TRAGICO È COMICO Incontro con Emilio ladini a cura di Gianni Turchetta Emilio Tadini è molto noto comepittore, esponente di un'arte in qualche modo ancora figurativa, legata alla metafisica dechirichiana, ma anche dominata dal senso del grottesco e da una forte esigenza di dinamizzare gli oggetti rappresentati (un critico haparlato di "metafisica-surreal-popolare" ). ~ a Tadini è anche uno degli scrittori italiani più notevoli degli ultimi anni, non ancora conosciuto come meriterebbe. Lo vado a trovare nel suo studio, dove parliamo davanti a un grande quadro in lavorazione, che occupa tutta una parete. Tu sei un caso raro di autore chepratica più di un'arte ad un livello molto alto: qual è per te il rapportofra pittura e letteratura? Per molti anni ho fatto fatica a rintracciare un rapporto fra lo scrivere e il dipingere, anche perché nella pratica erano così diversi. La pittura la fai anche con le mani, col corpo, e questo è un vantaggio, perché se passi una giornata a non combinare niente di buono dipingendo, almeno ti sei stancato, e alla sera ti pare di aver fatto la tua parte. Invece se passi una giornata a non combinare niente scrivendo hai l'impressione di essere rimasto in una completa inazione, e non sei affatto contento, perché è stanca solo la testa, che non sembra autorizzata a ritenere la propria stanchezza un prezzo buono. Probabilmente i rapporti fra quadri e libri non sono tanto nelle storie che racconto, perché anche i miei quadri hanno delle storie dentro, dei personaggi, quanto in un certo uso dello spazio. Nei quadri cerco sempre di sbilanciare, di non occupare lo spazio in modo simmetrico, organizzato, secondo uno schema evidente, e di comporre un tutto con dei frammenti. Così nello scrivere cerco di raccontare con dei salti di tempo e di sintassi, componendo con dei frammenti piuttosto che inserendo le , cose in una struttura determinata. Negli ultimi anni però ci sono dei legami più diretti, per esempio ii tema del profugo, personaggio emblematico, perché mi sembra che chi deve lasciare tutto, sbaraccare, andar via, sia una metafora diretta della condizione culturale, e non solo culturale, che viviamo. Il profugo da un lato vive l'amarezza e il dolore di lasciare un universo sicuro, dei riferimenti, e dall'altro vive quasi una rinascita. Porta in sé la fine e il rinnovamento, perché ha contemporaneamente il dolore alle spalle e la speranza, chiamiamola così, davanti, va in un luogo che non conosce e nel quale dovrà cercare di ricostituire tutto. J>I:oprio il quadro che vedi in fondo allo studio è il primo trittico di una mostra che s'intitolerà appunto Profughi. Questo tema è anche il soggetto di un testo teatrale che sto scrivendo: ci sono due coniugi che stanno traslocando per ragioni non chiare e minacciose, forse per una persecuzione. Guardano e commentano dei film girati da loro, e che però gli spettatori non vedono. Un simile legame fra pittura e scrittura c'è anche nella serie di quadri Città italiane. Non mi interessavano tanto le "città italiane" nella loro concretezza, quanto il tentativo di ricostituire una struttura centrale da cui si ricavasse "un senso": la città, sì, è un luogo di emarginazione tremenda, ma è anche oggi una delle poche strutture costruite dall'uomo che diano ancora "un senso". Si ha l'impressione che, mentre la letteratura conserva un rapporto con unpubblico, i valori dell'arte contemporanea, erede delle avanguardie storiche, siano ormai indecifrabili per il 70 Emilio Todini (arch. Studio Marconi). profano, e totalmente dipendenti dalle decisioni di pochi critici. Credi che esistano ancora dei criteri per orientarsi nel magma della produzione artistica? Oggi c'è un meccanismo fortissimo che determina il valore estetico ed economico delle opere, in cui hanno un peso decisivo critici che non sono più soltanto recensori di una mostra (non lo sono quasi più i critici che contano) ma sono contemporaneamente grandi funzionari di grandi istituzioni, musei o centri d'arte. In molti casi sono collezionisti, che hanno un potere vero perché sono in grado di determinare la caduta o l'ascesa del valore e dei prezzi di un artista, buttando sul mercato e nelle aste o ritirando certe opere. Poi ci sono appunto le grandi case di aste, un fenomeno abbastanza nuovo, perché mentre una persona prima andava in una galleria d'arte e, nel silenzio del suo rapporto col mercante d'arte, comprava i quadri che gli piacevano e poi ne faceva quel che voleva, e quasi nessuno lo sapeva eccetto un piccolo ambiente, adesso l'acquisto di un'opera d'arte è diventato un fatto di prestigio, addirittura usato dalle grandi corporazioni come strumento di pubblicità: pensa ali 'acquisto del Van Gogh da parte di una
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