hanno avuto inizio quando la sua carne e il suo grano si scontrarono con le portechiusedel MercatoComuneEuropeo; è veroanche che il debito estero, nato con i capitali mandati via dai regimi militari,è cresciutofinoa raggiungereoggi 56miliardidi dol- .lari per lo strozzinaggiodellebanchecreditricicon il sostegnodel Fondo MonetarioInternazionale. Ma l'Argentina non ha soltanto lo stagno, come la Bolivia, né è stata vittima del miraggiopetrolifero,.come il Venezuela,e non ha l'immensa quantitàdi bocche da sfamaredelMessico. La crisi economicadell'Argentina è inspiegabilecon un'analisi economicistica.Ci vuole un approccio psicologico agli abitanti di questo paese. Quando, appenainsediatosi Alfonsinal potere, si chiedevaal ministrodell'Economia del nuovo governocome avrebberealizzato senzaun patto sociale, i suoi progetti,basati fra l'altro su un rafforzamentodellamonetaGrinspun,ilministro,rispondevaimmancabilmente: "Il patto sociale esiste: è la Costituzione della Nazione Argentina".Una frase che non vuol dire nulla, certo, e che è indicativadi unamentalità. I governantiargentini credettero davverocheautomaticamente,ripristinatedemocraziae libertà, sarebberoaccorsi capitali esteri e interni a riaprire fabbrichee creare nuove industrie, portando con il benessere la tranquillità sociale. E perché rtiai dovevano tornare le aziende che se n'erano andatedurantel'epoca del terroreverso i paesi vicini conmercati internienormementepiùvasti?Inquestianni,quasi tuttiiprogetti d'imprenditori grandi e piccoli giunti-anchein nutrite delegazioniaBuenosAiressono sfumati inmezzoalledifficoltàfrappostedapurocrati e socilocali.Questedifficoltànoneranosoltantoquelle fomentatepermotivi politicidall'opposizione peronista e quelle parole del ministro non erano soltanto frutto d'ingenuità, ma riportanonei due casi all'essenza dell'uomo argentino,alla sua convinzionedi essere nato protagonista,centro dell'attenzione del mondo, necessario a tutti. Siccome erano gli altri che avevano bisogno dell'Argentina - questa l'idea -, sarebbero venuti comunque nel paradiso. È sensata la spiegazion"del sociologoargentino José Enrique Miguens: il paeseha storicamenteavutounavita facile, s'è trovato con grandi ricchezze senza averle cercate, una terra sconfinata che attendeva soltanto le braccia per farla fruttare, mucche la cui carne poteva alimentare mezzo mondo, la guerra in Europa che ingigantì la domandadei suoi prodotti,e quindi quandocomparvero le difficoltànon si è saputo come affrontarle. L'argentino conosceva lo sforzoper arricchirsi,non quello elementareper la sopravvivenza.Tanto, "Dios es argentino": tuttosi è semprerisolto perché Dio è un connazionale. Già sessanta anni addietro, quando nel paese era del tutto impensabileche un giorno potesse esserci unacrisi economica, il fùosofo spagnolo J oséOrtega y Gasset scrivevaa propositodegli argentini:"Ciascunoviveancorato alle proprie illusioni, come se esse fossero già la realtà". Ha perciò confusolo sloganlanciatoda ungovernodi alcunianni addietro quale obiettivoda raggiungere, "Argentina potenza!", come un fattogiàcompiuto,come una confermadi quantogià si sapeva. Illusioni scambiateper realtàe immaginepremeditatadi se stessi per coprirsi con una maschera importante che, nella contemplazioneallo specchio, si finisce per ritenere davvero il proprio volto. Questo diceva Ortega y Gasset ·eci vorrebbe uno psicologo per approfondire il fenomeno.Limitiamociqui ai fatti: inArgentina ci sonopiù professori di sociologiache di storia, più psicoanalisti che meccanicio dentisti. Quando si domanda a un argentinocomemainel suo paese è tantodiffusala psicoanalisi,al punln alto: marinai argentini in parala (foto diDiego Golaberg/Sygma/G.Neri). · Sotto: Operai peronisti (foto di Carlos Carrion/Sygma/G.Neri). IL CONTESTO 25
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