SAGGI/MILANO recensore mi è parsa argomento di gran lunga preferibile ad altri, che mi erano stati 'suggeriti per la mia prefazione a questa raccolta. Un amico aveva spinto la sua benevola ingenuità fino a propormi d'esporre le mie "teorie estetiche". Già i ragazzi del liceo sono abbastanza scaltri in filosofia per sapere che, idee generali, non si può mai fare a meno di averne.,Ma accade di non essere affatto, o non voler più essere, consàpevoli della propria "estetica implicita", dei criteri di giudizio a cui obbediamo nel distinguere, in arte, il bello dal brutto. È questa la mia condizione, da molti anni. La trovo naturale, perché non so vedere il buon recensore ctw come un giudice empirico, tanto più sicuro delle sue preferenze quanto più gli vengono dall'intuito, dal gusto, dall'esperienza, e quanto meno egli le ha dedotte da principi di·qualunque sorta. Trovo questa condizione piacevole, perché mi accomuna ai semplici lettori, dei quali così divido la diffidenza per chi sa in anticipo quale genere di libri dovrà piacergli o dispiacergli. E infine la trovo salutare, perché, nell'attuale inefficienza delle ideologie, le estetiche preconcette servono più che altro a celare l'oggetto, cioè l'opera che si offre alla nostra attenzione, e a promuovere anche nel campo della critica quella fuga dal reale che è uno dei segni desolanti della nostra epoca. Ogni tanto incontro qualcuno che mi chiede: "Come va la letteratura? Lei che si tiene al corrente di libri di vari paesi, ne avrà certo un'idea". E an,:;hepiù spesso, nel qqestionario di questa o quell'inchiesta, è contenuta una domanda sullo "stato presente della letteratura", italiana che sia, ovvero occidentale, o dei due emisferi politici presumibilmente distinti, o addirittura di tutto il mondo. Il lettore che si aspettasse di trovare un bilancio del genere nelle pagine di questa introduzione, sarà deluso. Premettere a una raccolta di note brevi un saggio storico e critico di letteratura contemporanea comparata - ché di questo si tratta- sarebbe un vero abuso di potere. Si potrebbe, è vero, tenersi invece sulle generali. Ma i pochi tratti salienti, che ravvisa nell'odierna "situazione letteraria" chi la guardi, secondo l'espressione favorita d'un Gen~rale francese, dupoint de vueplanétaire, sono di dominio pubblico. · Un primo è negativo, anche però infinitamente opinabile: fra i molti straordinari scrittori contemporanei, nessuno ci sembra dotato di genio; ma vi potrebbe essere ignoranza, o cecità, da parte nostra. Il secondo tratto è, per così dire, indifferente: i generi letterari si stemperano o si mescolano, e i meno puri sono favoriti; la funzione della letteratura è sentita essa stessa come problema, e la società sembra chiedere dagli scrittori un dipiù indefinito, un impegno civile o pratico o metafisico, quasi che l'arte non bastasse, o le si chiedesse di colmare al più presto il gran vuoto aperto dal declino della religione e della politica. Il terzo carattere è positivo: l'unità della letteratura universale è in atto; le culture autonome sono relitti o fossili, le barriere si fanno sempre più fragili, affinità profonde sovrastano e sottendono le distinzioni di paesi lingue continenti, gli scambi sono ormai infiniti, e soprattutto, le sorti della letteratura - quel che di essa riterrà o distruggerà o trasformerà l'avvenire - sono comuni a tutto il mondo civile. Tutti gli articoli che figurano in questa raccolta sono apparsi tra il 1955 e il 1960 nel settimanale "L'Espresso", al quale io ho collaborato, prima saltuariamente e poi, come titolare della rubri64 ca letteraria, con una nota in ogni numero, dall'ottobre del 1957 a tutt'oggi. Tutti i "pezzi" sono ristampati nell'esatto testo in cui via via si lessero. Il senno del poi mi avrebbe consigliato non soltanto utili ritocchi di forma ma, in alcuni casi, modifiche sostanziali del giudizio critico, alla luce dell'esperienza degli altri o della mia più recente. Mi sono vietato con scrupolo tanto gli uni che le altre, per onestà elementare, e per non compromettere l'unico valore certo di queste cronache, che è quello immediato di documento. Gli articoli, spezzato l'ordine cronologico, sono raggruppati per affinità di materia, nella misura del possibile, cioè con molta latitudine e libertà. La data di pubblicazione di ciascun pezzo, che figura nell'indice per materie, può essere utile per intendere la causa di qualche errore di giudizio o lacuna involontaria, come per condonare quei plagi di se stesso, o invece quelle contraddizioni, in cui incorre senza saperlo chi, a distanza di mesi o di anni, riprenda un certo filo di idee. Gli articoli qui ristampati sono su per giù la metà di quanti ne erano apparsì con la mia firma nell"'Espresso". Come è stato fatto il vaglio? Dire che la scelta è stata mia, e nient'altro, sarebbe inesatto e anche ingiusto. Quando assunsi la rubrica letteraria nel settimanale di Arrigo Benedetti, ero persuaso che cronache simili, le mie come quelle degli altri, non avessero peso o conseguenza che presso i diretti interessati, editori autori librai: l'incuriosità e inappetenza del nostro pubblico che legge mi parevano un fatto assodato. Mi sbagliavo. Non.dico che le reazioni siano frequenti o molteplici. Ma fra lettere di lettori, osservazioni di vecchi amici come di persone incontrate per caso, o semplicemente silenzi significativi, sta di fatto che, quasi ogni settimana, l'articolo che hai scritto finisce per sistemarsi idealmente a un certo livello della scala dei valori, spesso diverso da quello in cui lo collocava il tuo giudizio, e probabilmente il più giusto, come, con soddisfazione o rammarico, dovrai anche tu convenire. Due tipi singolari di avvertimento riescono specialmente util_ia quest'çffetto. La protesta del lettore che, avendo letto un libro da te recensito, ti accusa, per il giudizio che ne hai dato, non di errore di gusto o comprensione, ma di ambiguità o parzialità deliberata; nei casi in cui chi protesta è un fedele della tua rubrica, il suo rimprovero è una vera denuncia di abuso di fiducia. L'altra sorpresa istruttiva è quella che ti viene dalle lodi di un tuo articolo, intonate da un conoscente di cui non hai la minima stima intellettuale; è inevitabile, e di solito confermato, il sospetto che-quel tuo pezzo sia specialmente mediocre. Il lavoro di scelta, dunque, era per così dire già fatto; il giudizio per cui si è incluso un articolo e se ne è lasciato cadere un altro, è stato più collettivo che personale, e più oggettivo che soggettivo. Raccogliere in volume articoli sparsi è un atto di fiducia in sé, o di presunzione. A giudicare il quale, però, l'esame del retroscena intellettuale d'ogni singolo caso è forse meno utile di uno sguardo agli antecedenti obiettivi, gli stessi per tutti in un dato paese. In Italia, il regime che regola le possibili attività d'un critico letterario è angusto e tassativo. Da un lato, le riviste di cultura col loro scarsissimo pubblico, in maggioranza composto di lettori che scrivono o aspirano a scrivere; dall'altro, la terzapagina dei quotidiani e le rubriche dei settimanali a grande tiratura, coi compromessi e le servitù relative. Non è affatto certo che la scelta pçr cui molti buoni critici preferiscono la seconda alternativa
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