Linea d'ombra - anno VII - n. 38 - maggio 1989

guardarono partire, il vecchio pazzo, il petto attraversato dalla correggia del suo schioppo vetusto, il vestito di Fatumata annodato alla vita, e quelli .che non ridevano alzavano le spalle. Si mette in cammino verso Nord, e i suoi piedi induriti, abituati alla pista, evitano le pietre affilate, i pezzi di vecchio metallo sparsi attorno a due o tre relitti di automobili accuratamente pulite come uno scheletro nel deserto. Giunta la notte, fa una sosta vicino all'antico villaggio di cui non sopravvive altro che il tracciato delle capanne. Gli hanno raccontato tante di quelle volte il rumore di tempesta dei cannoni, che non riesce più a capire se le sue orecchie di due anni l'hanno udilo davvero. La guerra a quel tempo mangiava gli uomini a milioni, laggiù, in un paese chiamato Champagne. Lo sguardo di chi ritornava incolume, ancora con due gambe e due braccia, era come svuotalo dalla morte. Bukara, suo padre, i suoi zii Bakary e Marakala, i padri e gli zii di tutti i villaggi fulani, bambara, dogon, si erano rifiutali di perpetuare il martirio degli antenati deportati in America, nei Caraibi. Si erano lanciati all 'assallo delle mitragliatrici del comandante Caillet brandendo lance, pugnali, fucili di fortuna. Dopo la battaglia il Francese peIJiliSealle donne e ai vecchi di seppellire i cadaveri che ricoprivano la collina. Restituirono i corpi alla terra mentre l'artiglieria faceva andare in frantumi le vecchie muraglie. Cemogò viene destato molto presto da un volo di aironi. Si diverte a spianargli contro il fucile e il legno arrotondalo del calcio ritrova il suo posto antico nel cavo del!' ascella. Riprende il cammino con lo stesso passo regolare del giorno prima e incrocia la pista di In-Tellit. Si ferma al pozzo del villaggio per riempire la borraccia. Un camionista sdraiato all'ombra del suo enorme Berliet giallo gli rivolge la parola. - Se vai a Gao, nonno, è il tuo giorno fortunato. Parto tra un'ora, il tempo di far tirare il fiato al motore... · Cemogò non risponde e lascia la pista deviando verso Est. Gli ci vorranno tre giorni di cammino solitario per raggiungere la prateria di Ansongo. Là, sotto le palme, si erano rifugiati i sopravvissuti del massacro di N'Dako, quando i francesi diedero il permesso di costruire un nuovo villaggio. Sua madre lavorava nei campi di sorgo e, quando i campi non richiedevano le sue braccia, cucinava per gli uomini che costruivano la strada, insieme alle altre donne. Il capo·di circoscrizione e i sorveglianti dei campi di sorgo non tormentavano troppo i contadini. I bianchi, da parte loro, si mostravano soltanto al momento della raccolta. Nel giugno 1936 Cemogò s'era sposato con Fatumata. Mezzo secolo più tardi gli bastava portare alle labbra queste quattro ·sillabe perché il fantasma del suo amore si levasse davanti a lui con gli occhi del c:ielo,i capelli del fiume, la lingua del sole, i seni dell'Hombori. Si era sdraiato sul ventre della donna e non si era mosso per tre mesi d'eternità, fino al giorno in cui lutti gli uomini validi furono riuniti sulla piazza. Un Bianco, seduto a un tavolo, gridava uno per volta i nomi scritti su una lista e li faceva seguire dalla parola "Esercito" o dalla parola "Riserva". Cemogò s'era trovato nella fila di sinistra, quella che raggruppa va i "Riserva". Avevano camminato in fila, per più d'un mese, da Ansongo a Mopti, carichi come bestie di bidoni d'acqua, di miglio, di pesce essiccato, abbandonando i morti ai lati della pista. A Mopti, STORIE/DAENINCKX nella regione delle paludi, s'imbarcarono su piroghe che li condussero a Jamarabugu. Giunti al campo si unirono a centinaia d'altri "secondo gruppo" e furono ammassati in capanne ricoperte di paglia, disposte a semicerchio davanti alla costruzione dei guardiani. Il giorno dopo, prima dell'alba, i sorveglianti li vestirono da "soldati della Riserva", pantaloni di tela, una maglia, un berretto, poi li condussero al cantiere del ponte sulla riva del fiume. Dei proiettori illuminavai,o cinque piloni in muratura sui quali si agitavano decine di uomini. Diedero il cambio alla squadra di notte. In meno di un'ora ognuno sapeva che cosa avrebbe dovuto fare durante i tre anni di servizio: picconare in silenzio evitando il bastone dei sorveglianti, gli smottamenti del terreno e i fili elettrici mortali posti ad altezza d'uomo. Un terzo dei mobilitati di Ansongo morì prima della fine del primo inverno, il ventre gonfio di miglio mal macinato e di pesce infestato dagli insetti. Cemogò si ferì volontariamente a un braccio e approfittò d' una settimana di inazione per riprendere un po' di forze. Disertò il mattino in cui lo riportavano a lavorare e raggiunse Ansongo, dopo sei mesi di cammino attraverso il territorio Mossi, per venire a sapere delle morti di F;itumata e della minuscola bambina che sua moglie voleva mettere al mondo. Il vestito rosso di Fatumata non abbandonò più Cemogò per vent'anni. Lo portava sotto la tunica dentro un sacco legato alla vita. Il giorno dell'Indipendenza lo sotterrò arrotolato intorno al suo fucile di uomo libero, vicino alle radici del tamarindo. Cemogò s'è fermato davanti alla pista di Gao, vicino a un cartello inclinato che annuncia Gargouna a 28 chilometri. Si sdraia sulla sabbia, con il fucile appoggiato al corpo, e s'addormenta. Il ronzio, più debole tuttavia di quello d'una vespa, lo risveglia mentre il sole nascosto dietro la terra sta già colorando il paesaggio. Cemogò si alza e si pianta in mezzo alla strada. Un punto ali' inizio, poi la moto s'ingrandisce all'orizzonte. Dietro, il sole si alza nel cielo, aureolando d'oro la sagoma in movimento e la sua scia di polvere. Cemogò lascia che si avvicini e non appena riesce a leggere le parole scritte sul casco, sul ventre, sulle cosce, sulle braccia del motociclista, si sistema il fucile sulla spalla, prende la mira. L 'occhio destro incollato all'acciaio decifra le lettere di "V.S.D.", "Banania", "Banque Rivaud", "Unilever", "Total" ... La detonazione copre la vibrazione elettrica del clacson. La moto si mette a zigzagare e finisce per rovesciarsi sfregando sul terreno, vicino al cartello di Gorgouna. Cemogò s'inginocchia a fianco del cadavere. Una macchia di sangue si allarga sulla tuta del morto, oscurando i nomi degli sponsor. Posa il fucile e afferra con lemani i bordi del casco. Chi ude gli occhi pensando a suo padre Bukara, aFatumata, agli zii Bak~ e Marakala, a tutti quelli che non sono mai più tornati da Jamarabugu. Con un gesto brusco strappa l'elmo di plastica ... Ha appena ucciso il primo capo équipe africano della ParigiDakhar. Dal volumeParis-Dakhar Autres nouvelles. _13écrivains réunis par Bernard Magnier, Souffles, Paris 1987. Copyright Souffles. 79

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