STORIE/FRANCOBANDIERA quanto fra gli splendori e le miserie dello spettacolo e con un po' di fantasia cercava l'eccezione nel piccolo. Si ingegnava a trovare unaregola fantasiosa.Poteva essereunamostradi unpittorecomeCapogrossi inCittà Vecchia o l'orchestra della ComunitàEuropea nel cortile della masseria. O un concertodedicato a Chopin su unbarcone, inMar Piccolo, in una serata chiamata Chopinade. O ancora una rassegna di Piano-cinema con opere rare di Buster Keaton e un pianista sotto il telone. La nave romanza, un battei~ locon sopranoe tenore.Per l'estate contavadi farsiprestare un'ex nave da guerra per un concerto rock. Era il massimo, gli sembrava, ché si potesse pretendere da un lucano che aveva visto il mare a 16anni. Quando la fantasianon bastava, bisognavagiocare d'anticipo. Spesso, il gioco gli era riuscito, aveva intuito un successo prima che esplodesse a livello nazionale, rendendo proibitivo l'ingaggio.Ma rimanevapoco, di tutto il lavoro.Qualchecronaca di giornale, nemmeno sempre benevola, la registrazione negli atti del Circolo, nemmeno puntuale. La provincia era un sigillo, cerimonia per pochi, un ballo a porte chiuse. Anche quando era bello e trascinante lo sapevano solo i ballerini, lemusiche si sperdevano appena fuori del salone ed era subito silenzio. Eppure, nonostante questo, continuava a lavorare. Era unmodoper svegliarsi la mattinacon la voglia di fare, per respingere la routine. Un esercizio sul filo, difficile proprio perché i tempi gli cambiavàno sotto il naso senza naturalmente chiedere il permesso a nessuno, né a lui, né agli altri e anzi si introducevano per novità apparentemente casuali.Parole guida non ce ne erano più, tranne una che le comprendeva e le sconfessava tutte. Vecchie filosofie tenute nel frizer venivano scongelate e vendute per fresche come le sogliole in certi inaffidabili ristoranti di riviera, teorie forti e deboli si ammucchiavano nella parola onnicomprensivaRevival. Tornava lamaschera, il carnevale, la festa, il trucco, il gioco del dopo che si chiamavapost e si poteva appli- .care a tutto.Ladissipazione, la trasgressione,non erano più unfattogenerazlonale, non lasciavano vedere dietro un'epoca come gli anni Venti o labeatgeneration, ma eranocasi personali, crisi senza dannazioni e grandezze che si risolvevano vivendole, col biglietto di andata e di ritorno alla normalità compreso nel viaggio. Anche l'andare, on the road, the trip, avevaperso i connotati dell'avventura per acquistare sapori chimici e casalinghi. Ma inquesto non c'era grandezza,'se non la grandezzadell'interesse che lo governava, questodavvero senza confini.La parola kapital eradiventata la rivista Capitai, la glorificazione etica e estetica del piacere dell'impresa. Nessuno trovava niente da dire se ognuno si volevabene e reclamava i suoi diritti personali aduna porzioneragionevole di felicità su questa terra. Il sociale non poteva per caso essere unamiriade di casi personali risolti e felici? Era un'ipotesi. La felicità era, però, (ecco il trucco) un modello televisivo propostocon trionfantestupidità dalle televisionicx liberecheora si chiamavano private e dalle reti di Stato. Era un whisky di malto che però bisognava saper riconoscere o un b,ucatoda godere a fatica finita, era andareal cinema col marito se ci si lavavacon un certo sapone, altrimenti si rimaneva a casa. Era specchiarsi in un pavimento lucido (la casa è una specchiera - usando Neocera), mugolando di gioia per un dado da brod_o strizzare l'occhio all'alieno silenzioso del detersivo, de76 positando un bacio di rossetto sopra la tazzina di caffé. Obersi un amaro col veterinario.Trascorse lebattagliefemministe, ora siaccettava un usodella femminilità felicemente finalizzato almercato. L'ideale, anche per gli uomini, era una griffe, la firma, lamarca. La felicità come uno spot sulla felicità; disegnata con la stessa leggerezza. Era passato il 1984 orwelliano e apparentemente non aveva prodotto sconquassi.Però sudditi del villaggio si era un po' tutti, non c'erano più barriere alla televisione. Il lare elettrodomestico aveva preso il posto centrale, in famiglia,e sostituiva altre affabulazioni; a volte addirittura il dialogo. Non era la radio, la tivu. L'immagine pretendevaun'attenzione leggera, ma costante. Senza darlo a vedere riempiva consistenti vuoti esistenziali. Ai tempi del televisoreunico, quando non era ancora invalso l'uso di più schermi accesi per le diverse esigenze familiari, bastava un guasto ali' apparecchioe si spalancavano leporte del silenzio, venivano a galla vecchie polemiche e nuove incomprensioni. Si poteva benissimo dire, senzametterla tropposul tragico, che la televisione aveva mascherato i cambiamenti avvenuti nel mondo compatto e autarchico della vecchia famiglia unita a combattere l'esterno. Aveva, anzi, contribuito a trasformarla, aprendo ampie panoramiche sul mondo, in un insieme di individualità consanguinee (per usare terminibanal sociologici), piùomeno felicementeconviventi. Portava in casamolte nefandezze, la televisione, ma anche informazione e, qualche volta, cultura. Risarciva in varietà di proposte quello che fatalmente sottraeva in calore di fantasia. Ma i • conti non eranomai inpareggio. Per conto suo le scelte erano obbligate e prevedevano, naturalmente, il cinema e ce n'era tanto in television<;o, gni giorno. Film per tutti. "Stasera c'è Casablanca. Ve lo consiglio. Lo vidi, per molte volte, da ragazzo. Appassionerà anche voi" diceva ai figli. Ma evidentemente sopravvalutavail fascino hammettianodi Bogart (o bogartiano di Hammett). A sua figlia non diceva molto, "Papà, non è eccezionale". "Preferisco Hitchcock" diceva il maschio. Che.gliandava a dire ai figli...Che ayeva sognato quell'aeroporto come la stazione della felicità. Che Ingriderapiùdi unadonna, un'antologia completa della femminilità, laTreccanidi ogni possibile attributomuliebre...Il divario generazionale era enorme. Anche sua figlia, benché dotata di virtù anomale (leggeva) era "firmata" come le compagne. Le sue camicette con gli aeroplanini che fingevano l'innocenza grafica, sembravanocreatedall'illustratore antico del PiccoloPrincipe di Saint-Exupéry.Erano i figlidell'abbondanza, ma inquantoa scelte, ne operavano meno di quante erano concesse ai ragazzi del 1940. Conveniva non analizzare troppo i ricordi e nemmeno stabilire confronti.Così, recuperava in solitudinevecchi filmdimenticati (evitandoquelli troppo frantumatidagli spot), ma non eser- .citava su di essi nessun esercizio critico.Non gli sembravagiusto. L'inconsistenza dei film di Esther Williams gli appariva una deliberata sceltadi stile.Come nel suolontanopassato e senzaaffannarsi troppo, ogni sera un film, perché il cinema era sempre lo stesso, più o meno. Si poteva discutereKimBasingcr? Gli si erano ristretti, in pollici, gli orizzonti. Gli era cambiato il mondo inforno. La Coca Cola possedeva la Columbia, la Casa di Rita Haywoorth. Non era un segnale dei tempi mutati?
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