Linea d'ombra - anno VII - n. 38 - maggio 1989

IL CONTESTO Due foto berlinesi di Kemal Kurt. nella traduzione tedesca prodotta con l'aiuto di colleghi della NuovaSocietàl..etteraria(NGL)diBerlino. Nel centro culturale "Fabrik Osloer Strasse" il gruppo ha organizzato numerosi incontri in cui gli autori leggono personalmente i loro testi creando con il pubblico un approccio stimolante e una nuova coesione umana e creativa con scritti, poesie e molteplici esperienze da comunicare. Mettendo a nudo insicurezze, paure e rivelando la necessità di contatti e di spazi favorevoli si è sviluppato al loro interno e intorno a essi un dibattito che li impegna in una costante e dinamica riflessione sul rapporto col mondo circo•stante e sull'importanza del sapersi riconoscere anche nei momenti di realtà che, come quella berlinese, si presentano sì angosciosi e inquietanti ma in qualche modo singolarmente affascinanti. Deborah Fabrend, un'americana, vi trova il disorientamento, si scontra con una massa scollegata, con eventi indecifrabili e non ha pace. In questa sorta di delirio si 28 dedica anima e corpo alla scrittura: in questo luogo non può tacere, non può dimenticare, ed è qui che vuole vivere. · Una tedesca occidentale, Hedi Schulitz, venendo a Berlino viene sconvolta dalla scompaginante diversità di stili e volti, ma ne viene poi pian piano avvinta scrivendone. Zebra Cirak, una ragazza turca figlia di emigranti, si proietta oltre l'abisso di due mondi e di due lingue. Essa è libera, non si lascia etichettare come straniera. Vive e scrive con ironica impertinenza e determinatezza. Kemal Kurt, anch'egli turco, vede dispiegarsi qui-lasua profonda umanità e creatività: impegno sociale, fotografia e scrittura di-. ventano la sua vita. Sorgio Villarroel sublima in poesie e racconti l'amarezza di un esule cileno, plasmando e decorando ceramiche stupende sotto il cielo asfaltato di Berlino. E con essi altre voci dal Kenya, dall'India, dal Brasile, dall 'Europa de li 'Est, dal Pakistan, dall 'Italia. Gente che non vuole stringersi in un gruppo per proteggersi, ma vuole incontrarsi, aprirsi, creare una lingua che superi la limitatezza di preconcetti e di stereotipi. Come stranieri hanno sentito vacillare ogni loro certezza, irrigidirsi l'immediatezza dell' espressione. Hanno visto compromesso il rapporto con gli altri e con sè stessi mentre crescevano complessi e disordine mentale. Non si sapeva più come sorridere era stressante anche pensare, e com'era curioso quell'accento e quelle storpiature date al tedesco. Ma è poi solo una caratteristica dell'essere straniero il "parlar male" con la conseguente presunta incomprensibilità? Pare di no se ci scostiamo per un animo dal fatto ovvio diconoscere una lingua e ci soffermiamo ad ascoltare con una punta di ironia il modo di parlare della gente. E qui scopriamo appunto l'originalità dell'esperienza di "Osloer Strasse": un poeta, Carlos Azevedo, durante una delle serate dedicate al gruppo legge i suoi scritti prima in brasiliano epoi in tedesco accompagnato da brani musicali ·per sassofono e pianoforte. StraLETTURE nieri e non sono invogliati a sentire l'importanza delle parole, del loro suono, dei simboli da esse trasmessi e, d'altro canto, proprio quell'accento di cui è intrisa la versione tedesca può indurre orecchie assuefatte a riscoprirne l' essenza, ad assaporarne la musicalità ed a reinventarle dopo averle forse considerate noiosamente immutabili. Berlino dove normalità e paradosso sembrano davvero essere in un continuo altalenarsi provoca dunque in molti lo scatto per liberare energie dimenticate, per scrivere, dipingere, fotografare. Non solo, fa ricomporre queste arti in uno straordinario collage vivente, una danza curiosa e attraente in cui gli ostacoli incontrati per esprimersi inquell'""ostico tedesco" si ripropongono purificati, arricchiti, ravvivati. Queste persone così diverse, così lontane per origini culturali sono capaci di trasmutare barriere e pregiudizi in un sensuale convito di letture di poesie e di racconti, di musiche e di immagini di presenze umane. Classificazioni,narrazioni,confini GoffredoFofi Madri e amanti, ali 'ultimo confine Nella bella collana Astrea della Giunti, due novità molto intriganti. Un romanzo di Karin Reschke, L'inventario di Henriette Voge/, che ricostruisce con molta libertà (ché ben poco se ne sa) la vita di colei che scelse di suicidarsi assieme allo scrittore più grande del romanticismo, Kleist. Ora, la "curiosità" di questi diari inventati, di questo inventario di una vita sta nel fatto che si tratta di una vita molto normale, senza grandi scosse e tragedie, e perfino senza tragedie matrimoniali. Ne deriva perfino un po' di noia, nella prima abbondante parte del romanzo, finché l'arrivo di Kleist non fa darivelatore, da diapason di una tensione più metafisica (la più negata di tutte alle donne di allora, e non solo di allora) che psicologica, e non porge a Henriette la sua mano e la sua strada, e non le rivela la sua vocazione, che è poi la morte. La mia è una lettura maschile e riduttiva, me ne rendo ben conto; ma è questo che mi ha più sorpreso nel romanzo della Reschke: la normalità a confrontomai spiegato, soltanto alluso - con la pulsione della distruzione, "motivata" in Kleist, che normale non volle mai esserlo, "immotivata" in Henriette se non dalla coscienza insostenibile di una normalità inaccettabile. Di qui la scelta di "fuga nella morte". Ma non so se è proprio questo che voleva dire la Reschke, perché il romanzo dice poco e sceglie la "normalità" del diario, accetta il rispetto del mistero. Di Clara Sereni molti hanno letto quel libro molto simpatico che è Casalinghitudine (Einaudi). InManicomio Primavera (il titolo è da un verso di Sylvia Plath) siamo in una dimensione più dura. Non la formazione di una donna italiana negli anni '60-'70, ma la maternità nei suoi aspetti più com-

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