Linea d'ombra - anno VII - n. 38 - maggio 1989

stati-ancora-ammazzati'?" Nella risposta a quest'ultima domanda mi pare stia il nerbo dell'argomentazione: l'alternativa "minaccia atomica o totalitarismo" è una menzogna, perché "totalitaria è la minaccia atomica stessa". L'alternati va degli avversari, dunque, non è tra totalitarismo e libertà (quale libertà?), ma tra un totalitarismo potenziale e un totalitarismo già in atto nel momento stesso in cui si ritiene che l'unica alternativa al totalitarismo sia la catastrofe atomica. Ma non basta, per andare d'accordo, condannare la guerra atomica come il male assoluto. Si può essere d'accordo nella condanna, ma non nell'atteggiamento da tenere dopo la condanna. Qui viene in questione il quarto punto, ove si afferma che, una volta riconosciuto il male supremo, è nostro dovere combatterlo. Ma su che cosa si fonda questo dovere? E verso chi siamo tenuti? Chi pone domande di questo genere è già dall'altra parte. E se l 'annientamento dell'umanità fosse la giusta sanzione di una colpa originaria, non sarebbe nostro dovere accettarla come un'espiazione? Ergersi contro il castigo sarebbe un'empia ed inutile protesta contro un disegno divino. E se questo stesso annientamento fosse la naturale e predeterminata fine di quella corsa verso la distruzione che è la storia dell'uomo, fosse cioè la conseguenza necessaria di una ineluttabile "logica della storia"? Cercare di frenare o di rallentare questa corsa sarebbe atto di presuntuosa stoltezza. E se poi, addirittura, io credessi che il nulla è preferibile ali' essere, perché dovrei contrastare gli artefici, consapevoli o inconsapevoli, della distruzione? Come si vede, si può essere convinti che la catastrofe atomica avverrà e sarà la fine della storia, eppure non dedurne alcuna nuova regola di condotta, commisurata all'enormità deU'evento. Si può restare inerti ad aspettare rassegnati la fine del mondo, come decreto di una provvidenza imperscrutabile o éome logico sviluppo del divenire storico; e persino restare abbagliati dall'abisso, e accettarlo come una risposta alla stupefacente domanda: perché deve esserci l'essere invece del nulla? I profeti del nichilismo sono accontentàti. Non aveva detto Nietzsche, in una delle ultime pagine di Ecce homo: "Io non sono un uomo, sono una dinamite"? E Anders attribuisce allo spirito del mondo, sotto forma di portavoce del nichilismo, queste battute da imbonitore: "Entrino, entrino, signori.( ...) Troveranno qui il Nulla, e non il Nulla sotto spirito, il Nulla come 'relativismo', come 'privazione di senso', come 'nullificazione': tutte queste sono storie, tutta questa è roba di ieri, buona per le alunne delle scuole medie, ma - signori, un'offerta come questa non è mai stata fatta - la cosa stessa, f1 Nulla in sé, il Nulla per adulti: l'annientamento, la distruzione fisica, massiccia, totale, che non lascia nulla che non sia distrutto". I nichilisti sono in un certo senso in una posizion·e diametralmente opposta a quella dei "minimizzatori": questi non credono al nulla; quelli non solo ci credono, ma, dopo averne predicato l 'avvento, lo invocano; e non lo invocano come un sacrificio sull'altare della libertà, come lo psichiatra danese, ma come un destino inevitabile, o come l'espressione di una saggezza metafisica soddisfatta della propria scoperta: in fondo, perché dovrebbe esserci l'essere e non il nulla? Nel Musèo atomico di Nagasaki, Anders si trova di fronte ad una mano fusa col vetro di uria bottiglia. Questa immagine gli suggerisce una definizione del nichilismo. Che cdsa importa alla ghigliottina del giudizio universale la differenSAGGI/BOBBIO za tra una mano e una bottiglia, quando l'una e l'altra sono soltan~ to, allo stesso modo, materiale di distruzione? "Se c'è una definizione profonda del nichilismo, non è che per esso tutto è 'nullo', 'insignificante', ma è che tutto è 'distruggibile', 'annichilabile' al- · lo stesso modo". · Ed ora ammettiamo di aver accettato anche il quarto punto: sappiamo che dobbiamo non già attendere passivamente gli eventi, ma agire. Che cosa dobbiamo fare? Ci sono rimedi efficaci? Quali sono? La risposta è difficile; e anche in questo caso le soluzioni possono essere contrastanti. In una prima e sommaria classificazione si possono distinguere rimedi giuridico-istituzionali e rimedi etico-pedagogici. I primi consistono principalmente nella limitazione progressiva della sovranità nazionale fino alla meta finale della formazione di uno stato universale. Il rigore di questo ragionamento è ineccepibile: la guerra è stata finora il mezzo normale per la risoluzione dei conflitti fra enti sovrani, che non rkonoscono né legislatori né giudici superiori; o, in altre parole, la causa ultima delle guerre (non dei conflitti, si badi) 'è unicamente la sovranità assoluta o la debolezza:del diritto internazionale. Dunque: l'unico modo per abolire definitivamente le guerre è la soppressione degli stati, la formazione di un unico stato, giacché in seno allo stato il ricorso alla forza (guerra civile) perrisolvere i conflitti è la solu_zionenon normale, ma eccezionale. Anders non esclude il valore del rimedio istituzionale: riconosce che chi esige il controllo atomico deve esigere anche una limitazione della sovranità. Ma,'nel Diario, insiste principalmente sull'aspetto morale della questione. Egli ha partecipato al Congresso internazionale contro le armi atomiche e nucleari e per il disarmo, tenutosi a Tokyo nel 1958, appunto-per proporre un codice morale dell'era atomica, che enunci nuovi doveri da considerarsi come assolutamente vincolanti. L'idea che sta alla base di questa proposta è che ad una situazione completamente nuova, qual è quella che mette l'umanità per la prima volta di fronte al proprio annientamento come evento possibile, occorrono, prima ancora che nuove istituzioni, Ùna nuova morale, la creazione di nuovi doveri in una dimensione più ampia che co.mprenda contemporaneamente e indissolubilmente tutti gli uomini presenti e futuri. Questa riforma della morale è in un certo senso precedente alla riforma giuridica che ne sarà condizionata: "Il compito a cui ci troviamo continuamente di fronte (...) non è di quelli che si lasciano risolvere con misure puramente politiche (e tanto meno con mezzi puramente tecnici). Le misure da prendere appartengono a un'altra classe( ...) Ciò significa che la trasformazione dell'uomo dovrà essere una trasformazione della sua morale". Si potrà obiettare che si tratta di un rimedio estremamente inefficace. Lo stesso Anders se ne rende conto, e risponde che ciononostante non si deve rinunciare a proporlo: è questo un aspetto del!' eterno contrasto fra moralità e legalità (in termini kantiani). La speranza è che la coscienza di trovarsi di fronte a un tabù assoluto getti radici così profonde in tutti gli uomini che "chiunque prenda in esame la possibilità"di servirsi di questi mezzi (le armi atomiche) per i suoi fini politici si trovi subito di fronte all'indignazione del!'umanità intera". L 'Ìùtro rimedio, quello istituzionale, è certamente più efficace, ma è terribilmente inattuale: è un rimedio a lunga scadenza (tanto lunga da esserne assolutamente imprevedibile l'attuazione) per un pericolo 39

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