Linea d'ombra - anno VII - n. 37 - aprile 1989

L' ULTIMO COMANDANTE A. B. Yehoshua traduzione di Regina Rayon Cohen Gli gnostici che erano contemporaneidei Tannaimebrei del secondo secolo, credevano chefosse necessario distingueretra unDio buonoma nascosto, egli solodegno di essere servitodal- ['eletto, e unDemiurgo o creatore dell'universo fisico, che essi identificavanocon il "vero" Dio del Vecchio Testamento. GershomScholem: Redenzione attraverso il peccato. I Daquandoè finitala guerra,cecocheci troviamoinoscuriuffici, tenendoinmanopennee inviandocil'un l'altro formularisu argomenticheci sembrano importanti.Se avessimoperso,adesso saremmostati in un vero pasticcio.Staremmorendendoconto dei delitti,dei furti commessidai nostri compagnimorti.Poiché inveceavevamovintoavendoportatola liberazione,dovevanopur darciqualcosada fare, altrimentinessunoavrebbeabbandonato le veloci,micidialijeep pienedi mitragliatricie nastridi munizioni. . Ora i nostri abiti sono puliti, non c'è più terriccio sui nostri volti.Sololecalcolatrici ronzanosilenziosamenteal nostrofianco, e di notte in questapazza città corriamoda un luogoall'altro per evitarela solitudine.Corriamodi luce in luce, aggrappandoci alle nostredonneormai invecchiate.I nostri occhi si indeboliscono.Ognianno,quandogiungel'estate, i riservistitornanoa fare l'addestramentomilitare.I comandirisuonanopergli ufficicome morbidiproiettilibianchi,ma nonci toccano- a noi vetera- . ni.Dapprimaci sentivamooffesi,maci consolavamo:senzadubbio questomondo ha bisognodi noie delle nostrematiteappuntite.Setteanniabbiamocombattutosenzainterruzione. Le nostre notti si sonoincavatenel terrore.Ora ci chiedonodi riposaresui nostri allori appassiti. Così ci barrichiamodietro pile di lettere. Maquest'annoquandoè arrivatal'estate, stranoa dirsi,anche noi siamostati intrappolati. I nostri fratelli,gli impiegatiincaricatidi inviarelecomunicazioni,si sonoricordatidi noi.Ei richiami sonoplanatisullenostre scrivaniecon nostrogrande stupore. Nonc'è statoscampo.Un bel giornoci hannocaricato,noi imboscati,vecchimilitari,sui camione ci hannomandatoa sudad arrampicarcisullecolline.E ora, chissà,avremmoforseimbracciato le armi,ormaiestraneealle nostremani,ci saremmogettatiall'assalto; avremmotrasportatozaini e combattuto fino allo stremodelle forzein nuove, immaginariebattaglie.Avremmoattaccato, ci saremmoritirati, poi tornatia conquistare il ventoe noi stessi - se non fosse stato per Yagnon- un tipo oscuroe spigoloso,cheera statonominatoall'ultimomomento,conunacerta trepidazione,in sostituzionedel comandantedellacompagnia, un grandepersonaggio- forse il più importante- chiamatoaltroveper qualcheaffare personale. Ormaiprontiapartire,vicinoali' incrociostradaleper ildeserto, potemmovedere il nuovo comandanteindugiare.Il restodei repartieraoccupatissimoa caricarel'equipaggiamentoperrecarsi in qualcheluogodi azione e fatiche,e i comandantiandavano avanti e indietro, quando costui salì su una piccola collina sul fiancodella stradae lì si appisolò, solo,esponendosial sole.Ricordoi nostriuominiaggirarsiintornopigramente,vicinoalleau76 to silenziose- borbottandoe brontolando. Le altre compagnie scomparverounaaunae ilpiazzalesi acquietò.Malamacchianera sullacollinanon simosse.Nessunosapevala ragionedel ritardo. Stanchie bruciati dal sole,non ci eravamoancora resi conto che daquelmomentoin poi il tempononci appartenevapiù.Darzi e Hilmi,duecomandantidi divisione,mi si avvicinaronomuovendo irrequietii fianchi.Durantela guerraavevano servitonel genioe avevanofatto saltarein aria interi villaggi con i loroabitanti, e da allora non si staccavanouno dall'altro, per paura. Mi rendevocontodelpassaredelleore,e cosìmiarrampicaisullacollina emi diressiversodi lui.Era laprima voltache lo vedevoveramente.Giacevaaimieipiedi- una formaallungata,distesosui fianchi,che sfoggiavaunnasoenormee rotto, in una facciasgradevole.Spesselentipendevanosui suoiocchie una lungacicatrice gli solcavaprofondamentela fronte. Stava dormendo in uno statodi grandespossatezza,ma il suorespiro era appenaudibile. Sapevocheanche lui avevaservitocon ungradopiùbassoin uno degli uffici,maera scapoloe inguerraavevadimostratosul fronte suduna fortecapacitàdi comando.Mi chinai su di lui e lo toccai. Ricordo il suo sguardovelatodi lacrimeper aver dormitoal sole. Selamorteè moltovicina allavita, allora lamorteera rimasta intrappolatanei suoi occhi.Alzò la testa lentamente,con calma, come uno che abbia sperimentatoun'eternità di morte.Una vecchiacamicia kaki gli pendevaafflosciata sul corpo. Nessun gradomilitare. "Le altre unità sono già partite" dissi, chinandomisu di lui. "Non è l'ora per noi?". Mi lanciòuno sguardoda un altromondo. "Cosa?" Le sue labbrascrepolatesi aprironoinunostranoac- ~~ . Ripeteiquantoavevo già detto.Un debole sorrisoilluminòla sua bocca. "Hai fretta?" disse con un tonodi sorpresae di scherno.Soloquandoilcaldoscemòeunabrezzasalìdaldeserto,sialzòe scivolòfiaccamentegiùdallacollinae saltòsuunavecchiajeep, sforacchiatadai proiettili, superstitedegli anni di guerra, che ci era stata assegnata.L'intera colonnaseguì i suoi passi. Viaggiammoperparecchieore, lentamente,conlunghesoste. Sembravachenelle ruote dellemacchineche, ondeggiando,stavano facendosistradaagli ordinidi un assonnatoufficiale fosse statoinfusodel piombo.Ci addentrammosemprepiùa fondonel cuoredel deserto,allontanandocisemprepiù da ogni formadi insediamento. Nessuno sapeva dove stavamo andando. Al nord avevamo combattutoperognicasa, perognipalmodi terra,mainquestodeserto solo qualchepiccola unità sparpagliatavagavasenzadirezionee senzascopo.Al nordl'interovasto territoriofuconquistato inunavelocecampagnadi settegiorni.Qui nulladi piùcheuno stretto nastro sabbiosoche tagliavaper lungo il desertoal di là della nostracomprensione.Il solecolpiva le macchineche si facevano stradastrisciandoin unaminacciosaregionegrigiae cupa, attraversodune di sabbia luccicanti di falsi riflessi dorati, oceanidi terradesolatala cuidolcezzaingannaval'occhio. In serata ci trovammoa salire su unastranamontagna,una formidabi-

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