ILCONTESTO ti a dirottare qualche prestazione secondaria verso specifici beneficiari, che a imprimere un effettivo indirizzo politico al loro settore. Non è escluso che in molti casi quello.che interessa veramente ai partiti è essere presenti, comunque. La conseguenza che più direttamente ci interessa in questa discussione è che le alleanze o le convergenze che si formano nella politica sostanziale sono di norma trasversali rispetto ai partiti o comunque non sono necessariamente omogenee con le alleanze che si formano nella politica partigiana. Se noi volessimo per esempio descrivere la geografia politica del consiglio comunale ·di Torino sulla base delle posizioni assunte dai vari conslglieri in oc·casione di specifiche scelte nell'ultimo quinquennio, dovremmo rinunciare quasi del tutto a riferirci alle distinzioni tra i partiti oppure tra maggioranza e opposizione. Le scelte di coalizione· compiute nel gioco partigiano (il pentapartito) vengono sistematicamente smentite nel gioco sostanziale, che si attua invece mediante fenomeni di composizione e ricomposizione di gruppi spesso con referenti esterni nel mondo imprenditoriale e affaristico che attraversano i partiti. Ciò che più conta è che le alleanze che avvengono nel gioco sostanziale non hanno visibili ripercussioni nel gioco degli equilibri: ad ogni impasse nelle scelte amministrative, la prima preoccupazione dei politici è quella di ribadire che l'alleanza di giunta non è in discussione, non ha alternative, proseguirà comunque. Il problema non riguarda ovviamente solo i governi locali. Fenomeni di questo genere sono frequenti anche nel parlamento nazionale dove la permanenza di una coalizione di pentapartito nel governo è compatibile con schieramenti di volta in volta diversi sia nelle commissioni sia in alcune votazioni in aula. Si pensi per esempio al fenomeno dell'inclusione dell'opposizione nelle decisioni parlamentari che rappresenta una costante della nostra storia repubblicana. · Ci si può chiedere se la segmentazione delle arene politiche sostanziali e la loro relativa autonomizzazione-rispetto ai partiti sia un fenomeno recente, legato alla perdita di una chiara fisionomia ideologica dei partiti e alla loro progressiva trasformazione in partiti pigliatutto. La mia impressione è che non si tratti di un fenomeno nuovo. È anzi probabile che esista una difficoltà permanente nei nostri sistemi politici a collegare le decisioni partigiane con le decisioni sostanziali. Indubbiamente però il fenomeno si sta accentuando. I partiti sembrano sempre meno in grado di garantire una coerenza nelle scelte sostanziali dei loro emissari e anzi si ha l'impressione che tendano sempre più a favorire la separazione dei due ambiti in modo da mantenere gli equilibri politici al riparo dalle scosse che avvengono nella sfera sostanziale. Quali conclusioni trarre da questa analisi? È abbastanza facile trarre una conclusione pessimista. Uno stile di governo settorializzato e trasversale diminuisce indubbiamente la trasparenza delle stelte. Se la riduzione della complessità nelle scelte sostanziali non è operata dai partiti che con tutti i loro difetti sono pur sempre noti e visibili, ma da reti più o meno specialistiche che li attraversano e congiungono pezzi di partito a gruppi sociali o af~ faristici, a corporazioni o movimenti, è chiaro che la formazione delle scelte diventa molto più oscura agli occhi dei cittadini. Quando essi votano per un partito o per un candidato non sanno mai ,bene per che cosa votano effettivamente. J\,18 non escluderei di poter introdurre anche una considerazione più ottimistica .. È ormai cons~eta tra i commentatori politici l'immagine di una partitocrazia onnipotente, una sorta di gabbia d'acciaio che imprigiona e soffoca la società civile. Il processo politico è descritto come un processo autoreferenziale che si alimenta circolarmente da sé. La mia tesi è che tale proprietà autopoietica si riferisca essenzialmente alla sfera che ho descritto come partigiana, nella quale si generano, si rompono e si ricompon10 gono gli equilibri, ma che quest'ultima intrattenga un rapporto debole o poco determinato con le arene in cui si compiono le scelte sostanziali che riguardano la colletti vi tà. La gabbia d'acciaio ha maglie più larghe di quanto siamo di solito disposti ad ammettere. I partiti sono sicuramente destinati ancora per lungo tempo a dominare il palcoscenico della politica. Ma le vere direzioni di marcia si stabiliscono probabilmente altrove. E se il maggiore potere di influenza è detenuto dai grandi interessi economici e dalle potenti (anche se piccole) corporazioni, non è detto che il gioco sia così chiuso come spesso pensiamo, quando ci limitiamo a concentrare lo sguardo esclusivamente sulla faccia visibile della grande politica. Note , Questo intervento è la relazione presentata al ;eminario "Formazione politica e partiti nell'Italia di oggi", Dipartim•ento di Studi Politici dell'Università di Torino, 5 maggio 1989. 1) Il riferimento è ai lavori di Bruno Dente e Gloria Regonini e in particolare al loro saggio Politica e politiche in Italia, in P. Lange e M. Regini, Stato e regolazione sociale, Bologna, Il Mulino, 1987. 2) B. Soggia, / politici nella sanità: una presenza discussa, in "Sisifo", n. 12, dicembre 1987. LETTERE Solidarismoe curiosità Andrea Berrini Solidarietà: questa sembra essere una delle parole chiave per la rinascita di una cultura della sinistra. È.una parola interessante: essere solidali significa avere degli interessi in comune e averne coscienza; costituire un blocco unico: dall'aggettivo solido. Solidarismo è, per estensione, "la tendenza o aspirazione a realizzare una convivenza tra tutti gli uomini, in cui tutti i membri si sentano spontaneamente solidali tra loro". O almeno, così lo definisce il Dizionario Italiano Ragionato, D'Anna, Firenze. Cioè: per essere solidali bisogna essere almeno in due, "solidali tra loro", appunto. Proseguendo nella definizione il D'Anna dice: "Una delle forme del socialismo utopistico". Mica male. Poi però c'è uno scarto: perché a questo punto solidarizzare diventa: "Mostrarsi solidale. Manifestare il proprio appoggio a una persona o a un gruppo di persone", E dunque: qui il soggetto è uno solo, che solidarizza con un destinatario della propria azione. E la frase che il D'Anna cita come esempio viene dalla storia della sinistra: "Gli intellettuali hanno solidariz?ato corr gli operai in sciopero". In effetti il solidarismo della sinistra appare spesso un solidarismo in cui un soggetto evidentemente più forte solidarizza con un destinatario più debole. E infatti i destinatari più recenti sono sempre fra i deboli: i tossicodipendenti, i poveri, gli immigrati dal terzo mondo. La sinistra, evidentemente, si identifica come una parte forte della società, in grado di solidarizzare. O meglio: quella parte della società forte che solidarizza con la società debole. Una volta si diceva: l'avanguardia politica. E mi sembra che siamo molto lontani da quello "spontaneamente solidali tra loro" che doveva -invece essere la definizione del solidarismo. A questo punto, per capirci qualcosa, mi piacerebbe indagare di più, su questa sinistra di forti solidali coi più deboli. E cioè: ma chi glielo fa fare? Voglio dire: ma da dove viene, alla sinistra o alle persone di sinistra, la necessità (o, come si dice: il bisogno) di solidarizzare? Se riesco adareunarisposta a questa domanda ottengo due risultati: prima di tutto capisco quali sono i bisogni, e quindi i valori, che muovono davvero questa sinistra. E poi, visto che ha dei bisogni irrisolti, la scopro un po' più debo- . le di quel che non sembrasse aprima vista: e un rapporto alla pari
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