STORIE/BEER Lei non si finge, con essi, grandigie di sorta. Fa tutto per essere e sembrare e volere ali 'unisono con i loro ritmi vitali e sociali. Tutto converge a imprigionare Elide e i suoi colleghi in vocalità identiche (ahò, che ciaimille lire, modulano identicamente lei e loro), movimenti identici, identiche espressioni. E come spesso identicamente prendono insieme la metropolitana nello stesso vagone e sullo stesso percorso, così quando tacciono ostinati davanti al questuante molesto i loro silenzi sono assolutamente uguali. Certo, gli indumenti di lei li sconcertano: Elide intuisce che la grana delle loro voci si ispessisce di sarcasmo al solo pensare la sua andatura e il suo volume; non saprebbe non ascrivere a compiacenza delle peggiori - dunque in estrema istanza a un equivoco di pessima natura - la dovizia di particolari con la quali essi le narrano minutamente delle loro malattie, contrattempi, disgrazie e frustrazioni - quasi che agli infelici le infelicità secondo il bon motto che "mal comune, mezzo gaudio" -a preferenza delle godurie e delle buone novelle, come degli acquisti di automobili e/o villini, garden-parties, anelli d'oro, gravidanze, nuzialia e cognatanze, tutte cose fauste delle quali Elide viene invece informata circolarmente, come auditore di gruppo in quei momenti nei quali, per bizzarrie di orario, ci si trova in più di cinque a gremire la guardiola, ed essa si tramuta in salotto. Cioè a dire, Elide non viene prediletta individualmente per l'annunciazione delle buone novelle, ma la gioia le viene stemperata davanti come panna montata nel bollente cacao di una chiacchiera collettiva: messa nel mucchio con gli altri ascoltatori per prevenire (o per accentuare) i moti invidi - previsti nel cuore di chi, come lei, è eccessivamente brutta, sola e infelice. · Altre prove di solidarietà e di amicizia - inviti a pranzi e cene, gite sulla neve, balli - non le vengono risparmiati, che lei a volte declina, a volte no. Se ne va sola ai loro conviti, in palazzi periferici o villini sublitoranei. Dalle finestre contempla ampie distese di luci, strade vuote e romite, file serrate e dense di cilindrate molteplici, cassonetti. Il cielo, nelle occasioni invernali, nei Capodanni, è solcato da rumorose strisce multicolori, le stelle modeste e puzzolenti cbe noi terrestri inviamo lassù, a imitazione di tr luminanze eterne. Rispondono, nelle notti chiare, dalla volta trafitta in movimento incessante, le monotone sfere dei satelliti, le code clignotanti degli aerei e altri frammenti di ordigni - oramai in disuso - che gremiscono di orbite sbilenche un infinito la cui purezza soltanto la nostra umana imperfezione può offuscare. Elide vede allora la terra come un bozzolo infetto avvolto nelle sue stesse, impure, secrezioni metalliche. Il suo corpo astrale vola alto nei cieli, abbandona la materia di cui il pianeta è fatto, allontana da sé il tempo, la forma, lo spazio: come pura energia si libra al di là, senza sosta, e si avvicina all'armonia tumultuante dei moti stellari. Supera, grazie all'imbibizione di sciampagne e altre tenui droghe, la congiuntura temporale dell'anniversario terrestre e solare. I suoi compagni, intenti a gettar piatti e petardi dalla finestra, la pensano sbronza: mentre Elide li contempla dal futuro della relatività, dai cicli dell'Universo, dall'alto - fin dove riesce a trasportarla il carro dell'anima - fin nell'intimo delle generazioni ineffabili degli eoni. Questa mancanza del comunicare tra lei e loro, i suoi compagni di lavoro, la risoluzione in puro esserci della sua socialità nella loro, a volte la turba: ha diritto di aspettarsi la loro solidarietà 104 in caso grave? Quali contraccruflbi ha dato alle loro prove d'amicizia? Deve dunque sottoporsi fino in fondo alle regole dell'inva- • sione sociale, e mettere a loro disposizione un simulacro di esistenza che rispecchi la loro - sposarsi, pur grassa, metter su casa, aver figliuoli-non potendo con i suoi colleghi dividere aspirazioni catartiche, palingenesi cruente, lotte armate che la sua e la loro generazione esclude dai loro destini, per sopravvenuta e tempestiva sutura della storia? E che cosa farebbero essi di Elide se le venisse l'AIDS? Trascorre spesso i suoi pomeriggi prospettandosi l'una e l'altra forma di martirio alla luce di una sua fondata quanto personale interpretazione della duplice natura e funzione della martirizzazione, cioè a dire della testimonianza della nostra natura superiore-così come le ha dedotte dalle vite dei Santi di varie religioni. Si interroga a lungo su cosa è meglio: martirizzare l'anima per immersione nella società materiale e carnale. degli umani, oppure mortificare ed estinguere il corpo per malattia, privazione progressiva o sacrificio violento? A volte però quel corso di pensieri le pare troppo ascetico e troppo cruento: la riempie un'ansia di far meglio, di stare meglio, . di sperimentare, di conoscere tutto e di più prima di abbandonare, di perdersi nell'ineffabile. Legge molti, troppi libri: al di fuori della sua vita non sa dove andare. Dopo l'avvento di mali perniciosi per lo sviluppo spirituale quali la psicoanalisi e la medicina moderna, anche per le persone come Elide i territori dell 'anima e delcorpo si sono striminziti. Le frontiere dell'avventura spirituale coincidono ormai con quelle dei bicamere che il mondo ci concede: sembra pure conclusa per sempre l'era del trekking e anche del turismo religioso individuale. L'infinito è infinitamente diviso tra masse infinitamente bisognose, simultaneamente e al- . l'angolo di ogni strada. È necessario pertanto che noi poveri inquilini si metta a frutto con fantasia il poco che si ha per migliorarsi. Elide fino adesso ancora non ha scelto, e pencola giovanilmente sull'orlo della decisione con tutto il suo peso, in una sortadi vertigine psicologica e ponderale che non sempre la disturba. La giovanebidella,oltre ai rari rapportidi amiciziaconi 1tolleghi di lavoro,hasemprecoltivatoinvececonoscenzeconmembri della comunitàdi colorechefrequentano l'adiacentezonadella stazione,e constudentistranieridell'Università.Questesue conoscenze,guardateconindifferenzadai colleghi,sembranomolto importantiper la giovane impiegata. Spesso, il sabato e la domenica, ma anche alcune sere nei giorni lavorativi, li trascorre nelle vicinanze della stazione con i suoi amici Abdiraman Yussuf, Khadigia e Ali. Questi tre personaggi. di bellezza apollinea sono studenti e lavoratori somali che ha incontrato nel corso della sua vita professionale ed extraprofessionale: Abdiraman Yussuf l'ha conosciuto in guardiola, un giorno eh' era venuto a fare un esame di lingua italiana, da lui parlata con grande pastosità e con lessico raffinato, salvo per l'incidenza eccessiva di labiali e bilabiali sonorizzate. Subito familiarizzarono. Era una torrida giornata estiva, e lei indossava una larga veste multicolore, e in testa portava un turbante di sete variopinte: fu questa sua sagoma, matronale e insieme (a lui) nota ad attrarlo verso di lei. Quando poi la portò a visitare il suo paese (suo padre è, se ancora non si sono sbarazzati di lui, alto dirigente di un irn-
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==