Linea d'ombra - anno VII - n. 38 - maggio 1989

Due sguardi non neutrali Luigi Manconi Per una volta, l'ingresso di un movimento - parlò di quello verde -nella sfera istituzionale non ne ha determinato la crisi e tantomeno il declino. Anzi: i verdi continuano a frequentare le urne elettorali e a trovarvi consensi crescenti e créscente legittimazione. Il caso più recente è quello delle elezioni in Trentino SudTirolo: qui si è visto come le sfide più "audaci" sembrano le più congeniali a queste formazioni: qui - dove vige un sistema che evoca l' apartheid - la prova elettorale hainisurato l'apprezzamento dei cittadini verso valori come la convivenza e lo scambio culturale, la solidarìetà interetnica, il rapporto collettività-ambientetradizione. ·Valori "immateriali", di difficile quantificazione e negoziazione, si traducono in un programma capace di conseguire successo nella competizione elettorale maggiormente focalizzata, in apparenza, su poste in gioco le più concrete e tangibili (impieghi, disponibilità di servizi, risorse economiche). È il segno del singolare paradosso dell'ambientalismo: il fatto, cioè, di richiamare idee e opzio- • ni estreme e radicali (la sopravvivenza, i limiti dello sviluppo, l'equilibrio tra le specie e lanatura ...) e il volerle-doverle- "trattare" dentro la gabbia ~- gusta della politica, con le sue regole, i suoi apparati, le sue compatibilità. Due libri recenti affrontano proprio questa dimensione, pragmatica e ruvida, della politica verde. Entrambi portano il !lledesimo sottotitolo: Il movimento ecologista in Italia. Il primo, a cura di Roberto Biorcio e Giovanni Lodi (La sfida verde, Liviana Editrice 1988, lire 20.000)prende inconsiderazione l'aspetto organizzativo· della politica ambientalista, con particolare attenzione per la storia, le strutture, le forme di azione di alcune associazioni nazionali; quindi, un caso concreto di sviluppo della militanza verde (Milano); e, infine, l'analisi - per la prima volta condotta con una certa sistemac ticità - dei risultati elettorali delle liste ambientaliste. Ilsecondovolume;/solenell' arcipelago, di Mario Diani (Il Mulino 1988, lire 30.000), disegna l'intera mappa dell' ambientalismo italiano, analizzando in particolare tutti gli elementi di novità e originalità - rispetto alle forme tradizionali di azione e organizzazione politiche, e anche rispetto alle esperienze tedesca e inglese - che il movimento verde rivela. E questo mi sembra anche il punto essenziale (e unificante) di questi due libri: in essi si parla di soggetti nuovi e di temi originali, utilizzando strumenti di descrizione e di "misurazione" sociale non convenzionali. I riferimenti utilizzati, la letteratura scientifica citata, ma anche lo stesso punto di vista con cui si affrontano e - ancor prima - "si guardano" i fenomeni in questione, sono, volenti o nolenti (qui, direi, volenti) diversi; diversi, innan- · zitutto, dall'apparato classico dell'analisi politico-partitica. E c'è un motivo: i fenomeni di cui si parla, per un verso, sono relativamente recenti e, per altro verso, vivono una esistenza in larga parte sommersa, sotterrane;i., latente. Lo scienziato· sociale che voglia indagarli deve essere paziente e curioso, un po' palombaro e un po' certosino. Per coltivare queste doti è necessario - anche se la cosa può scandalizzare i puristi - metterci un po' di passione e, addirittura!, di partecipazione. I due volumi in questione rivelano che lo sguardo degli autori non è neutrale né asettico rispetto alle tematiche ambientalistiche e alle peripezie dei movimenti che vi si ispirano. Ma non mi riesce assolutamente di considerarla una colpa. IL CONTESTO liùca-del nostropaese.) Ame sembrache tra le due sproporzioni - quella esterna, "sociale" e più drammaùca tra il disastroe i mezzi per combatterlo,e quella internaal movimentoverde-ci sia una forterelazione.E che in realtà laconfigurazionechehaassunto il movimentoverde in Italia e gran parte dei suoi limiù dipendono dalle condizioni in cui opera: un paese che in nome di una miseria ancora ritenuta troppo poco lontana nel tempo e nello spazio, pretende di conciliare all'infinito ecologia e consumi, senza scelte né rinunce. Forse questo è un dato caratteristicodell'intera ideologiaoccidentale e sta dietro le lacrime di coccodrillo per l'Amazzonia, le balene, l'Alaska e via dicendo. Ma sicuramente se c'è oggi un'Ideologia Italiana, di questo essa è fatta: di molta paura per l'ambiente e insieme di un autenùco, ossessivo invasamento consumista. La rinuncia a una battaglia in questa direzione ha indebolito la radicalità del movimènto verde. E il fatto che un movimento verde minimamente diffuso e organizzato sia nato in Italia solo dopo la sconfittadella sinistra -e anzi si sia sviluppato anchecome segnale e approdo di una fuga dalla sinistra - ha contribuito non a esaltare ma a isolare le tematicheecologiste in un modo chenonèaccadutoaltrove(nelmovimentotedesco,peresempio). A suggerirequesteconsiderazioni c'è anche unepisodiodiattualitàpoliùca: latenaceresistenzaoppostadall'apparato verdeai tentaùvi di allargare le liste ecologiste in una direzione più apertamente e complessivamente"alternativa" (la parola è screditata ma non ce n'è di migliori). Non so se peri lettori di "Linea d'ombra" si deve riassumerela quesùone - del resto tutt'altro chedefinita, al momento in cui scrivo. Quello che pjù impressionasono le moùvazioni davvero desolanti e sconcertanù con cui le figure più autorevoli del movimento e soprattutto del gruppoparlamentare respingono le proposte di rifondazione delle liste.Da un lato - quello, diciamo così, meno nobile - viene evocato lo spettro di un gigantesco riciclaggio di esperienze poliùche fallite (i radicali, gli extraparlamentari, i vari estremismi di sinistra). Ora, che qualcheex extraparlamentareattualmentedeputatoverde paventi il sopraggiungere (la concorrenza?}di altri ex extraparlamentaripuòsembrare solounesito-divertente o penosodella ex sinistraex extraparlamentare.Mapoi non è il riciclaggio una parola chiave dell'azione ambientalista?O forse quelli poliùci sono gli unici rifiuti non riciclabili? C'è poco da scherzare, naturalmente.Perché nella capacità di rimescolare senzapregjudizi storie ed esperienze, collocazionie scelte ideologichesi gioca la vitalità del movimento verdee delle sue liste. Apartire dal rimescolamento(e sì, riciclaggio)magari piccolo che le "liste arcobaleno" determinerebbero. D'altro lato-ed è l'aspetto più importantee piùpreoccupante - viene continuamente agitata la necessità di non indebolire l'idenùtà verde, la centralità della tematica ambientale. È un timore manifestamente infondato, se persino il congresso di quello che un tempoera o si chiamava il "partitooperaio" metteormai laquestionedel lavoro-ossia la "centralitàoperaia" chenelmovimento verde italiano è vista come l'avversario che contende la leadership della"centralità ambientale" -all'undicesimo posto, come lamenta il Molotov di Staino. Se ce ne fosse bisogno,proprio il congresso del Pci ha mostrato come la centralità ambientale nonè più un'esclusiva del movimentoe delle liste verdie non può più dunque funzionare come unico, esaustivo elemento di identità. Anchedal punto di vista elettorale, è probabile chei verdi perderannoprima o poi quella sortadi rendita di posizionederivante dal fatto che sono statj gli unici, per molti anni, a mettere l'ecologia al primo posto. La parte organizzata del movimento verde se111brraeagire mostrando di aver rapidamente contratto tutti i vizi della Politica: leaderismi, gelosie, ambiguità e tra5

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