MUSICA Tango,fado e Steve Reich Giacomo Bore/la, Marcello Lorrai Argentino di cognome italiano, Dino Saluzzi suona il bandoneon, strumento come lui di origini europee, ma che nella storia moderna della musica del suo paese è divenuto simbolo del tango. E proprio il rapporto con la musica popolare argentina, nèi suoi differenti aspeui, quella più recente, tanghistica, e quella più antica, sviluppatasi sui rilievi, sta al centro della sua ricerca, e nel suo ultimo album raggiunge il punto più alto. In Andina, quarto suo titolo disponibile (sempre per l'etichetta tedesca ECM), si ritrova Saluzzi nella completa solitudine del primo (Kultrum, dell'83): qui il suo modo di esprimersi ha la naturalezza e il rigore di molta musica antica, popolare e colta, dove la felicitàcreativ adell' individuo si portava dentro un patrimonio di cul~ tura collettiva sedimentato nei secoli. Eppure il corpus della tradizione su cui il musicista argentino lavora è tutt'altro che letterale, niente affatto omogeneo: la scelta di portare i suoni immensi delle Ande sulla tastiera del bandoneon e la musica dei bordelli di Buenos Aires sugli altopiani è tutta sua, e queste due tradizioni, così lontane, contigue solo geograficamente, trovano forma unitaria solo sotto le sue dita. Nella musica di Saluzzi sono riconoscibili il senso del tragico, gli aggrovigliamenti e le improvvise, liriche aperture del tango, e il respiro ventoso, gli accordi semplici e le armonie elementari della musica andina, ma tutto, al filtro dei suoi occhi molto contemporanei, si trasfigura: i suo- ~ ni andini danno al bandoneon la profondità dell'organo a canne, le improvvisazioni tanghistiche si trasformano in sbilenchi fraseggi free. È una musica di straordinaria forza evocativa, sommessa ed epica allo stesso tempo, in cui i paesaggi, i ricordi e gli affetti vanno a comporre una serie di meditazioni strumerÌt!ili che sembrano non avere tempo. Assai meno prossima a noi sul mappamondo, la malinconia che permea tanta musica argentina ci è assai più familiare della saudade Steve Reich in una foto di Paola Bensi. di cui è cdlmo il farlo lusitano: un ' paradosso che nemmeno la voga della "world music" è valsa fino ad ora ad attenuare. Banalmente, dischi di fado sono rimasti pressoché irrintracciabili nei nostri negozi, con la ·relàtiva eccezione di qualche album di Amalia Rodriguez. In questa sconcertante situazione di carenza di comunicazione culturale, una insolita ma prelibata possibilità di sollievo viene dalla recentissima pubblicazione di un album dedicato a Fernando Machado Soares nell'aurea collana francese di musica tradizionale Ocora (distribuzione Harmonia Mundi), che dovrebbe quindi risultare abbastanza agevolmente reperibile anche in Italia. Fernando Machado Soares, che qualche anno fa si ebbe l'occasione di ascoltare nel corso di un• edizione della rassegnafiorentinaMusicadei Popoli, è considerato il più significativo interprete vivente del fado di Coimbra, uno stile caratterizzato, oltre che dal monopolio delle voci maschili, da un tono intellettua- .le e sofisticato che lo distingue dà quello più popolaresco di Lisbona: risultato del contatto con la ricca vita culturale della città, antica sede universitaria. La presen~ di studenti provenienti da oltre oceano spiega le influenze brasiliane riscontrabili in questo fado, il cui lirismo ha come tema dominante l'amore, cantato in chiave quasi esclusivamente platonica. L'amore di Hire Ranjhan, sorta (a quanto informano le note di copertina) di Romeo e Giulietta del Pendjab, immortalato tra il• 600 e il '700 da Bullah Shah, il più popolare poeta della regione, è al centro di uno dei poemi intonati dal pachistano Nusrat Fateh Ali Khan in uno dei due volumi di En concertaParischesemprel'Ocora ha pubblicato. Accompagnato , da quello del fratello Farook e di un coro di nove elemenii, da due armonium, tabla e battiti di mani, il canto di Nusrat Fateh Ali Khan è potente, e trascina come una forza della natura attraverso brani che arrivano a lunghezze di trenta minuti: un 'esperienzad •ascolto da fare, in attesa che, come sembra, si possa fra non molto ripeterla dal vivo anche in Italia. Anche Steve Reich, con la sua composizione Different Trains, presentata in prima mondiale a Londra nell'autunno scorso, e ora pubblicata su disco dalla ElektraNonesuch, racconta una storia: la LETTERE IL CONBSTO propria, di bambino ebreo inAmerica, che per stare un po• con il padre e un po' con la madre, divorziati, tra il '39 e il •42 deve continuamente viaggiare in treno con la · governante fra New York, Chicago e Los Angeles, vivendoun'avventuraromantica; e insieme quella di coetanei ebrei come lui, che .negli stessi anni, in Europa, sono stati costretti a prendere altri treni. Realizzato mettendo insieme un quartetto d •archi (il Kronos Quartet), le voci della governante, di un facchino e di alcuni soppravvissuti all'olocausto, nonché fischi e suoni di treni, Different Trains è per Reich il primo passo verso un progetto di teatro videomusicale al quale sta lavorando, e rappresenta nella stesso tempo un rinnovarsi dell'esperienza di lt's GonnaRain, composizionedel'65 che contemplava la presenza della parola, della quale Reich è interessato a salvaguardare l 'intellegibilità e il bagaglio di umanità di cui è carica. Così, mentre gli epigoni del minimalismo impazzano, e un grande maestro della minimal music come Phil Glass continua a sfornare nuovi dischi senza evidentemente domandarsi senon stia veramente diventando ripetitivo, ecco un altro grande maestro che ha realizzato una piccola opera di minimalismo utile, che si puo ascoltare come un pop-song, per quanto di forma ed estensione insolita (25 minuti), come una canzone tenera e dolente che si &Uona di nuovo per sentirsi raccontare ancora una volta la storia. Per una letteratura degli immi9rati. Notizieda Berlino Rosa Alessandra Cimmino Si definiscono "Die Zugereisten" (Gli immigrati) e ·sono un - gruppo di scrittori internazionali nato nella primavera del 1986 a Berlino. Provehgono da oltre 20 ·paesi e sono fortemente accomunati dall'essersi incontrati in questa città, dall'aver condiviso la condizione di alienazione e i passi del ritorno in sé. Non c'è in essi alcun compiangersi, ma la coscienza di avere forse una "chance" in più, uno sguardo più ampio, un qualcosa che in fondo li rende più tolleranti, più 'disinvolti, simpaticamente folli. Qualche mese fa si è . concretizzato un importante progetto di questo gruppo nella realizzazione di un'antologia di poesie e di racconti dal titolo Aufenthalt-Collagen einerStadt (Permanenze - Collage di una città), DasArabischeBuch, Berlin 1989. Tematiche e forme stilistiche sono molteplici data l'origine composita degli autori. Nell'antologia alcuni testi compaiono in tedesco, altri sia nella lingua madre che 27
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