Linea d'ombra - anno VII - n. 39 - giugno 1989

• 2. È necessario un certo sforzo per riportare alla memoria quella che è stata, sino a pochissimo tempo fa l'immagine della realtà ungherese negli organi di informazione sia italiani che stranieri. Sino al 1_987l'Ungheria era il paese esteuropeo del quale nòn si poteva mai parlare bene a sufficienza, nel quale c'erano, sì, ogni tanto, delle disfunzioni ma che rimaneva quello che più si avvicinava all'idea di un "paese socialista delle meraviglie": una agricoltura in grado di soddisfare le necessità della popolazione, una liberalizzazione economica che permetteva il fiorire di una vasta economia informale; un potere politico tollerante, anche verso le microscopiche forze di opposizione e (non ultimo) un elevato livello di scambi con l'occidente. Insomma, un "socialismo al gulash" che funzionava. ' Ovviamente, sarebbe bastato tenere gli occhi un poco aperti, leggere qualche articolo che ogni tanto appariva in riviste strane (in Ungheria più ancora che in occidente), chissà, forse anche parlare con qualche economista o sociologo ungherese, con qualche comunista ungherese (spesso molto più critico degli esponenti dell'opposizione): uno qualsiasi di questi passi sarebbe stato più · che sufficiente a far capire che il modello Ungheria incontrava difficoltà serie. (Lungi da me il voler ironizzare sugli abbagli presi dagli 9rgani d'informazione nostrani: dopotutto, ci cascarono pure americani, inglesi, francesi e tedeschi.) ' La rapidità con cui l'immagine acritica dell'Ungheria è stata rovesciata nel suo contrario, o quasi, è perciò davvero sconcertante: al punto da far pensare a una scelta consapevole da parte di un settore significativo della classe dirigente ungherese di scredita- , re la politica Kadariana presso l' occièlente tra l'autunno del 1986 e la defenestrazione di Janos Kadar nel maggio del 1988. (I primi editoriali critici sull'Ungheria cominciano ad apparire sul: l"'Economist" proprio nel 1987.) Un noto esponente dell'opposizione ungherese, Gyorgy Krasso (che dirige a Londra un centro di informazioni) sostiene anzi che l'intera svolta ungherese del 1988 va vista nel quadro di una scelta della classe dirigente ung!Ìerese e di quella sovietica di portare (per quanto è possibile) l'Ungheria all'integrazione nella Cee. · Se non fosse stata•rimossa la vecchia immagine del Modello Ungheria, non sarebbe possibile percepire la situazione attuale come una svolta. C'è quindi un forte interesse del nuovo gruppo dirigente nel rovesciare I' immagine del tardo kadarismo. (Una delle conseguenze di questo fatto è l'attribuzione al nuovo corso di meriti inesistenti da parte di alcuni organi di disinformazione nostrani.) 3. Tralasciando qui una ricostruzione storica del kadarismo nelle sue diverse fasi è forse utile partire dal fatto che l'avvio delle riforme economiche del 1963 sancì il passaggio da un'epoca nella quale il partito sosteneva che i problemi economici avevano una soluzione politica (indipendentemente dai costi economici e sociali) a un'epoca nella quale il partito favoriva una soluzione economica dei problemi politici, istituendo in questo senso un "primato dell'economia". Laddove il processo economico poteva essere parcellizzato in modo indolore (per l'apparato) l'operazione ebbe un relativo successo (agricoltura, servizi, artigianato); laddove invece la separazione di ~onomia e politica era più difficile (industtia) il risultato fu la paralisi e la stagnazione. La stagnazione non era un semplice incidente di percorso, ma una tendenza generalizzata di tutta l'Europa orientale. (In termini di tassi di crescita, l'Ungheria non aveva ricavato vantaggi rispettò agli altri paesi esteuropei che non avevano mai attuato programmi di riforme.) Come osservò l'economista Tamas Bauernel 1982 sulla rivista "Mozgo Vilag": "Il rallentamento della crescita economica, se diventasse una caratteristica permanente, incriIL CONTESTO nerebbe il mantenimento della stabilità sociale in Europa orientale, almeno fuori dell'Unione Sovietica". Il problema perla classe dirigente ungherese era che il colpo di Stato polacco del 13 dicembre 1981 aveva dimostra o la fine della possibilità di separare le riforme economiche da quelle politiche in Europa orientale. (Jaruzelski non era riuscito ad attuare né le une né le altre.) A partire dal 1983 una parte della classe dirigente ungherese (il gruppo attorno a Kadar) scelse la via della conservazione (né riforme economiche né rjforme politiche). Un'altra parte (un gruppo che comprendeva già Imre Pozsgay) cominciò a pensare alla necessità di introdurre riforme sia in campo politico che in campo economico. Si spiegano così le oscillazioni della politica governativa negli anni 1982-86: repressione di una dissidenza microscopica, introduzione di modifiche alla legge elettorale (rese vane subito dopo), e soprattutto inerzia sul fronte economico e sociale. È sintomatico di questo periodo il fatto che intellettuali di partito e non si riuniscano (in convegni come quello di Manor, nel 1985) per esprimere la loro preoccupazione per il deterioramento della situazione ungherese. Per la prima volta gli intellettuali uscivano dai confini assegnati loro dal kadarism9. Il pròblema del gruppo di Kadar era costituito innanzi tutto da Kadar stesso: da un lato per il fatto di rappresentare la • continuità con un passato (gli anni 1956-62) dal quale voleva di.- stanziarsi per introdurre delle riforme politiche; dall'altro per il fatto che l'attesa della successione di Kadar (notoriamente malato da tempo) stava progressivamente logorando tutti i meccanismi decisionali del governo. Era ovvio che Kadar non poteva non risultare perdente. La nomina di Karoly Grosz a primo ministro nel giugno 1987 voleva essere un tentativo di Kadar di "bruciare" Grosz come potenziale rivale; il risultato fu invece la defenestrazione dello stesso Kadar al congresso del partito nel 1988. · A partire da quella data, il nuovo corso ungherese non ha conosciuto ostacoli. Si tratta di una liberalizzazionedall'altopereccellenza: liberalizzazione economica, liberalizzazione politica, apparentemente senza limiti. Libertà di associazione (o quasi); libertà di stampa (o quasi); il samizdat ~ta rapidamente perdendo motivo di esistere. Il governo sta attualmente contrattando con le forze di opposizione la nuova legge elettorale, che sarà probabilmente analoga a quella concordata in Polonia, con una quota fissa di rappresentanza del partito comunista. · 4. I motivi per rimanere pessimisti sulla situazione ungherese non sono legati tanto alle intenzioni del governo, quanto alla situazione dell'opposizione. L'opposizione ungherese si trova, da un giorno all'altro, a ricevere su un piatto d'argento quasi più di ·quanto non abbia ottenuto l'opposizione polacca dopo quasi un ventennio di lotte. Questo non può però cancellare il fatto che, sino a pochissimo tempo fa, l'opposizione ungherese era costituita da pochissime centinaia di individui, isolati. Il suo potere contrattuale nei confronti del governo non è lontanamente paragonabile a quell'opposizione polacca. Il trasformismo del quadro politico ungherese (nel governo, ma anche in certi settori dell 'opposizione) si sta traducendo in una corsa a chi riesce a diventare più liberista degli altri. Ma il problema vero è un altro. Qualunque via d'uscita dalla stagnazione dell'economia ungherese comporterà dei costi sociali elevatissimi. L'introduzione del nuovo corso deriva proprio dall'intenzione del governo di ottenere il massimo coinvolgimento delle forze di opposizione per una serie di misureeconomichee sociali, pagando il minimo prezzo politico. L'opposizione ungherese dovrà dimostrare di essere in grado di chiederne uno, e quello giusto. 23

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