costruito su quattro diversi luoghi - Irlanda, Polonia, Inghilterra e New Mexico - la continuità fra le diverse sezioni era data dalla presenza in ognuno di questi luoghi di animali e pecore; e la continuazione di questo lavoro è stata una performance che abbiamo fatto in ottobre, in cui c'erano mille peéore sul"ponte di Brooklyn, come parte finale di The Return of the native. E per il futuro? Adesso sto lavorando a una cosa con Mario Martone, una messa in scena di Woyzzek fra pochi giorni, quando finirò questa tournée, andrò in Germania dove sto facendo le musiche per un film di spionaggio. Poi sto progettando una nuova pièce, sempre con Kit Fitzgerald, che dovrebbe intitolarsi La tragedia del/' utopia: dovrebbe trattare del come spesso nella ricerca di un mondo perfetto si ottengano dei risultati tragici. Quando un governo o un leader cominciano a credere di avere una ricetta per rendere il mondo perfetto, il risultato è quasi sempre molto doloroso e imperfetto. Lei non è un utopista? Sono un utopista nel senso che sono ottimista, ma detesto gli autoritarismi e i totalitarismi. Non sono un moralista, penso che nessuno abbia il diritto di dire agli altri cosa è giusto per la loro vita. Forse la mia è una reazione ali' aumento del fondamentalismo nel mondo, di qualsiasi tipo, cattolico, ebreo, islamico o politico, che è spaventoso. Ogni gruppo ha le proprie idee su cosa sia l'utopia, ciò che hanno in comune mi sembra che sia l'esclusione dell 'individuo. Io credo di essere un individualista, anche se naturalmente mi interessa cambiare il mondo. Però l'unico modo in cui mi sento di farlo è con l'arte; con la musica mi sembra legittimo creare un modello del mondo. Forse sono un sentimentale ma credo che quando si ascolta o si vede un nuovo pezzo di arte si sta già migliorando qualcosa. C'è un vecchio pezzo, Life is boring (lavita è noiosa) che per qualcuno è diventato quasi un·inno, alla fine degli anni Settanta. Come è nato? Life is boring parla di quella condizione in cui ci si viene a trovare quando si è molto vicini a una persona, si vive insieme o si è sposati, o solo molto vicini; e a un certo punto questa persona va via, magari anche solo per poco tempo, e la vita diventa noiosa. Non che io creda che la vita sia sempre noiosa, ma quando si è soli ... La solin1dine è molto noiosa. CLASSICA MUSICAALMICROSCOPIO: POLLINI N CONCERTO Alessandro Baricco Maurizio Pollini (foto di Silvia Lelli Mosotti). Ho risentito, e rivisto, Pollini in concerto: Schubert, Schonberg,Stockhausene Schumann. (Lo si faceva una volta: un po' di classici e un po' di Musica Nuova: ccme il football e la messa ali' oratorio: carota e bastone. Adesso la congregazione della musica contemporanea è diventata così forte da permettersi addirittura interi cicli di concerti integralmente dedicati a se stessa. Neanche più la carota. Ma Pollini continua con il vecchio sistema. Meravigliosamente anacronistico.) Per chi ha un minimo di consuetudine con il pianismo, Pollini rappresenta la possibilità di un 'emozione tutta particolare, in certo modo legata solo a lui, e a nessun altro. È un'emozione dell'udito prima ancora che dell'intelligenza: è capace di una pulizia assoluta, scientifica del suono. Ha un controllo totale su qualsiasi frammento di quell 'unico ininterrotte, gesto che è il suonare. C'è da rimanere stupefatti da come, nei ritornelli, ripeta se stesso con assoluta esattezza: si direbbe che ogni nota è campionata, una volta per tutte, nelle sue mani; da lì potrebbe uscire, eternamente uguale, per infinite volte. L'impressione, per l'ascoltatore, è quella di vedere la musica al microscopio. Vederla fissata in un'intimità scientifica, sottratta alle contingenze del momento e alle imperfezioni dell'umano. Ovviamente è un'emozione. Prima che un atto di conoscenza e scoperta è un' emozione: così come l'iperbole dello sguardo offerta dal microscopio induce alla meraviglia prima che alla curiosità scientifica. Nella lente del pianismo di Pollini formicolano note da sempre viste da lontano e ora, solo ora, così vicine da poterle contare. Ciò riassume il p·iacere, squisitamente fisico, che si ha ad ascoltarlo. Poi c'è il lato per così dire epistemologico della faccenda. La lente di Pollini è uno strumento di conoscenza. Riesce a rendere chiare e decodificabili figure sonore altrimenti evanescenti. La prima volta che ho percepito questa sua scientifica magia è stato ascoltandolo suonare la Sonata op. 35 di Chopin. Dopo la celeberrima e ormai logorata Marcia funebre, la Sonata prevede un ultimo movimento enigmatico, quasi senza senso: èunasortadimotoperpetuo, in tempo rapidissimo, in cui le due mani suonano all'unisono un'inesausta e ottusa "strisciata" di terzine. Sembra un'esercizio di agilità, buttato giù dalla scarpata di una velocità fine a se stessa. L'avevo sempre ascoltato suonato in modo vagamente impressionistico: una rapida onda sonora, resa indistinta dal gesto fuggente e dall'abuso del pedale, tirata via come la scia di una cometa. Devono averla un po' sempre suonata così se un critico del tempo la definì " il colpo di vento sulla tomba"; e se Schumann stesso scrisse: "Quella non è più musica: un qualche genio impietoso ci soffia sul volto". Eppure, suonata da Pollini, eraun'altra cosa. In lui l'unisono era talmente perfetto e la scansione di ogni singola nota, nonostante la rapidità vertiginosa, talmente nitida che quel grande e romantico colpo di vento diventava il geometrico e asettico allineamento di centinaia di puntj-suono. Aveva la bellezza di un disegno 71
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