POLENTA E UOVA Incontro con Mugyabuso Mulokozi a cura di Andrea.Berrini Tancot House, nel centro di Dar es Salaam, è sede del Ministero per la Cultura e l'Informazione. Dove informazione V!40ldire anche propaganda, e controllo delle opinioni. Mulokozi ci sia stretto!. in questa stanzetta occupala per interq dal suo tavolo, dalle nostre due sedie. Non c'è quasi lo spazio per fotografarlo. Stava meglio ali' Università, ali' Istituto di Ricerca sulla Lingua Swahili, che dirigeva cinquè anni fa. Ma è uno fra i maggiori poeti tanzani viventi, M ulokozi, e così hanno avuto bisogno di lui in questi locali: Direttorè alla Lingua, l'incarico non è chiaro, ma è chiaro che si tratta di un lavoro amministrativo. Ha sul tavolo dei fogli pieni di cifre: scellini in arrivo e in partenza per luoghi diversi in Tanzania. È infelice, per questo suo lavoro: "Sono qui, ho a che fare con materie amministrative, lavoro dodici ore al giorno e mi sembra di non combinare nulla." E non scrive più una riga da anni. Ali' Univer,sità, almeno,faceva ricerca. Nato nel 1950 a Buléoba, sulla sponda occidentale del Lago Victoria, Mugyabuso Mulokozi si è laureato nel 1975 ali' Università di Dar es Salaam in Swahili, Letteratura in lingua inglese e Pedagogia; ha scritto diversi saggi sulla letteratura swahili e il dramma storico Mukwava wa Uhehe (1979) sul grande capo degli Hehe, combattente valoroso contro i colonizzatori tedeschi. Insieme con il suo compagno di studi, Kulikoyela Kahigi, ha pubblicato tre raccolte di versi: Mashairi ya Kisasa ("Poesie moderne", 1973 ), Malenga wa bara("/ bardi d' entroterra", 1976) e Kunga za Ushairi na Diwani Yetu ("/ segreti della poesia e Il nostro canzoniere", 1982). Il maggior poeta tailzano contemporaneo non scrive più una riga da anni perché deve lavorare, e portare a casa il suo salario allafamiglia. Il salario di un dirigente statale del suo livello, credo, è fra i sei e i novemila scellini: settanta, ottanta, novantamila lire al mese, si guadagna bene a fare il dirigente statale. Con l'equivalente di una borsa di studio di livello universitario italiana, ci camperebbe vent'anni. È infelice, scuote la testa, mi dice "Ndugu Berrini", e ndugu in inglese si traduce "camarade", ma per me è un segno di amicizia. Non ho mai intervistato un poeta: vorrei che lui parlasse, che venissero fuori le sue cose. Tento goffamente delle domande "di sguincio": lui mi risponde unpo' quello che gli pare. Con due difficoltà: che ci parliamo in inglese e non è la lingua che lui preferisce, e che mi chiede di non registrare. Da dove viene la tua poesia? A me pare venga da lontano. Quanto lontano, in termini di cultura, di spazio e di tempo? Credo che nelle mie poesie ci sia una compresenza di più sistemi culturali. Prima di tutto la mia cultura etnica: io sono un Bahaia, sono ori0 ginario delle regioni a Ovest del lago Vittoria. Poi c'è la cultura tanzana, che essenzialmente è la cultura swahili: c'è nella mia poesia l'influenza della tradil!ione artistica swahili, una tradizione di secoli, ed è con quella che mi trovo a confrontarmi quando mi riferisco a problematiche tanzane moderne. Infine c'è la cultura internazionale, c'è la realtà del mondo nella sua globalità. Come tutti, io ho studiato soprattutto la letteratura internazionale, ed è su quella che mi sono formato. Lontano nello spazio: credo che tu voglia chiedermi se mi sento legato a luoghi distanti, per esempio lontani da questa scrivania. Si, io non mi sento mai legato a uno spazio dato, mi sento legato ali 'umanità ben al di là dei confini della Tanzania. Ma ho scritto anche gruppi qi poesie legate a luoghi specifici. Così come posso indirizzarmi anche a persone che non ci sono più. Poi ci sono poesie confinate nel tempo e altre no. Io non mi sento confinato a uno specifico periodo. Per esempio ci sono poesie che ho scritto per la Dichiarazione di Arusha [n.d.r.: il manifesto che nel 1967 definì la scelta socialista della Tanzania] e avevano valore a quei tempi. Ora non sono più importanti perché la situazione è cambiata, i bisogni sono diversi. 98 Foto di Ugo Nalin. • Io vedo passato presente e futuro come una sola unità, gli avvenimenti si legano, c'è una sorta di unicità dell'avvenimento che va oltre il tempo. La tradizione filosofica africana ha dei concetti simili, ci sono degli studiosi di filosofia africana che parlano dell'unità di spazio e tempo. Il presente e il futuro diventano passato, ma è un movimento ciclico. Quando scrivo verso il passato io sono legato al passato, ma in molte delle mie commedie storiche, come quella in cui racconto di Mkwawa, il grande capo degli Wahehe che sconfisse le truppe tedesche in una memorabile battaglia a Lugalo, io cerco di trarre lezioni dalla storia per le generazioni presenti. L'allegoria attraversa il tempo, perché le tensioni di allora si legano alle tensioni di oggi, nella ricerca di soluzioni ai problemi di oggi: è normale servirsi della storia per affrontare problematiche contemporanee. Si prende esempio dal passato. E anche le tecniche, la poesia metonimica swahili ad esempio, si possono usare ogg_i. Una poesia come Polenta e uova/a riferimento a tematiche tradizionali, alla vita al villaggio. Come risolvi il problema del rapporto con i ventenni di oggi, quelli che hanno sempre vissuto a Dar es Salaam o nelle grandi citt4 e non possono avere alcuna memoria della tradizione? Ho scritto Polenta e uova nel 1970, ero uno studente, e mi riferivo a un problema che riguardava molti studenti come me, nati nei villaggi. Era una vera lotta, per noi, andare a scuola e pagare le rette, e tutti si aspettavano che chi studiava fosse un buon investimento per la sua famiglia, e che l'investimento avesse una resa immediata. Gli studenti si sentivano sempre dire questa cosa: l'educazione deve rendere. Ma come studente devi anche farti la tua vita, vedere il mondo, le città. Così gli studenti non trovano poi i soldi per aiutare i parenti che restano al villaggio. Io ho scritto dal punto di vista di un genitore che si rivolge al figlio: l'i-
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