IL CONTESTO Benjamin nel '37 in una foto di Gisèle Freund (da // mondo e il mio obiettivo, La Tartaruga). va con fona l'impressione complessiva che l'origine lontana di questa "querelle" stia proprio negli antichi strattoni, amorosi è vero ma sempre tali, con cui Adorno e Scholem cercarono di tirare per primi, ognuno dalla propria parte il comune amico. Un siffatto atteggiamento in Scholem fu causa di tensione nel rapporto con Benjamin; questi si irritò molto di fatti per quella lettera del 26-7-1933 qui già ampiamente citata in cui Scholem manifestava il proprio pensiero a riguardo di un possibile trasferimento dell'amico in Palestina. "È evidente" gli rispondeva Benjamin "che nessuno di noi due si vorrà prestare a esaminare la mia 'adesione alla causa del sionismo', o come vogliamo chiamarla - oppure alla forma ortodossa di vita di un Ernst David, o alla fede di Kathe Ollendorf.11 risultato potrebbe solo essere interamente negativo" (pp. 85-86). Ancora maggiori sono l'irritazione e la tensione che traspaiono dalla risposta a una lettera di Scholem del 19-4-1934 in cui gli veniva fatto osservare: "Il saggio pubblicato sulla 'Zeitschrift fur Sozialforschung' finora non l'ho capito. Sarebbe forse una professione di fede comunista?" (p. 125). La reazione è davvero forte (pp. 128129): "attraversando l'oceano queste domande assorbono sale -credo-, e poi assumono facilmente un sapore amaro per colui al quale sono rivolte, (...) di tutte le forme e le espressioni possibili il mio comunismo évita soprattutto quella di un credo, di una professione di fede, che - a costo di rinunciare alla sua ortodossia 28 - esso non è altro, non è proprio ni,i.nt'altro . che l'espressione di certe esperienze che ho fatto nel mio pensiero e nella mia esistenza, che è un'espressione drastica e non infruttuosa del- !' impossibilità che la routine scientifica attuale offra uno spazio per il mio pensiero, che I' economia attuale conceda spazio alla mia esistenza, che il comunismo rappresenta, per colui che è stato derubato dei suoi mezzi di produzione interamente, o quasi, il tentativo naturale, razionale di proclamare il diritto a questi mezzi, nel suo pensiero come nella sua vita - devo proprio dirti che il comunismo è tutto questo e molto di più, ma che in ogni caso non rappresenta altro che il male minore( ...)". Più rara è la tensione quando gli amici trattano, per lettera naturalmente (ci fu un solo incontro tra i due negli anni '33- '40) del loro lavoro e degli interessi comuni. Si potrà seguire, scorrendo il carteggio, la nascita e lo sviluppo di molte opere di Benjamin: dal!' Infanzia berlinese, al Kafka, Baudelaire, L'autore come produttore ... Ciò che soprattutto coinvolge entrambi è il lavoro su Kafka: esso è aperto alla possibilità di trattare anche dei motivi dell'ebraismo eventualmente presenti in quell'autore e ciò risveglia l'attenzione già sempre vigile di Scholem. Talora si fa fin troppo critica nel timore evidente che l'amico si lasci guidare da una griglia ideologica tesa a escludere motivi teologici o ebraici nello scrittore ceco :"qui la tua esclusione della teologia è andata troppo in là, e con l'acqua sporca hai gettato via anche il bambino" (p. 143); "La tua interpretazione [di Kafka] diventerà la pietra angolare di una discussione ragionevole, se mai è possibile. In parecchi punti ne sono veramente illuminato e istruito, sebbene trovi confermata e raffonata la mia impossibilità di accettare un indebolimento così sostanziale del nerbo ebraico dell'opera kafkiana come quello che èotesta interpretazione comporta. Non puoi fare a meno di ricorrere a violenze flagranti, devi continuamente interpretare contro le testimonianze kafki.ane" (p. 163). Con il trascorrere degli anni tuttavia si riesce a cogliere -nella misura forse un po' debole permessa dalle lettere - un tenue mutare del pensiero di Scholem su ambienti e persone da un lato -come quello dell'Istituto per le ricerche sociali nella persona di Adorno -e sulla sua patria adottiva dall'altro. In seguito al viaggio in America scriverà: "Naturalmente lassù mi sono trovato molto meglio di qui" e "tra i membri dell'istituto ho conosciuto solo Wiesengrund [Adorno], con cui sono stato spesso insieme"(p. 266). Più avanti nel '39: "Anche da noi maturano cose orribili, e rabbrividisco, se cerco di pensare alle conseguenze che si prospettano. Viviamo nel terrore; la capitolazione degli inglesi davanti al terrore induce i pazzi che sono tra noi a credere che sia questa l'unica arma con cui possiamo ottenere qualcosa, senza pregiudizio delle nostre particolari condizioni. Ma questi pazzi sono troppi per essere ancora considerati tali". L'eventuale viaggio di Benjamin là, in Palestina, quando sembra infine davvero desiderato da Scholem, diventa in quella drammatica situazione impraticabile. La dichiarazione di guerra del 3 settembre 1939 fa precipitare lo stato delle cose in Francia. Benjamin è internato con migliaia di altri profughi tedeschi in un "Camp des travailleurs. volontaires" per due mesi circà. La sua morte a Port Bou avvenuta un anno dopo (ottobre 1940) interromperà drammaticamente il dialogo anche con Scholem: "Benjarnin non era abbastanza corazzato contro gli avvenimenti del 1940. Ancora nel settembre, a Marsiglia, aveva parlato più volte delle sue intenzioni suicide, con Hannah Arendt. L'unica notizia autentica intorno agli eventi che furono connessi con la sua morte si trova in un resoconto dettagliato che la signora Gurland, che aveva varcato il confine insieme a lui scrisse, l'undici ottobre 1940, ad Arkadi Gurland (un membro dell'Istituto di Horkheimer)" (p. 306). È possibile conoscere ora questa lettera poiché edita da J. Femandez (La lettera rubata, in Caleidoscopio benjaminiano ... pp. 2345) in un bel saggio che ricostruisce le vicende legate a un'altra lettera indebitamente tenuta celata da Horkheimer e che avrebbe reso possibile il recupero di quanto Benjamin aveva con sé (anche un manoscritto) al momento della sua morte. Si tratta di poche righe che dicono di una grande determinazione e di una assoluta solitudine. Solitudine-che traspare anche dall'epistolario con Scholem, nonostante la sua natura e il suo timbro amichevoli, nella misura in cui, tr:; l'altro, fa luce su tensioni di Benjamin con l'Istituto di Horkheimer, un altro possibile e mancato punto di riferimento.
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