Linea d'ombra - anno VII - n. 38 - maggio 1989

Gibreel e Saladin: questi sÒno i nostri due eroi, planati sulle coste inglesi in seguito all'esplosione in volo di un aereo dirottato da un gruppo di terroristi Sikh. Non è probabile cadere incolumidadiecimilametri d' altezzacantando una qualche aria miracolosa. Ma di fatto i due sopravvivono. Questo ce io garantisce il narratore che ha "visto tutto" e che ci ricostruisce la stori~ dei due. Di Gibrecl, famosissimo attore cinematografico indiano che dopo una misteriosa malattia perde la fede, si innamora di Alleluia Cone, scalatrice dell'Everest, e prende l'aereo per raggiungerla a Londra. E di Saladin, straordinaria "voce" radiofonica e televisiva, l'uomo dalle mille voci, musulmano di Bombay recatosi giovanissimo in Inghilterra dove "si è fatto" inglese e ha sposato l'inglese Pamela, tornato a Bombay per una fallita riconciliazione col padre e anch'egli ripartito sullo stesso aereo per Londra. Le avventure dei nostri due eroi sul suolo inglese sono a dir poco stupefacenti; o meglio, è stupefacente la presentazione dei fatti, mentre il nudo scheletro degli avvenimenti è saldamente ancorato nella quotidianità dell'Inghilterra razzista e liberticida di Mrs. Thatcher. Innanzitutto è straordinaria la ricchezza inventi- -va con cui Rushdie dà corpo ai personaggi che Saladin e Gibreel incontrano: c'è materia per almeno altri quattro romanzi, in un susseguirsi di storie mirabolanti e bellissime (quella di Rose Diamond e del suo amore argentino, quella dei genitori di Alleluia Cone, quella di Jumpy dal timido '68 londinese ali' attuale relazione con Pamela) che si intrecciano con il procedere della trama e della trasformazione di Saladin in una specie di diavolo (o, se preferite, di uomo-caprone con coma e zoccoli) e di Gibreel in una specie di angelo con aureola (l'arcangelo Gabriele, o forse semplicemente uno psicotico - ma l'aureola?). Rushdie solletica continuamente il lettore con i suoi piccoli interventi autorali, con le sue anticipazioni, con le sue informazioni parziali che fanno intuire ciò che soltanto in seguito sarà spiegato e chiarito dal narratore onnisciente. E soprattutto lo cattura nella rete della sua dimensione fantastica e nel gioco delle realtà sovrapposte. I fatti sonq raccontati nella versione magica con cui li vivono i personaggi; poi c'è la rapida spiegazione realistica dell'accaduto. Ma ciò che rimane è il ricordo della magia, la spiegazione svanisce. In un'intervista pubblicata sull'"lndependent" poco prima dell'uscita dei Versi saJanici Rushdie si dichiarava d'accordo con la tesi secondo la quale non è più possibile scrivere un romanzo realistico perché non esiste più una concorde valutazione del mondo e della società in cui viviamo; ma aggiungeva che se realismo significa arrivare a una definizione del mondo che almeno suoni vera, allor i suoi romanzi erano realistici in quanto per arrivare a tale definizione è necessario ricorrere alle soluzioni più fantasiose. Al di là del piccolo paradosso, è esattamente questa l'operazione che Rushdie fa nei suoi romanzi: le situazioni fantastiche e lè vicende surreali sono il mezzo con cui egli cerca di cogliere e comunicarci il senso del mondo contemporaneo. A un certo punto la storia dei Versetti sa/anici ruota intorno allo Shaandaar Café, ristorante indiano con alloggio gestito dalla famiglia Sufyan, dove viene ospitato il povero Saladin in piena fase di metamorfosi diabolica. La sua vicenda si intreccia con quella degli altri abitanti dell'edificio, in particolare con quella della giovane Mishal Sufyan, del suo amante Hanif e della campagna antirazzista in cui sono coinvolti. Lo "spaccato sociale" c'è tutto, dalle contraddizioni degli immigrati all'incendio dello Shaandaar Café e del Centro sociale di zona; e c'è la "denuncia" dei soprusi polizieschi, delle connivenze, delle infami ingiustizie che la gente di colore è costretta a patire. Ma tutto questo non ci viene presentato nelle forme del romanzo sociale; è invece avvolto dentro la narrazione, circondato da una fitta rete di accadimenti surreali, di visioni, di apparizioni fantastiche, che però non mascherano affatto il nucleo di "vita vera" che ci propone il racconto, ma che anzi ce ne trasmettono tutto l'orrore. E' impossibile in questa sede rendere conto di tutte le complicazioni della trama, della folla dei personaggi e di storie che si intersecano con quelle dei nostri due eroi, delle coincidenze (una vera passione della cultura indiana) che segnano le vicende di protagonisti e comprimari, dell'intreccio pirotecnico dei loro destini incrociati, della miniera di rivelazioni, di polivalenze e di sovrapposizioni che affollano il romanzo. Basti un esempio. Il titolo del libro rimanda ai versetti satanici che il Diavolo avrebbe dettato aMaomettose ne parla esplicitamente nel secondo capitolo. Ma la storia di Saladin e Gibreel, assai più importante per noi lettori, prende una nuova direzione quando Saladin, sfruttando la gelosia di Gibreel per Alleluia Cone, tempesta entrambi di telefonate anonime, con voci sempre diverse, e recita a Gibreel dei "versetti" da cartolina d'auguri vagamente allusivi che lo fanno per l'appunto impazzire di gelosia. Nel gran finale Gibreel, dopo averucciso il produttore cinematografico Sisodia e (forse) Alleluia, si spara un colpo di pistola in bocca davanti agli occhi di Saladin: e quest'ultimo capisce che "Gibreel stava.morendo per i suoi versi", per quelle frasettedacartolinad'auguricheenpassantilnarratore aveva definito "versetti satanici". Questa scena si svolge a Bombay. Saladin vi è tornato perla morte del padre. Nelle ultime righe del romanzo lo vediamo "alla finestra della propria infanzia", nella casa patema lasciata in eredità alla vecchia serva che vuole ovviamente venderla a una società immobiliare che la demolirà per costruire un grattacielo. Improvvisamente Saladin, che era stato alquanto turbato da questa intenzione, si rende conto che non gliene importa più nulla: vengono pure i bulldozer perché è necessario che il vecchio muoia affinché possa nascere il nuovo. È Saladin la figura positiva, capace di ricominciare una nuova vita in lqdia dopo essersi inglesizzato a Londra, dopo essere tornato alle sue radici e dopo averle accettate ma anche averle lasciate dietro di sé, come quel panorama dalla finestra che "non era che una vecchia eco sentimentale". L'altra figura positiva è quella di Mishal IL CONTESTO Sufyan, la giovane indiana musulmana trapiantata piccolissima a Londra, che rifiuta il vecchio mondo perché ormai fa integralmente parte di un altro mondo, quello dei blacks londinesi alla conquista di uriadignitànegata.Quelledi Saladin e Mishal sono due storie e due scelte diverse, ma sono entrambe "premiate" dal racconto per la loro capacità di superare il retaggio del passato. Tutti gli altri personaggi, incapaci di altrettanto coraggio intellettuale, sono segnati dalla sconfitta. Questa mi sembra, se non la morale, una delle possibili morali del libro. Un libro affascinante, non privo di qualche caduta, ma pieno di stupefacenti sorprese, di geniali trovate, di sfide intellettuali e di pagine trascinanti. La nostra critica, capace di sdilinquirsi peri libriccini mediocri scritti dagli amici degli amici e dagli autori di moda nelle redazioni cultural-mondane di quotidiani e settimanali, ha saputo soltanto trovare generiche frasi di generico apprezzamento con riserva, offrendo un'ennesima dimostrazione della sua codarda vocazione compromissoria. E tuttavia ancor peggio sono riusciti a fare i baldanzosi difensori d'ufficio dell'Islam, animati dal sacrp fuoco di una conda11na ideologica che ricorda le pagine più nefande della storia della cultura europea. "Coloro che bruciano i libri finiscono poi con il bruciare anche gli esseri umani", Heine, 1823. LeslieA. Fiedler L'ultimo ebreo in America Unacommoventeparabola sullafedeltànonostantetutto pp. 83, L. 10.000 Ebraismoe antiebraismo: immaginee pregiudizio Un importantecontributo allachiarezza pp. 295, L. 30.000 Editrice La Giuntina Via Ricasoli 26, Firenze 21

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