustrare problematicamente quelle dell'autore che intendeva recensire. Esse gli parevano serie e degne di discussione (non solo quelle inerenti la datazione delle opere). Le pronte risposte di una "fenoglista"come M. Bricchi, giunta col suo volume in libreria, da Longo di Ravenna, quando il pezzo era già stato consegnato in redazione, non fanno che confermarmi in questo pensiero. Peccato piuttosto che del problema della precedenza di Primavera di bellezza rispetto al PJ2 nella predetta recensione non vi fosse traccia alcuna. Né sembra davvero sia questo il punto principale del contendere tra i Pavesi e Saccone. Così come spiace pensare che il viaggio più lungo del povero Fenoglio sia stato forse quello a Roma, per fare il militare, e che non era Aslop il suo sergente maggiore. Bruno Pischedda
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