Linea d'ombra - anno VII - n. 37 - aprile 1989

le cresta rossa di pietra e rocce di lava nere. Le ruote delle macchine si impegnaronopocoa poco nellaripida salita, finché i motori si arrestarono tossicchiandoe si bloccarononel mezzo del1' ascesa, a metàstradadallacima, vicinoa unvasto,profondosolco da cui uscivano cespugli secchi con rami attorcigliati e come impazziti. Saltammo giù dalle auto intorpiditi e confusi, e un incerto, fantasmaticocrepuscoloci avvolse.Gli autisti scaricaronolecassedi munizioni, staccaronoil cmello-cisterna ~ si buttaronogiù, dietro il pendio, scomparendoalla vista. Come sonnambuli cominciammoad aggirarci tra le pile dell'equipaggiamentogettato irigiro, tra le armi ammassate, fermandoci al bordo di un abisso che altro non era che un seguito di crateri vulcanici spenti; con il fondoormai freddoo ancora covante sotto la cenere. Ogni passo portava a lunghi, aperti canyons, a piccoli crateri che finivano bruscamente in profonde propaggini di gesso frantumate in forme misteriose. Stavamoancora vagando quando l'ufficiale, che ora sembrava uno scuro sparviero marrone, scese in una fossa, Pattuglio israeliano nel deserto del Sinai (foto ai Alon Reininger/Contoct/G. Neri). STORIE/YEHOSHUA stese una coperta sul terreno e vi si accovacciò,addormentandosi senza una parola. Eravario ancora raggruppati qua e là alla ricerca di cibo, ma nel grande caos tutto si confondeva.Uno dopo l'altro lo seguimmo nel canalone, affamati e stanchi, e rapidamente tutti crollammonel sonno intornoal nuovo ufficiale,dopo una giornata in cui non si era concluso nulla. L'accampamento rimase addormentatoe silenzioso finoalla tardamattinata.I lenti, striscianti raggi del sole aggiunserosopore e sopore. Uno strano, paralizzante calore scorreva continuamentesottodi noi,da fontinascoste nellamontagna,come sefossimo stati messi sopra una gigantesca fornace. Darzi e Hilmi si trascinaronoversodi me assonnati e pesanti e mi si accucciarono accanto trale rocce roventi.Dal loroparlottare immaginaiche stessero chiedendosi se svegliare gli uomini o no, dal momento che il nuovo ufficialenon dava segni di vita. Il calore del soleera adessopiù intensoe una sensazionedi brucioreci indebolivatutti. Dalle fessure dei nostri occhi doloranti, le rocce sembravano tremuli molluschi, formazioni di arenaria impazzite in un'orgia di colori. L'azzurro del cielo scomparve e al suo posto restò solo uncalorecrudoe bianco.Non un soldatomosseun solomuscolo. Qua e là qualcuno tentava di muoversi,ma le gambe non gli reggevano e crollava immediatamentea terra. Solo ilpiù giovane di noi, il comandantedella quartaunità, un.ufficialedcli' armata dei giovani che al tempodella guerraera poco più che unbambino che collezionavasacchetti di vecchiepallottole, si alzò e si aggirò all'attorno, pronto per una giornatadi lavoro. Sbirciòcon apprensione il comandante assopito, poi sedette sull'orlo del canyon e si mise a pulire il suo fucile. Le ore del mattinopassarono. Le pance dei soldati della divisionestesi intornoameerano incollatea terra.Amezzogiorno,all'improvviso, Yagnonsi rigirò da un fiancoall'altro, aprì gli occhi e guardò il mondo, poi sempre sdraiato sulla schiena, prese una sigarettadallatascadella camiciae l'accese. L' accampamento era fermo in attesadei suoi movimenti.Ci alzammo e, le spalle ricurve, andammoaccanto a lui; il giovane si unì a noi. Ci inginocchiammo,tutti insieme, a fiancodell'ufficiale, che volse la faccia sgradevolenella nostra direzione. "Che c'è da fareoggi?" proruppe il giovaneufficiale.Yagnon non rispose. Una strana smorfia gli storse la bocca. La cicatrice sulla fronte bruciava come una lunga macchia insanguinata. "Oggi", ripeté il giovane quasi con rabbia, "cosa c'è da fare oggi ?". Yagnon non si mosse dal suo posto. Allungò 1't magra mano abbronzata oltre il suo sacco, tra le coperte scompigliate. Fogli di carta frusciarono.Un sorriso gli spuntò sulle labbra. "Ci sono dei piani" mormorò stancamente. "Mi hanno dato dei piani", ripeté. Il giovane tentò di prendere i piani di lavoro. "Cosa c'è dunque da fare oggi? Non si può starsene così a ciondolare". Era infiammatodal caldoe sembravache avesseragione.Gli strettiocchidi Yagnon scivolaronolungo lepancepalpitanti di Hilmi e Darzi e incrociarono i miei occhi. Le sue labbrabiascicavano,assonnatee ironiche. "Oggi-riposo... di notte forse... il caldo diminuirà... ora - riposo." Darzi sporse la testa verso la figura infagottata sul terreno. "Riposo," ripetè sorridendo tra sé e sé. Ci guardammo l'un l'altro, noi tre. IIgiovaneufficialevolevaaprire la bocca, ma era77

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==