STORIE/TACHTSIS La prima casa che prendemmo era, naturalmente, nella vecchia zonadellanonna, traviaKolokinthùse viaLeonidu,dovevivevano la maggior parte dei cugini e dei nipoti della nonna. Prima di trasferirci in seguito in un'altra zona migliore- perché questa si era nel frattemporiempitadi "luci rosse", feci ancora in tempoa respirareun po' dellamitologiafamiliare.Manonhomai giocato al Ceramico - lo avevano già circondato con un muro. Vi vagabondaiintornouna voltache scesi dall'autobus chedovevaportarmia scuola. Con lanonnaandavamo spessoinquegliorti dove era cresciuta la famigliae lì assaggiai quei cetrioliduri ed agri cheoranonsi produconopiù. La domenicaandavonellastessa chiesa dove andava la nonna da piccola, nella chiesadell' orfanotrofio. Spesso giocavo nel giardino del Thisìo dove aveva giocato anchemia madre. Nella casa di via Leonidu presi le bastonatepiù"memorabili" dellamiavita, quandosepperodalmaestro che ero sceso dall'autobus. Facevo con la nonnapasseggiateai piedidell'Acropoli, madaveriAteniesi,nonvi salimmomai. Il mioprimocarnevale, nel '35, lo vidi nel quartierePsirrì, il mio primoaquilonelo lanciai dallacollinadel Filopappo- malo spago si imbrigliòcon quellodi unaltrobambino. Il suoaquiloneriuscì a slegarsie continuò a svolazzaresuperbo e fiero, il mio invece caddee si fecea pezzi...Poi ci trasferimmo,comedicevo, in un quartiere migliore, nei pressi del Licabetto, dalla parte piccolo borghesedi via lppokratus. Così, quando marinavo la scuola - e lo facevoabbastanza spesso soprattuttqquando la sera prima non avevo risolto gli esercizi di matematica- andavosulla collinadelLicabettoa giocare a palla.Nelle piccole grotteconsumai i miei prirriiamori giovanili, prima innocenti, poi sempremeno innocenti.Sotto il Licabetto ho trascorso la mia tormentataadolescenza e giovinezza, che coincisero con i quattro anni della guerra e della_occupazione tedesca.Alla fine, fraquestedue rocche, fra l'Acropoli ed il Licabettosonodiventatouomo, sepotessi diredi esserlomai diventato.È vero che dopo andai via. Vagabondaipermezzomondoper circadieci anni, ed ebbipure io, comeUlisse, i miei Ciclopi ed i miei Lotofagi. Ma sonoritornato e non vivo in nessuno di questi nuovi quartieri, senza storiae senza tradizioni, quartieri dell'odierna megalopoli di 3.000.000 di abitanti,masonodi nuovo sotto la roccadel Licabetto,questavolta dallapartediDexamenì, dovegià mi ero trasferitoperbrevi periodi durante la mia infanzia e la mia fanciullezza. Non date dunque troppa fiducia ai documenti di riconoscimento. SonoAteniese, e da almenocinque generazioni.Per quarant'anni ho visto cambiare, verso il peggio molte, moltissime cose. È diversosaperedai libriche"qui dovepoggiamoipiediadesso, forse un tempo erano seduti Socrate e Fedro" dal possedere qualcosadi prima mano e poter affermare: "vedi questo viale affollato,soffocatodalle macchinee dallo smog?Quandoerobambino era un corso d'acqua, con un po' di spazzatura intorno, ma ancheconun tranquillocanaleper annaffiarequeiplataniche erano rimasti..." Voglio dire che vedo Atene attraverso la mia prospettivadel tempo, come è impossibile che possa vederlaqualcuno chevengadalla provincia o un turista straniero,ed attraver- .so Atenevedome stesso. Quando vadoper esempiosulFilopappo, soprattuttoin primavera ed il mioocchio si posa su quelle cose che gli inglesi dicono "lettere francesi" e i francesichiamano 90 "mantelli inglesi", lì dove un àltro si scandalizzerebbeo si schiferebbe, io semplicementemi intristisco: dio mio, dico fra me e me, quantomi ha cambiato la vita, com 'è cambiataAtene! Bisognadireche vi fu un tempoin cui credevoche questacollina esistesse solo e soltanto perché vi venissero i bambini per giocare con gli aquiloni. Come passano gli anni mi sento non semplicementeAteniese ma come un pezzo di Atene, qualcosa di microscopicò,un reperto archeologico in movimento. Quando qualche volta all'imbrunire esco sulla mia terrazza per annaffiar i miei fiori- gerani, gelsomini, basilicoed ibiscm - e vedo i provinciali ed i turisti "appesi" intorno al campanile della chiesettadi Aghios Gheorghios sul Licabetto che ammirano Atene, ho la strana e forse un po' angosciosa sensazione che sono- e che non lo sappiano!- una cartolina come quella che spedisconoalle loro case. Ho vissuto in molte città. Molte di queste - Sidney, New York- le ho amate molto, e volentieri le avrei riviste,anche per pocoalmenouna volta ogni cinque anni. Ma quantavita mi resta ancora da vivere voglio trascorrerla qui ad Atene, e qui quando verràlamiaora, voglio finirei miei giorni.Ed amenochenon accadaqualcosa di imprevedibilemi sembra che saràcosì, e sarà in unmomentoin cui la popolazioneavrà raggiunto i cinquemilioni di abitanti, cinque milioni e mezzo al culmine del periodo turistico. Comunque allora, penso qualche volta, non sarà rimasto più nientedella mia Atene, dell'Atene che ho amato.Ma qualcosa dentro di me mi dice che forse ho torto. Perché - tranne che accada qualche grande trasformazionemondiale - rimarranno comunque,ancora per molto tempo (almeno spero) la collinadel Licabettoe quella del Filopappo.Forse sarannoresepiù "degne" · da qualchecostruzioneprivatao pubblica di cattivogusto, o forse sarannocircondatedaqualchemurocon filidi ferro.Ma i bambini e le coppiette troverannosempre il modo di aprireuna fessura, almenoper nascondervisi dentrì). E per quanto possa inquinarsi l'atmosfera non potrà cambiare di molto l'autunno ateniese colore di miele (il mielato autunno...), né cambierà il mite invernoateniese con i suoi giorni quasi estivi, la primavera inebbriantee la soporiferaestate (drogata) che ha di tanto in tanto anche i suoi venticelli serali.E per quanto possa inquinarsi il golfo Saronico rimarrà sempre, spero, una spiaggiaabbastanzapulita.Gli uominipotrannonel frattempoandare sulla luna per sbrigare i loro affari, ma il fascino della luna nel momentoin cui proietta la sua luce sulla vetta dell'Imetto rimarrà sempre lo stesso. La straordinaria luce del cielo attico difficilmentecambierà. Nell'inferno che dicono sarà tra alcuni anni Atene,rimarrà sempre il piccoloparadiso di Kessarianì,a dieci minutidal centro. Di quelle casette antiche e tanto umane che abbiamovisto forse nonne rimarrànessuna.Ma in questi grossolani condomini che sono stati innalzati al loro posto abiteranno per molto tempo ancora uomini che, anche se trasformata (e del resto sarebbe la prima volta?)parlerannopiù o meno la mia stessa lingua,ragazzi e ragazzeche fin quando esisterannoi libri non è possibileche almeno pochi di loro non mi conoscanoattraverso la letturadei miei libri.Molti ritengono che Atene è già un inferno. Si lamentanoper gli incessabili rumori dei compressori e per il rimbombodella betoniera,per il continuo smantellamento
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