STORIE/YEHOSHUA vamo già scomparsi, gettandoci verso l'orlo ombroso sottogli alberi scheletrici, tornando al nostro sudato sonno. Quandoil caldo si placòe cominciòa fare buio,Yagnonsi svegliò di nuovo, e accese una sigaretta.Era chiaro a tutti noiche non aveva nulla in programma per la vicina notte, se non dormire. Di nuovounodopo l'altro soccombemmoa una sonnolenzadevastata dal calore, affollata di fantasie fastidiose.E al mattinoeravamo ancora allungati, solo più stanchi di prima. Il terzo giorno ci eravamo ormai tolti le ·divise. Scomparsi i gradi militari. Ci chiedevamo con sospetto quali piani avesse in mente l'uomo addormentato. Ma, passando le ore senza che nulla accadesse, capimmo che aveva deciso di rimanere sdraiato tra le rocce fino alla fine delle esercitazioni. E fummo presi dal panico quando ci rendemmo conto del suo chiaro, sempliceproposito. Attaccammo gli ingannevoli arbusti, li sradicammo, li riducemmo a pezzi. Accendemmo un fuoco e mangiucchiammo senza appetito alcune razioni secche che avevamo a portata di mano. Ora non era rimasto il minimo angolo d'ombra. Il quartogiorno, ci svegliammoa mezzogiorno.Un ventocaldo sussurrava tra i picchi rocciosi. Fogli bruciacchiati dal sole svolazzavano intorno a noi, e facemmo un debole tentativo di prenderne alcuni. Yagnon aveva lasciato volar via i piani delle esercitazioni. La radio era rotta e l'addormentato ufficialedi collegamento l'aveva avvolta nelle coperte e se l'era messa sotto il capo.L'unico possibile contatto con le altre unità era interrotto. Al tramonto il giovane ufficiale saltò su di scatto e salì sull'unica jeep rimasta per poter sfuggire a quell'inferno. Il rombo del motore ruppe il silenzio. Tutti aprirono gli occhi, ma nessuno si alzò dal suo posto. Sperammo che ciò allarmasse il comandante addormentato.Lajcepcominciòascivolaregiùperladiscesa; improvvisamentei freni asciutti cedettero ed essa rotolòverso il bordo dell'abisso e si incastrò tra due rocce. L'ufficiale si salvò per miracolo.Tornò verso di noi pieno di vergogna, gli occhi in fiamme. Quella notte non vedemmo né la luna né le stelle.Una completa oscurità coprì la montagna. Il quinto giorno si sentì il rumore di un'auto sulle montagne, un clacson che suonava rumorosamente, e gli uomini sopra che · sparavano in aria cercandoci. Forse delle lettere giungevano dalla fredda e lontana città, il cui ricordo era completamente svanito. Di nuovo il giovane si drizzò come un capriolo, gli occhi azzurri impauriti. Il sole gli bruciava la pelle, caricò e sparò in aria, ruppe il ilenzio. Il dialogo degli spari continuò a lungo, ma l'abisso confondeva gli echi. La macchina si allontanò. II giovane cominciòa correre tra di noi come un pazzo, urlando e pregando. Istupiditie indifferenti, osservavamo la suaesile ombrascivolare tra di noi. Dopo che l'auto fu scomparsa e il silenzio ristabilito, egli stava ancora in piedi come un bambino ferito, il pugno che abbandonava il fucile, finché si accasciò accanto a Yagnon, che gli sorrideva stancamente. Durante la notte scomparvee non fu più rivisto. Forse si aggira ancora sperduto tra i crateri. Comincioa confondere il numerodei giorni, ma era già giunto il sesto giorno, e tanto la nostra pelle si era annerita quanto la nostra apparenza di umani era sbiadita. Coloro che erano soliti pregare avevano smesso di farlo..I sci giorni lavorativi erano tra78 scorsi inattivi,e il sabato la nostracapacità di dormire raddoppiò. Ora conosciamo solo le rocce spioventi sulle nostre teste.Giaciamo in gruppo, ma ognuno è solo. Il nostro udito è più chiaro nel silenzio, e quando tentiamo di parlare, sussurriamo. Nessuno ci cerca, nessuno si alza. A tratti, nel wadi sotto di noi, appaiono tre piccole figure fasciate di nero, una davanti e due dietro in ordine stabilito. Sono i nostri silenziosi, amari, vinti nemici, ma nessuno si scuoteper il pericolo che corriamo di essere tutti massacrati, una pugnalata per uno, senza un grido. Solo occasionalmente, di notte, la mente a qualcuno si schiarisce ed egli si aggira incapace di addormentarsi. Saltasu tutto soloe vede lamontagnamoltodistintamentecon lavettaben stagliata.Giraattornoal campo silenzioso,gridando versogli uominiaddormentati. Anche lui vorrebbe dormire. Quando raggiunge la faccia sgradevole di Yagnon si ferma, quasi sentisse grida di dolore provenire dalle vicine montagne, verso cui quegli esseri fasciati di nero stanno scomparendo.Non avendo altro da fare, egli ammonticchia febbrilmente delle pietre. Poi improvvisamente il suo fervorescompare e le sue labbraassumono di nuovounaspetto secco e cinereo. Si accascia nel punto in cui si trova e ritorna nell'oblio. II giorno seguente, alla luce, tra un sonno e l'altro egli scopre accantoa sé solo unmucchiodi rocce. Per sette giorni siamo rimasti prigionieri in questo regno, in potere di questo mago tutto pelle, che non è mai sazio di sonno. Ma si prova una specie di piacereammaliatore neli'avere le gambe pesanti come il piombo, e nel sentirsi irretire dalla progressiva perdita di coscienza. "Dioonnipotente", disseunavoce singhiozzante,"perché non siamo venuti qui dopo la guerra?" E di notte, ancora e ancora si sogna la guerra. Il Era domenica? Eravamo persi in fantasticherie quando sentimmo improvvisamente un debole rombo sopra le nostre teste. Guardammo in alto. Nel biancore luccicante un punto grigio si agitò sopra di noi. Ci sfregammo gli occhi, e un rombante elicotteroche si abbassava in un turbinedi polvere e di vento si libròcome un uccello sulla fossa di terra. Improvvisamente il suo volo si arrestò a mezz'aria, una scala di corda fu srotolata e sacchi furono gettati fuori, una robusta figura scese e agitò la mano ai piloti che stavano scomparendo in volocome angeli azzurri. Perplessi e stanchi, staccammo le testedalla terra. Egli raccolse le sacche e ci venne incontro a passi fermi, passi che noi non avremmo saputo più fare. Rubizzo, umano, ben piazzato, brizzolato, azzurri occhi patemi, e mani che sapevanocome lodare. I gradi brillavano sulle sue spalle. Si bloccò per un attimo, esaminò il mucchio di ombre che lo scrutavano, nere, spente, nude. Lo squadrammo.Sapevamocheera il nostro nemico.Prese un atteggiamentodeciso, si diresse verso un soldato che si era alzato in piedi spaventato e disse seccamente: "Sono il comandante della compagnia. Dov'è il mio sostituto?" Lo portammo da Yagnon, che come al solito dormiva. La sua pesanteombra coprì completamente la magra figura.Ci accovacciammo accanto all'uomo addormentato, lo toccammo. Aprì i piccoli occhiscaltri. "Yagnon" sussurrammo spaventati. Il comandante lo misurò stupito con gli occhi. "Tu sei il mio sostituto?" Egli annuì con la testa giacendo sul
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