IL CONTESTO FotoCBS. ginalità si fa strada attraverso una forte componente legata alla sorpresa. In realtàcercavo di rifiutare l'idea che tutto ciò che è importante in musicadeve poter essere definito in relazione allo spirito di un'epoca. La mia disposizione per - o piuttosto contro - il pianoforte ha qualche analogia con tutto questo. Secondo I'opinione comune, il repertorio pianistico interessante si può identificare grosso modo con le produzioni del XIX secolo: diciamo con tutto quel che sta tra Mozart o Beethoven, e Rave! oRachmaninov. Io non la penso assolutamente così. Secondo me, la musica più bella da suonare al pianoforte è quella del XVI secolo, che era stata scritta per il virginale. Allora tutte leformule usatea sostegnodella sua disposizioneantipianistica_:lostaccato,gliarpeggi,ecc.-dipendono dal fatto che leiprova altri tipi di strumentazione. Senz'altro. Il fascino che provo per lo staccato, e nonper il legato, è perché, tantoper usare ancora ilparagone traMendelssohn eMussorgsky, desidero riservare il legatoad alcuni momenti isolati di carattere eccezionalmente intenso. Amo moltissimo la chiarezza, la nitidezza della tessitura che si ottiene quando il tocco è prevalentemente quello staccato. Dovepredomina lo staccato, ogni nota occupa lo spazio che le è proprio, quello che la separa dalla nota seguente. Se si introduce un elemento di legato, si sente come una curva emozionale che non si può attingere se si considera fin dall'inizio il pianoforte come uno strumento destinato a produrre per sua natura il legato, n suono che più è spesso, meglio è. Per quanto riguarda il mio uso degli arpeggi non scritti, mi consenta di dire che non lo faccio per irritare i critici musicali.Lo faccio per cercar di fornire una certa quantità di informazioni, di modo che ogni elemento separato, appartenente al blocco verticale di un certo accordo, abbia un suo peso specifico. Questo è particolarmente vero per le regioni più basse del pianoforte, dove è racchi so un potenziale pericoloso di suoni sgradevoli, soprattutto nel repertorio rococò del tempo di Mozart e di Haydn, quandogli accordi hanno cominciato a sostituire la funzionementale assolta prima dal contrappunto. Ma, questa è la cosa più importante, se si tratta di buona musica e se il compositore sa quel che sta facendo, a una ~rittura armonicadi questo tipo deve soggiacere, almeno allo stato embrionale, un'idea contrappuntistica. Bisogna consider~e l'accordo come la somma simultanea di molteplici dfrezioni lineari, presenti anche se non sono enunziate specificamente come in una composizione barocca. Deve continuare a sussistere il senso di una direzione grazie alla quale la nota di un accordoconserva un rapporto con la nota di unaltro accordo posto due misure prima. Arpeggiando l'accordo, è possibile dargli un peso che consen_tedi definire appunto il senso di una 36 direzione lineare; cosa che non è possibile se c'isi limita a suonare le quattronote insieme di un accordo.E' chiaro che molto spesso ciò non è possibile, ad esempio quando si tratta di sottolineare una struttura strettlunente armonica, che richiede un accordo forte e deciso, che suonerebbe del tutto ridicolo se fosse arpeggiato. Non pensa che l'ascoltatore-nonè per nulla cosciente•delle implicazionicontrappuntistichedegliarpeggie chelipercepisce invececomeunrullodi timpanio comeunfattore di accentuazione ritmica? .. In effetti, se lasciamo da parte le ragioni profonde a cui ho accennato, spessolamia intenzione è proprio soloquesta: eseguoun arpeggio per dare un forte elemento ritmico a qualcosa che altrimenti tenderebbe, dal punto di vista ritmico, a cedere. Se mi è consentito tornare alla sua prima domanda, mi piacerebbe continuare il discorso sui presupposti, e parlare di quello che p r me è il secondo punto importante: a mio parere, il considerare il pianoforte come uno strumento fatto per il legato, idea che si é imposta nel corso del XIX secolo, ha ostacolato un mol do di far musica che permetta ali' ascoltatore dotato di unminimo di perspicaciadi scandirne il tempocome undirettore d'orchestra. Dato che un pianoforte è inerte e non può mettersi a discuterecon il direttore come fa un'orchestra quando le si impone un rubato contro la sua volontà, si è stati portati a pensare che con lui ci si poteva permettere pressappoco qualsiasi cosa. Questol'permettersi pressappoco qualsiasi cosa" è quel che in modo magniloquente viene chiamata "la grande tradizione". Per quanto mi riguarda, l'ho sempre ritenuto un elemento molto inquietante della tentazionepianistica.Per lopiù questogenere di rubato losipuò evitare, amenoche non faccia partedi unpiano chiaramente strutturato. Imporlo al pianoforte soloperché lui è in grado di farlomi sembra una cosa assurda, almeno per quel che riguarda il periodo classico, Mozart, Beethoven e gli altri. Invece trovoche sia un elemento essenziale lapropulsione ritmica, a prescindere dal tempo scelto. Se, come in questi ultimi giorni, lavoro molto al montaggio e mi accorgo che lo spazio tra un accordoAe un accordo B non dà una suddivisione esatta di semibiscrome, mi metto a cercare una registrazione che la dia, e poi la monto. Considerato il suo scarso entusiasmoper il rubato, quand'è che_usaunpo' di morbidezzaritmica? E vero che tendo a favorire tempi abbastanza inesorabili.Ma nella conversazione che ho avuto suMozart con BrunoMonsaingeon e che è stata pubblicata con il cofanetto della mia integrale delle Sonatedi Mozart, spiego come di fronte a modulazioni a toni lontani,modulazioni non scontate,mi pare trovi una giustificazione il fatto di rompere radicalmente con la norma ritmica e motoria cheera statastabilita ali 'inizio. Per chiarire ilmio intento,facevo l'esempio della Sonataop.10,N. 2 di Beethoven: nel primo movimento, contrariamente ad ogni aspettativa, la ripresacomincia in re maggiore invece che in fa maggiore. È un momento talmente magicoche, anche se nella partitura mancasse l'indicazioriedi Beethoven di un tempo diverso, avrei sempre suonato questo passaggio come se improvvisamente si guardasse la terra da un satellite, come se si osservasse la Sonata da un punto posto al di fuori di essa. Lei hasottoposto il suopiano/orteaparecchie trasformazioni meccanicheper poter ottenere certi risultati. Questo lavoro l'ha fatto lei stesso? No, perché non me ne intendo di lavori artigianali. Non sarei mai stato in grado di smontare e rimontare un pianoforte. Ma in tutti questi anni ho cambiato raramente lo strumento. Apartiredal 1960, il 90% delle registrazioni che ho fatto sono state realizza-
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==