Linea d'ombra - anno VII - n. 39 - giugno 1989

IL CONTESTO SCIENZA Divulgare è possibile. Unlilirodi Terragnisugli usi della biologia Federico Pedrocchi Tempo fa, in un ristorante indiano, mi è capitato di ordinare un pesce bollito. Ero con amici che quella sera desideravano cibi esotici, mentre io avrei preferito pasta e ceci. Una piacevole compagnia vale certo qualche sacrificio culinario. Tuttavia, leggendo sul menù la propostadel pesce bollito, mi sembrò risolto anche quel pur minimo disagio. Fui colto dai primi sospetti quando, dopo circa tre quarti d'ora, della mia ordinazione non si vedevano ancora gli effetti. La situazione precipitò allo scoccare di un'ora esatta. Sulla tavola venne depositata una ciambella del diametro di circa 25 centimetri, color giallo limonata. Al tocco della forchetta risultava di massa assolutamente omogenea, con consistenza paragonabile a quella di una polenta. Verùamo al gusto: in una atmosfera rarefatta di limone e uova emergeva l'indiscutibile sensazione di masticare una salviettina profumata della linea Denim, il profumo del-· l'uomo che non deve chiedere mai (soprattutto il pesce bollito in un ristorante indiano). La cucina indiana è più che gradevole, ma quella ricetta per il pesce deve essere stata introdotta da un cuoco alcolista inglese sposato con un'indiana amareggiata dal non essere stata lei, con le sue marù, a uccidere Gandhi. Non so se Fabio Terragni ne abbia consapevolezza, ma una delle sensaziorù che si ricavano dal suo libro, Il codice ma,wmesso. lrigegneria genetica: storia e problemi (Feltrinelli, pp. 226, L. 28.000), èchel'insiemedelleconoscenze acquisite nel campo delle biotecnologie sia in grado già oggi-e siamo agli inizi, di fat'. to - di produrre fragole da un chilo che sanno di pollo piuttosto che bambini dalle ossa molli, così si piegano e si mettono in valigia quando la numerosa famiglia parte per le vacanze. Leggiamo da tempo, è vero, notizié allarmanti su questa che è una delle due facce della biologia contemporanea - perché l'altro volto rimanda, come sappiamo, a immagini ben diverse: la più che probabile sconfitta dell' Aids in pochi anni, la possibilità di curare i più gravi di-· fetti genetici; ma produce emoziorù diverse assistere a una rappresentazione che avviene in 200 pagine compatte e nella quale ali' effetto per concentrazione di notizie già note (e.altre decis31:11entemeno), si aggiunge la descrizione attenta dei meccarùsmi e dei processi in atto. Il pubblico, insomma, dovrebbe assistere alla commedia e alle prove per metterla in scena: questo è il teatro, infatti. È certamente significativo, quindi, apprendere che la percentuale di investimenti industriali nel campo della ricerca fondamentale in biotecnologia è sensibilménte superiore a quella di altri comparti scientifici. Ovvero: non 18 si ha disporùbilità di fondi ingenti solo dal momento in cui si intravvedono concrete applicazioni, perché già la ricerca teorica viene investita dalle pressioni del mondo imprenditoriale provocando quello che Terragni giustamente definisce "uno spostamento nella percezione del lavoro scientifico da parte dei ricercatori". Una delle conseguenze più gravi, ad esempio, è la "notevole distorsione della tradizionale libertà di circolazione delle informazìoni scientifiche" come effetto di un ovvio clima di crescente segretezza, se già da subito, già dalla formulazione di un' ipotesi teorica, inizia la corsa verso il brevetto. Assistiamo in generale, da un paio di decenni almeno, a una perdita progressiva di visibilità globale nel lavoro scientifico. È il fenomeno ben noto della specializzazione verticale della ricerca'; noto nelle sue modalità ma ancora ben poco indagato nei suoi probabili effetti, sia teorici che pratici. Quelli teorici, ad esempio: nelle recenti vicende connesse alla fusione "fredda" non sorprende più di tanto che questa si aggiunga alla sua collega "calda" dopo quarant'anni di ricerche e macchinorù, così affermando che nell'Urùverso sono possibili due tipi, e non solo uno, di fusioni termonucleaA sinistra: il replicante di Biade Runner (R. Scotl, 1982). ri. Stupisce, invece, che l'esperimento del professor Scaramuzzi del centro ricerche di Frascati si possa eseguire in poco più di un pomeriggio, e che di fusione fredda alcurù temerari abbiano tentato di parlare fin dalla metà degli anni Trenta. Orbene: una mezza giornata non si poteva trovare? In ambito biologico, alle potenzialità benefiche di un corretto sviluppo teorico si affiancano le possibilità devastanti di una scienza più rivolta all'artificiale che al naturale. È un lusso, un esercizio di arrogànza completamente fuori luogo se si tiene presente l'evidente immensità dei fenomerù del tutto ignoti che ancora ci attendono lungo il tragitto, probabilmente infinito, di una comprensione del reale. "Non tutto quello che è possibile è lecito o giusto", scrive dunque Terragrù nel suo libro, per affermare l'indiscutibile esigenza che alle scienze biologiche si affianchi la bioetica. Le "scienze" bioetiche, direi; perché gli effetti di questo impegno culturale non si avrebbero solo nel produrre garanzie per un rapporto corretto con l'ambiente e le specie viventi-e questo è certamente l'obiettivo principale-; se ne possono ricavare, infatti, anche proficue indicazioni su come produrre teoria e modelli del reale. Ne Il codice ma,wmesso, quindi, troviamo queste affermazioni di fondo che, a guardar bene, sono ben rappresentate nel titolo: c'è un codice di enorme complessità che regge gli eventi naturali, e comprenderlo non può significare alterarlo. . · C'è un altro aspetto del lavoro di Terragni che va sottolineato. Il codice ma,wmesso è un testo che traccia ben chiara uria scelta di impegno culturale ma non è solo questo; è anche un libro di buona divulgazione sulla biolog~a e le biotecnologie in particolare. Forse un po' troppo compatto; qualche pagina in più-non so se la scelta nasca in sede editoriale o dipenda dal- !' autore - avrebbe reso più cflìcacc uno sforzo di sintesi divulgativa già ragguardevole. Ma l'aspetto interessante di cui dicevo poco fa è il seguente: non è un libro facile, tuttavia è efficacemente praticabile. Fra chi sostiene che non esista la possibilità di fare buona divulgazione scientifica perché comunque si finisce per essere troppo imprecisi, e chi sostiene che tutto è esprimibile con le parole dì tutti i giorni, vi è una efficace tesi intermedia che afferma: per ottenere un buon risultato si può anche di fatto invitare allo "studio" di un libro di~ulgativo. Mi sembra che a questo invito rimandi il lavoro di Terragni. Leggetelo, ad esempio, tenendovi vicino carta e penna (della quale potrete anche succhiarvi, ogrù tanto, il cappuccio; senza sorprendervi che sia al gusto di avocado. O di cozze;,dipende dalla biocartoleria presso cui vi fomite).

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