-IL CONTESTO La politica al centro. e la politica in periferia Ma I partiti comandano davvero? E su che cosa? Luigi Bobbio • Un fenomeno su cui vale la pena di riflettere è la frequenza con cui compaiono, sulla scena politica italiana, temi di carattere trasversale rispetto ai partiti, ossia questioni che attraversano gli schieramenti politici, li scompongono e li ricompongono di volta in volta, dando luogo ad alleanze occasionali ed anomale. La trasversalità è un'ovvia caratteristica dei temi sollevati dai movimenti che proprio perché esterni (ed estranei) all'universo culturale e ideologico dei partiti tendono a frantumarli al loro interno. Così è avvenuto, nell'ultimo decennio, per le due grandi questioni che hanno fatto irruzione nell'arena politica: la questione femminile e la questione ecologica. Abbiamo assistito nel parlamento a fenomeni di solidarietà femminile trans-partitica e a clamorose rotture nell'ambito dei principali partiti sulla legge sulla violenza sessuale. Sappiamo del resto come la "frattura ecologica" tenda a riprodursi in modo più o meno accentuato in tutte le formazioni politiche. È significativo che i raggruppamenti politici· che hanno affidato la loro identità più a specifiche tematiche che a una data posizione nello schieramento politico, abbiano assunto la trasversalità come una loro bandiera. I verdi hanno rifiutato di collocarsi lungo l'asse sinistra-destra; i radicali, fin dai tempi del divorzio, si sono battuti per scompaginare le divisioni partitiche esistenti e continuano a riproporsi come forza trans-partitica con la politica della doppia tessera e la distribuzione delle loro candidature in liste altrui. Ma il fenomeno della trasversalità non riguarda soltanto questi casi noti ed espliciti. Si ha piuttosto l'impressione che la compattezza interna dei partiti e delle loro alleanze ufficiali sia continuamente messa a dura prova di fronte alle scelte concrete. Che si tratti dell'ambiente o della sanità, della politica energetica o dell'ora di religione, della droga o del condono edilizio, all' apparire di un problema o della necessità di una scelta i giochi si riaprono e si sviluppano ogni volta lungo percorsi variabili ed inconsueti. Del resto tutte le grandi lobbies agiscono da sempre trasversalmente, o almeno più trasversalmente che possono, e spesso con indubbio successo. Ci si può chiedere come è possibile conciliare questo fenomeno con l'immagine che tutti abbiamo dei partiti come i protagonisti assoluti del gioco politico. Nessuno dubita che viviamo in un regime di partitocrazia, di strapotere dei partiti (e delle loro segreterie) tanto sulle amministrazioni pubbliche quanto sulla società civile. Com'è possibile che i partiti rivestano quel ruolo dominante, che non possiamo non riconoscergli, e sian9 nel contempo scomposti e attraversati dalle mille questioni concrete che devono affrontare? I partiti comandano o sono comandati? Molto dipende dal punto di osservazione in cui ci poniamo. Normalmente la nostra attenzione si concentra prevalentemente sul grande palcoscenico su cui si celebrano i riti della politica. Godiamo, su questo aspetto, di un'informazione per lo meno ridondante. Conosciamo le strategie di alleanze e di contrapposizione, le minacce e le offerte, le mosse e le contro-mosse; siamo abituati (con il generoso aiuto di autorevoli commentatori) a interpretare i sottili segnali che i leaders dei partiti si scambiano l'un l'altro. E se spesso il gioco ci annoia, non possiamo tuttavia non • riconoscere ai partiti una posizione di indiscussa centralità: fanno e disfano i governi nazionali e le giunte locali in base alle loro strategie elettorali di breve periodo, piazzano i loro uomini in tutti gli anfratti del governo e del sottogoverno, gestiscono la cosa pubblica in base ai propri interessi privati. Appaiono insomma come soggetti forti, determinati, potenti. Ma esiste anche una faccia meno visibile della politica che i mass media non ci aiutano sempre a penetrare. Si tratta dei processi attraverso cui vengono concretamente formulate le politiche pubbliche, vengono compiute scelte tra le possibili alternative e vengono asshnte le decisioni che riguardano la collettività. Se ci poniamo da questo punto di vista, il quadro tende a cambiare radicalmente. Quando infatti analizziamo i processi che conducono alla formulazione delle politiche pubbliche in Italia, ci accorgiamo che il contributo dei partiti politici è per lo meno ambiguo. Da una parte è indubbio che vi è una fortissima propensione nel sistema politico italiano a politicizzare un gran numero di questioni, anche di importanza secondaria o di portata puramente amministrativa, sia nel governo nazionale che nei governi locali; il che significa che tali questioni vengono trattate in sedi ove prevale la partecipazione di attori di estrazione partitica (per elezione o per nomina). Ma d'altro canto, se seguiamo i percorsi attraverso cui le decisioni prendono corpo, dobbiamo riconoscere çhe spesso le scelte compiute dagli agenti dei partiti non sono facilmente riconducibili agli indirizzi generali delle rispettive formazioni politiche. Non solo a quelli ideologici, che sono per ammissione generale sempre più deboli, ma anche a quelli programmatici o di coalizione. In altre parole l'imputazione di determinate opzioni a specifici partiti può essere in molti casi una scorciatoia troppo semplice che descrive male l'effettivo processo attraverso cui si formano le decisioni. Potremmo dire che i partiti politici sono nello stesso tempo figure onnipresenti e sfuggenti. Sono in ogni luogo (decisionale) attraverso propri agenti che agiscono in loro nome, ma nello stesso tempo tendono ad assumere orientamenti variegati, spesso casuali, non sempre compatibili fra loro, quasi mai riconducibili con sicurezza a una qualche forma di progetto. Se i decisori sono partitici, i criteri da loro usati non lo sono sempre con altrettanta evidenza. Un modo per dar conto di questa ambiguità è quello di supporre, come fanno gli studiosi che si occupano di politiche pubbliche (1), che i partiti tendano a muoversi secondo logiche diverse quando affrontano scelte di alleanza, coalizione o schieramento, ossia quando definiscono e contrattano la loro posizione rispetto agli altri partiti (per esempio nella formazione dei governi nazionali e locali e nella spartizione delle nomine) e quando affronta- . no scelte di carattere sostanziale, ossia scelte di regolazione, di distribdzione di risorse o di sacrifici, di redistribuzione ecc. Si potrebbe anche dire che è possibile distinguere, sul piano analitico, ,due sfere di azione o due arene nettamente distinte: quella degli "equilibri politici" e quella della "politica sostanziale". Questa distinzione corrisponde a quella, comunissima nel dibattito politico italiano, tra scelte di schieramento e scelte di con-
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