Linea d'ombra - anno VII - n. 39 - giugno 1989

IL LEffORE DI PROFESSIONE Paolo Milano Poco più di unannofa moriva a RomaPaoloMilano, critico letterariodeipiù raffinati,da quasi mezzosecolopresente nel dibattito letterarioitalianoinmaniera intelligentee scevradaprotagonismo.Rispettato e temutoper il rigore con il quale svolgeva il proprio compitodi "lettorediprofessione", comeamavadefinirsi, era anche uno dei pochi critici a tempopieno a non aver maifatto parte di conventicole accademichee a non essere stato consulente di case editrici, cose queste che gli consentivano una libertà di giudizio che molti gli invidiavano. Di PaoloMilano riproponiamoqui lapremessa a Il lettore di professione (Feltrinelli 1960), una raccolta di circa cinquanta fra recensioni e saggi brevi scelti tra quelliapparsi su varieriviste letterarietrai/ 1958e il 1960;un veroeproprio itinerariocritico, e al tempostessoaffettivo, attraversoalcunigrandimomenti della letteraturadi tutti i tempi. Crediamoche essa offra ancor oggi un importante contributo di riflessionenon solo intorno al mestiere di critico letterario,ma anche intorno al ruolo di lettore; un contributotantopiù validoin unmomentocome questonel quale la distanza tra l'opera letterariae i suoiprimi lettori, i recensori, sembra in molti casi divaricarsi in modopreoccupante. Contro chi si serve dello strumentodella recensione comedi un'arma o chi afferma-purtroppo senzamolta ironia-che il non leggere un libroda recensire consentirebbeal suo criticodi sentirsi in certomodo "più libero" di esprimereungiudizio,PaoloMilano contrappone "le virtù minute:per esempio non saltare un rigo dei volu.miche viene leggendo", o l'utilità pratica del- /' operabreve "chesipuò circumnavigareduevolte in unadomenicapiovosa". Oancora; l'importanza dei silenzi del critico intelligente,chedovrebbesapersi sottrarrealla tentazionedelpresenzialismo,capacedi indurlo "abararesottilmenteper mascherare le proprie lacune". La ripropostadi questo saggio, di cui dobbiamo ringraziare Ester Fano e AndrewMilano, anticipa lapubblicazione che speriamoprossima degli scritti di questogrande lettore di professio- . ne, e che ci auguriamoinduca a riflettere sulfatto che se è vero che la letteraturapuò essere usata come un'arma, vero è anche che essa rimaneprima di tutto un piacere, oltre che un grande privilegio. , · (Maria Antonietta Saracino) Come l'intende il titolo, un lettore di professione è uno che legge per gli altri e prima degli altri; e che, subito poi, è chiamato a scrivere di quel che ha letto, e a offrire ragionatamente ai propri lettori motivi per leggere, o non leggere, i libri di cui egli riferisce. E chiaro che la sua attività non è quella del critico propriamente detto e, tanto meno, dello storico della letteratura. Chi giudica modesta la sua funzione, lo chiama un "cronista letterario"; chi di essa apprezza la fedeltà all'oggi e l'immediata efficacia, lo definisce un "critico militante", mentre gli equanimi parlano a suo proposito di "giornalismo culturale". La professione di lettore è naturalmente moderna, I<\sua tradizione essendo vecchia di poco più di due secoli. Si sa che, se non a scoprirla, a praticarla per primi con piena consapevolezza furono gli illuministi: i quali, credendo fortemente nella democraticità della Ragione, cioè nel fatto che, quel che un intellettuale giudica e sente, può e deve essere da lui condiviso con ogni honnéte homme, coltivarono la critica militante come una vera passione civile, e furono maestri del genere, tuttora ineguagliati. A noi, loro odierni e minimi eredi, nei giorni in cui il nostro mestiere ci sembra più falso o più vuoto, accade di ripercorrere, con l'avidità con cui si beve un tonico, uno di quegli articoli d'occasione di Voltaire o di Swift o di Lessing, la cui lettura ci suggerisce non tanto che uno scrittore di genio dà prova di sé anche in una recensione, quanto che anche una recensione può aspirare ad essere opera di genio. Ma da quando Diderot scriveva, per esempio, quel capolavoro della recensione e·stemporanea che è la sua nota intitolata Sur lesfemmes (la si ritrova nel Diderot della Pléiade), le condizioni in cui opera il commento critjco alle pubblicazioni correnti, sono mutate in modo radicale. L'editoria è un 'industria potente, la cui mira è il profitto finanziario o la propaganda d'idee; scrivere è una professione spesso lucrosa, e leggere libri è un bisogno ormai provato da moltitudini di uomini, (quanto in esso vi è di spontaneo e quanto di artificiale, varia secondo i casi), il quale esige d'essere soddisfatto, bene o male che sia. D'altro lato, oggi si assiste a un oscurarsi del concetto stesso di arte nella coscienza contemporanea; in particolare, tornano in questione la portata e il senso del fatto letterarìo (Qu'est-ceque la littérature?, chiedeva il titolo di un saggio di Jean-Paul· Sartre), e nello smarrimento d'ogni canone attendibile, si dubita perfino che, a definire la nostra ibrida vita intellettuale, possano ané'ora servire gli augusti vocaboli di ieri e di sempre. Il carattere più certo della letteratura contemporanea è la pletora. Si lamenta, di solito, che la schiacciante maggioranza dei libri che oggi si leggono appartenga non al mondo della cultura ma alla sfera delle merci, e che la loro produzione e il loro consumo seguano le leggi non dell'arte ma dell'economia. Si notano meno, invece, fatti forse più gravi: le opere degne debbono egualmente esibirsi in quel mercato, sfuggendo di rado e obliquamente alle sue servitù; la presunta indipendenza o singolarità di uno scrittore sono esse stesse oggetto ambitissimo di speculazioni editoriali, come illustra il sinistro ma appropriato termine avanguardiadimassa; insomma, Uf! libro eccellente, oggi, prima d' affermarsi, deve poter emergere, in un qualunque modo sempre rischioso, sull'immensa marea del pubblicato e del pubblicabile. La democrazia della Ragione in cui confidavano gli illuministi, rischia d'essersi avverata come una fiera dell'intelletto. Molto prima, dunque, di cimentarsi a giudicare un libro, il lettore di professione è assalito dal problema del libro da scegliere; o meglio, da individuare. Ogni mattina o quasi, la posta gli regala un paio divolumi nuovi; nelle s~gioni di punta editoriale, che coincidono su per giù con i due solstizi dell'anno, la valanga degli omaggi irrompe dal suo studio fino nelle camere da letto, mettendo a prova l' intimità della sua casa, se non proprio la solidità. Il suo collega, il titolare della rubrica di teatro, gli invidia tanta libertà di scelta, ("Noi cronisti drammatici o musicali, somigliamo alle ragazzesquillo, che debbono interessarsi, ogni sera, al cliente che le ha chiamate"); ma per il cronista letterario, la propria licenza, teori61

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