Linea d'ombra - anno VII - n. 39 - giugno 1989

Sahara qualche giorno dopo insieme al fratello maggiore, e poi, poi..." . "Non è più venuta", completai la frase per lui, ed egli annuì guardando per terra. "Quanto tempo fa?", chiesi ancora. "Più di un anno." "Come mai non le hai scritto subito per chiederle perché?" "Io ..." S'interruppe come se qualcosa gli avesse ostruito la gola. "Con chi potevo parlare ..." disse con un sospiro. E perché poi ti sei deciso a parlare con me che non c'entro niente, pensai fra me e me. "Fammi vedere l'indirizzo." Avevo deciso di dargli una mano. Titò fuori l'indirizzo, e si trattava in effetti di Montecarlo. Principato di Monaco, non di Algeria. "Come l'hai avuto?" chiesi. "Sono andato una volta in Algeria a cercare mia moglie, tre mesi fa", disse fra continue esitazioni. "Uffa, perché non l'hai detto prima? Dici le cose così confusamente! Così sei andato a cercarla!" . "Non c'era, il fratello mi ha detto che era andata via, mi ha dato questa fotografia e l'indirizzo e mi ha detto di tornarmene a casa." Tanta strada e tanta fatica solo per quella donna dall'aspetto così volgare! Guardai con un sospiro il viso onesto e sincero di Sharun. "Sharun, vorreisaperequantohaidatoallafamigliadellasposa come dono di fidanzamento, prima di sposarti." Mi ero d'un tratto ricordata degli usi del deserto. "Molto." Abbassò di nuovo la testa, come se le mie parole avessero riaperto una ferita. "Quanto?", chiesi piano. "Più di trecentomila." Trasalii per la sorpresa ed esclamai, incredula: "Non puoi avere tanti soldi, stai raccontando fandonie!" "Li ho, li ho, me li ha lasciati mio padre quando è morto I' altr'anno, puoi chiedere a mio fratello", protestò Sharun caparbiamente. "Bene, il resto lo posso indovinare. L'anno scorso sei andato in Algeria con i soldi di tuo padre per comprare merci da rivendere nel Sahara, e poi invece le merci non le hai comprate e hai sposato Sahida, la donna della fotografia; le hai dato i soldi e te ne sei ritornato, e lei non è più venuta. Ho detto bene?" Una storia molto facile da ricostruire. "Sì, hai indovinato tutto, come hai fatto? È come se tu avessi visto tutto." Sembrava inaspettatamente contento che avessi indovinato. "Davvero non capisci?" Spalancai gli occhi, stupefatta. "Non capisco perché non vuole venire qui, perciò ti ho pregata di scriverle una lettera, per dirle che io... che io ..." Improvvisamente fu travolto dall'emozione e si prese la testa fra le mani. "Ora non mi resta più niente", mormorò. Distolsi in fretta lo sguardo. Nel vedere questo ragazzo docile e senza slanci mostrare i propri sentimenti più intimi, dentro di me fui profondamente toccata. Dalla prima volta che l'avevo visto m'era sembrato che da lui emanasse un sottile senso di ·solituSTORIE/SAN MAO dine e malinconia. Sembrava uno di quei personaggi tragici e disgraziati dei romanzi russi dell'Ottocento. "Dai, scriviamo la lettera, che ora ho tempo", dissi rianimandomi. Sharun m'implorò'a bassa voce: "Per favore, non dire niente a mio fratello di questa lettera." "Non parlerò, stai tranquillo." Aprii il registro accingendomi a scrivere la lettera. ''Bene, tu detta e io scrivo. Forza!" lo sollecitai. "Sahida, moglie mia ..." Pronunciate queste parole, si fermò. "No, non va, io so scrivere solo in spagnolo e lei come fa a leggere la lettera?" Sapevo benissimo che quella truffatrice non avrebbe affatto letto la lettera, né avrebbe ammesso di essere la moglie di Sharun, per questo mi era passata la voglia di scrivere. "Non importa, scrivi, per favore, troverà pur qualcuno che gliela legga. Ti prego ..." Sembrava temere che non volessi più scrivere la lettera, e si affannò a pregarmi. · "Va bene! Prosegui!" Ripresi a scrivere a testa bassa. "Da quando ci siamo lasciati l'anno scorso penso a te senza interruzione. Una volta sono andato in Algeria per cercarti..." Se Sharun non avesse avuto un grande amore per questa donna non sarebbe certo riuscito a superare la propria timidezza e a esprimere di fronte a una sconosciuta sentimenti celati sinora nel più profondo del cuore. "Finito! Metti la firma." Strappai dal registro il foglio su cui avevo scritto; Sharun sapeva scrivere il proprio nome in arabo, e mise la propria firma con molta cura, poi sospirò cd esclamò, col cuore pieno di speranza: "Resta solo da aspettare la risposta!" Gli diedi un'occhiata, ma non sapevo che dire, e preferii star zitta. "Come indirizzo per la risposta posso usare la vostra casella postale? Il signor Josè non si risentirà?" "Sta' tranquillo, Josè non ci bada. Bene, ti scrivo io l 'indirizzo del mittente." Non avevo pensato che bisognava mettere l'indirizzo per la risposta. "Ora vado a impostarla io stesso." Sharun mi chiese dei francobolli, chiuse il negozio e siavviò di volata verso la cittadina. A partire dal giorno dopo la spedizione della lettera, ogni volta che mi vedeva entrare in negozio Sharun sussultava per l' emozione, e se scuotevo la testa gli compariva subito sul volto un'espressione di visibile delusione. Se iniziava così presto a soffrire per l'attesa della lettera, come avrebbe fatto a resistere in seguito? Passò un mese. La persecuzione silenziosa di Sharun mi dava il mal di testa, non andavo più nel suo negozio a far s-pesa,non sapevo come dirgli: nessuna risposta, nessuna risposta, mettiti il cuore in pace e che sia finita. Siccome non andavo nel suo negozio, ogni giorno, dopo la chiusura, veniva lui di fronte alla mia finestra e se ne stava lì impalato, in silenzio, senza bussare, finché non lo vedevo e gli dicevo che non c'era nessuna novità; solo allora mormorava un grazie e tornava lentamente al negozio, restando seduto lì davanti, in terra, chissà per quante ore, a guardare sovrappensiero il cielo. Passò ancora molto tempo. Un giorno, aprendo la cassetta po67

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