te sul medesimo pianoforte, uno Steinway del 1938o '39. Ha subito parecchie modifiche, nel tentativo di ottenere quel tipodi sonorità che desideravoper quel tipo di repertorio.Certo che non ho mai sconvolto le sue peculiarità. Ha sempre avuto per sua natura un suonomolto brillante, quasi simile a quello di un clavicembalo, e il mio rapporto di lav,orocon lui è sempre stato molto felice. Solo raramente uso altri strumenti e se lo faccio è perché ho dovuto spedire il mio a New York per farlo riparare. Lei dà di persona le istruzioniai tecnici? Certo. Faccio del mio meglio per dire a parole quel-chedesidero di preciso. Franz Mohr, che è il capo del laboratorio Steinway, è fantastico.Capisce perfettamente quel che cerco in un pianoforte e sa come ottenerlo..Dal momento che io non ho un grande senso dellameccanica, tuttoquestomi porta viadel tempo,perché riesca a spiegarmi,ma Franz-èunosservatore fuori del comune. Basta che gli suoni qualcosa per una mezz'ora perché sia in grado di afferrare con esattezza quel che non mi piace. • Qual è il generedi modificheche gli avetefatto fare? Da parecchi anni non c'è stato nientedi molto importante.Ma nel 1972il pianoforte ha fatto una brutta caduta ed è stato talmente danneggiato che ho creduto che non ci fosse più niente da fare. C'è voluto mollo tempoperché ritornasse a essere quello strumento meraviglioso che era stato. Alla fine ci siamo riusciti grazie alla buona volontà di Franz che era deciso senz'altro a rimetterlo a posto. Ha dovuto lavorare sette anni e durante tutto questo tempo la maggior parte delle mie registrazioni le ho fatte su altri pianoforti. Alt' inizio, quandoho cominciato a usarlo, abbiamo cercatodi accentuare la sua ten~enza naturale a produrre un suonominuto, chiaro e brillante. Io desideravo d'altra parte una meccanicamolto più leggera di quella che c'è in genere negli Steinway. Allora ho fatto avvicinare i martelli alle cordeper ottenere un attaccopiù immediato.Naturalmente facendo così.siperde un po' di volume, ma questo per la registrazione non è importante. Questo tipo di modifica permette una migliore padronanza del contrappunto. Una volta che ci si è abituati, è la felicità. Nell'intervistacitata lei ha detto chepotrebbe insegnarein. mezz'ora a qualsiasistudenterecettivotuttoquel che c'è da imparare delpianoforte.Che cosagli direbbein questamezz'ora? Credo che eviteròdi rispondere. Non perché pensi che non sia fattibile. Ma ho semprecercato di evitaredi trovarmi in una situazione pedagogica, non solo perché non sono così sicuro che darei un contributo utile, ma anche perché trovo che spiegando un procedimento che va bene per una persona, si corre il rischio di prender coscienza troppo chiaramente di quel che si sta facendo: e questo inibiscela spontaneità del rapportomentale che si hacon il proprio modo di procedere. Non vorrei mai che mi succedesse. Tuttavia penso davvero che quel che ho detto sia possibile. D'altra parte aggiungevo che era necessaria una condizione preliminare: che cioé lapersona con cui si dovevapassare quella mezz'ora avesse unamemoriaperfetta e un gradodi concentrazionemassimo. Ma resto persuaso che da un punto di vista tecnico lamistica del lavoro, le sedi~iore al giorno incollati al pifil!oforte,siano una sciocchezza.E tutto un complotto degli insegnanti di pianoforte! · · Sia chiaro: non ho mai voluto dire che ci voleva meno di una vita per riuscire a pensare veramente la musica nel suo rapporto con il gesto di suonare il pianoforte; ma solo che per me l'aspetto tecnico della faccendaè relativamentepoco importantee si dovrebbe poter imparare molto rapidamente. Una volta superato questo ostacolo il problema essenziale è dare un senso alla·musica. Pertanto non è che ho suggerito una scorciatoia per diventare un bravomusicista.Al contrario. Diciamoche parlandodi mezIL CONTESTO z'ora forse ho un po' esagerato. Forse sarebbe stato più realistico parlare di tre quarti d'ora. Il fatto è che si trattava di una presa di posizione antitecnicistica. In altreparole, lei pensa chef are delle scale, delle terzinee delle sestinesia tutto tempoperso? Senz'altro. Allora pensa che la tecnicada cui bisognapur passaredo- · vrebberestareunfatto istintivo? Non proprio. Personalmente sono molto consapevole di quel che faccio. D'altra parte ho sempre pensato che non c'è nientedi più assurdodell'essere schiavi di unostrumento e fare tuttoil tempo delle scale. All'inizio ogni situazione che si.affrontaè qualcosa di nuovo, a meno che non si suoni un pezzo tutto fatto di scale in do maggiore.Ma quando si tratta di fare della musica suuno strumento si deve essere capaci di stabilire una connessione immediata, cosa che rende inutile tutto quel genere di lavoro. Mai, neanche una volta, ho scritto la diteggiatura su uno spartito.Lo so che è così che fa la maggior parte della gente, ma mi ha sempre sbalordito. Non riesco neanche a capire perché facciano tanta fatica.Vedereuno spartito tuttoditeggiato invece che bellovergine mi esaspera. Talvolta, per pura perfidia, mi metto a suonare qualcosa seguendo le diteggiature scritte da qualcun altro, solo per vedere cosa succede. Ma che idee vengono inmente allagente! È ridicolo. O meglio, a me sembra ridicolo, perché sono sicuro che per chi le ha scritte vanno benissimo; così se io scrivessi le mie diteggiature, sembrerebbero irrimediabilmente personali agli occhi di chiunquealtro.Nonostante questo credo davvero elfo si debba riconoscere al volo la diteggiatura da usare, solo leggendo uno spartito. Non c'è nessun bisogno del pianoforte per far questo. Certo che si può capitare su un passaggio diabolicamente maldestro, talmentecontrario allanaturadella tastierachesi deve elaborare unparticolare sistema di diteggiatura, specifico per quel passaggio. E raro, ma può capitare. Ma appunto in questi casi non ci si può aspettare nessun aiuto dalle regole accademiche. Si tratta di trovareuna soluzione particolare per ogni nuovasituazione che si presenta. Certo che l'idea di scrivere una diteggiatura per ogni nota...! Io non ho mai suonato la stessa cosa tre volte nello stesso modo. E mi sembra inconcepibile che qualcun altro possa fare diversamente. Allora,quandoleisuonaunpezzofa levasu un tipodimemoria analiticapiuttosto che muscolare.fisica... Certo. Per fare un esempio, per un lungo periodo l'anno scorso non ero contentodella resa meccanicadel mio piano. Franz era in vacanza e non poteva venire subito a ripararlo, ma c'erano delle registrazioni da fare. Allora ho dovuto usare un altro pianoforte appena arrivatodaToronto, praticamentenuovo: era unoSteinway molto buonoma tipico di ciò che si fa da Stenway.Nonè che voglia dir male,ma quel piano era del tuttodiverso da quelloa cui sono abituato. Era impossibile usare lo stesso tipo di diteggiatura. La meccanicaaveva un peso tuttodiverso. Non riescoa non tener conto di tutte le variabili che rientrano nel gioco dell'esecuzione, comprese le diversità meccaniche. È semplicemente ridicolo pensare che possa esistere una sorta di formula magica dalla diteggiatura che si possa applicare a ogni circostanza. Dal momentochenon consigliale scale, che cosafa quando sta qualchesettimanasenza suonare? Ci vorràpur qualcheora per rimetterlainforma... Mai successo. Quando mi capita di non toccare il pianoforte per parecchio tempo (mi capita molto spesso: quando non ci sono registrazioni o quando sono impegnato in al~ lavori), i momenti migliori sono quando mi rimetto al piano. E in questi istanti che mi piace veramente suonare.Non che il resto del temponon 37
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