IL CONTIESTO dizioni che sembravano escludersi e che, invece, sembrano richiamarsi come complementari. A Natale un amico mi ha inviato - dono graditissimo - una poesia di GiorgioCaproni che, secondome, esprime inmodo ineguagliabile questa situazione. Anche il titolo è significativo: Generalizzando: "Tutti riceviamo un dono. /Poi, non ricordiamopiù / né da chi né che sia./ Soltanto, ne conserviamo/ - pungente e senza condono-/ la spintt della nostalgia". La rottura Avanzare su questo terreno significa riflettere su quello spazio comune - che ho chiamato "laicità" - che il moderno, dissolvendo una tradizione, ha creato. Se, con Koselleck, vogliamo caratterizzare il moderno con la denaturalizzazione dellametafora della crescita e la temporalizzazione della storia, oggi in cui gli esiti di questi processi sono visibili, è proprio con questa "denaturalizzazione" e "temporalizzazione" che siamo chiamati a fare i conti. La rottura del tempo storico, su cui era fondata la concezione del progressomoderno, ha rivelato l'incapacità dell'uomo di farsi carico del presente. Lo spostamento dell'onnipotenza divina sull'umanità ha dato origine a qqelle aporie che quotidianamente esperimentiamo: asimmetria fra l'intenzione di salvezzae la sua realizzazione, con conseguente fuga dal presente al futuro e crisi dei sistemi totalizzanti con rischio di caduta in una frammentazione totale. Il dominio sulla natura sta infine rivelandosi come pericolo costante di distruzione di tutta l'umanità. Qui si misura in tutte le sue conseguenze la gravità e novità della situazionepresente a cui non si risponde evidentemente con un "pensiero debole" - che non è che il segno della resa alla situazione - ma veramente ricercandopunti "forti" (che non sono uguali a certezze, baluardi, ecc.) che sono veramente tali quanto più sonocomuni. Se si vuol superare la discrasia semprepiù aperta fra esistenza e progetto, rimettere in piedi quell'uomo che credutosi motore assoluto del progresso oggi ne è totalmente in balia, occorre ritrovare sentieri in cui l'elemento problematico dellepersone, la loro unicità abbia unnuovo spazio, unarinnovataattenzione. Nessun appiattimento dell'evento del venire quotidianamente alla vita, dell'essere chiamati a nuovi compiti, della non integrabilitàdel soggetto umano. C'è una dimensione "altra" che resta sempre problematica, mai totalmente componibile e che si pone perciò come limite a qualsiasi tipodi totalizzazione.Su questomargine irriducibile, forse più grandedi quanto noipensiamo, si deve oggi operare nella linea di quei movimenti, oggi sempre più numerosi (e la cui novità è data anche dalla comune presenza dei così detti credenti e laici) che cercano, se non altro, di "resistere" contro il conformismo dominante. Realtà e Ultimità · Non si può parlare di Dio senza parlare dell'uomo e del mondo, pur coscienti della abissale distanza qualitativa che li separa. Ma per far ciò ci si deve porre là dove la crisi è sofferta, cosciente, e si cerca di far nascere un rapporto nuovo fra uomo e uomo, fra uomo e mondo. Oggi non è tanto l'antitesi fra fede-ateismo che sta al centro dell'attenzione dei credenti, quantoquella fra fede e idolatria,una antitesi che tocca il credente quanto l'ateo. Ed è per questoche l'opera di "liberare i prigionieri" - per esprimermi con le parole del primo discorso di Gesù di Nazareth - è quella più urgente e foriera di un linguaggio nuovo. La fede, rettamente intesa, ha per oggetto il mondo. Ogni discorso sullo stesso Dio, sull'al di là, sull'escatologia non inteso a far apparire l'uomo e il mondo per quello che sono, è pura alienazione. Ciò non significa che il rapporto con Dio interessi solo 16 in quanto svela l'uomo. Oggetto della fede è solo Dio; ma la fede riguarda l'uomo reale, storico, concreto. Qui siamodi fronte alla trasformazionedella stessa concezione dell'Ultimità. La posizione classicadell'Occidente, oggi ripresa da molti teologi, è cosciente dell'ineffabilità di Dio, della sua inconoscibilità, del riduzionismo di qualsiasi determinazione. Oggi si è giunti alle stesse conclusioni anche riguar-00all'uomo, quando si dice che si è sempre parlato dell'ente e non dell'essere. Tutto questo è sempre stato interno a una ontologizzazione di Dio e divinizzazionedell'essere. È il cammino dell'Occidente. Il problema diventa allora quello della possibilità di sdivinizzare l'essere e deontologizzare Dio senza, se così si può dire, che l'uno e l'altro soffrano qualcosa. Non è qui il posto per continuare questo discorso, che tuttavia è centrale non solo per i cristiani, ma anche per i laici. Se non si trova infatti un'altra via si ritorna o ali 'identificazione fra ontologia e teologiae al nichilismò. Bisogna superare il trascendentalismo, senzaperdere la fede inDio; bisogna superare l'ateismo, senza cadere nella religione. È per questo che Bonhoeffer parla di cristianesimo areligioso e oggi si parla anche di ateismo reiigioso.Ma qualunque sia la soluzione, si apre uno spazio comune per tutti coloro che coscienti dell'alienazione dell'autonomia e della soggettività dell'uomo propria del moderno e dcli' alienazione del religioso che si affida a una obiettivizzazione di Dio, cercano strade nuove. Una concezionecm:rettadell' eschaton cristiano potrebbeaiutare.L'escatologia è infatti antitetica alla storia: è la sua crisi.Essa non è l'attesa di una fine imminente (qui siamo piuttosto nel campo dell'apocalittica), quantounrapporto con la storiadell' uomo di colui che è percepito come la fine e l'inizio di ogni storia. Un rapporto che è quindi necessariamente temporale -1 'escatologia è vicinanza e lontananza di Dio - e che fonda nell'uomo una stigma che gli appartiene costitutivamente. Per il credente questo stigma, pur non rivelando il mistero dell'essenza di Dio, è il segno dell'operare di Dio fra gli uomini. Per questo,'come osserva S. Paolo, il cristiano anche se minacciato non si sente distrutto, anche seperplesso sa di nonessere abbandonato.Ma questa situazionestoricizzandosi diventaper tutti riconoscimentodi quell'irriducibilità dell'uomo a cui sopra si è accennato. Beati pauperes spirito Commentando questa beatitudine, Meister Eckhart scrive: "Finché avete la volontà di compiere il volere di Dio, e avete il desiderio dell'eternità e di Dio, voi non siete davvero poveri( ...). Ora diciamo che Dio, in quanto è Dio, non è il più alto fine della creatura. Infatti anche la più piccola creatura in Dio ha una altrettanto alta dignità. E.se avvenisse che una mosca avesse intelletto, e potesse ricercareper mezzodi esso l'eterno abissodell'essere divinodal quale è venuta, alloradovremmo dire che Dio,con tutto ciò che è in quanto Dio, non potrebbe dare a questa mosca questo compimentoe soddisfazione. Perciò preghiamoDio di diventare liberidaDio, e di concepire e godere eternamente la verità là dove l'angelo più alto e la mosca e l'anima sono uguali, là dove stavo e volevo quello che ero, ed ero quello che volevo". Qui la mistica cristiana raggiunge in qualche modo la riflessione buddista per la quale si deve rinunciare al desiderio e alla volontà perché sono sempre volontà di potenza. Ciò che si vuole diventa oggetto che non può essere mai la salvezza dell'uomo. Perciò alla domanda non c'è risposta perché il punto di partenza è sempre errato; detto in altro modo: è sempre religioso. Viene chiesto praticamenteali' uomodi smetteredi giocare un ruoloche non gli spetta e di cui non è capace: il ruolo di Dio. Questo ritorno dell'attenzione alla mistica, se non si riduce,
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