logia ha già compiuto un passo verso la sua trasformazione in una macchina. I suoni, escono · dalla sua laringe ma il suo cervello non è coinvolto come se egli stesse scegliendo le parole per conto proprio. Se il discorso che sta facendo è uno che egli è abituato a {are e rifare, non si renderà neanche più conto di quel che sta dicendo, come quando uno ripete certe formule in chiesa. E questo stato di coscienza ridotto, anche se non è indispensabile, certo è favorevole al conformismo politico. Nei nostri tempi, la prosa e i discorsi politici sono prevalentemente la difesa dell'incredibile. Fatti come il mantenimento del regime coloniale inglese in India, le epurazioni e le deportazioni in Russia, lo sganciamento delle bombe atomiche sul Giappone, possono anche essere difese, ma solo con argomentazioni troppo brutali per la maggiorparte della gente, e che non sono compatibili con gli scopi dichiarati dei partiti politici. In questo modo il linguaggio politico consiste principalmente di eufemismi, circonlocuzioni e pure e semplici genericità. Villaggi jndifesi sono bombardati dall'aria, gli abitanti sono cacciati nelle campagne. Il bestiame viene falciato coi mitra, le capanne vengono incendiate con proiettili incendiari: questa viene chiamata pacificazione. Milioni di contadini vengono cacciati dai loro campi e incamminati sulle strade con quel poco che riescono a portarsi appresso: questo viene chiamato un trasferimenlo di popolazione o una rettifica di fronJiera. Persone vengono tenute per anni in prigione senza processo, uccise con un colpo di pistola alla nuca o mandate a morire di scorbuto nei campi di lavoro del!' Artico: questa viene chiamata l'eliminazione di elemenli sospetti. Questa fraseologia è necessaria se si vuole nominare dei fatti senza evocarli visivamente. Prendiamo ad esempio un agiato accademico inglese che difende il totalitarismo russo. Egli non può dire apertamente: "Io credo che bisogna uccidere i propri oppositori quando si possono ricavare dei benefici politici dal farlo". Egli dirà piuttosto: "Pur concedendo che il regime sovietico rivela alcune caratteristiche che saremmo inclini a deplorare da un punto di vista umanitario, credo che non si possa non riconoscere che alcune restrizioni al diritto di opposizione politica siano inevitabilmente connesse con certe fasi di transizione, e che il travaglio sperimentato dal popolo russo sia stato ampiamente giustificato dai risultati concreti conseguiti". Questo stile gonfiato costituisce esso stesso un eufemismo. Questa massa di parole si riversa sui fatti come se fosse neve, sfumando i cantoni e cancellando i dettagli. Il grande nemico del linguaggio chiaro è l'insincerità. Quando esiste un divario tra i propri fini dichiarati e quelli reali, ci si rivolge ai paroloni e alle lingue morte, come le seppie che spruzzano inchiostro. Nellanostraepoca non si può restare "al di fuori della politica". Tutti i problemi sono problemi politici, e la politica stessa è un insieme di bugie, sotterfugi, follie, odio e schizofrenia. Quando l'atmosfera genèrale è cattiva, la lingua ne soffre di conseguenza. Mi aspetterei di scoprire-lo dico senza avere conoscenze sufficienti per verificarlo -che la lingua tedesca, russa e italiana si siano deteriorate negli ultimi 10 o 15 anni, in conseguenza delle dittature. Avevo detto prima che il declino del nostro linguaggio è probabilmente un male curabile. Quel che è soprattutto necessario è che sia il significato a scegliere la parola, e non il contrario. Nello scrivere, la peggior cosa che si possa fare con le parole è arrendersi ad esse. Quando si pensa ad un oggetto concreto, si pensa senza parole; e in seguito, se si vuole descrivere lacosacui si è pensato, bisogna probabilmente pensare un bel po' per trovare la parola adatta. Quando si pensa a qualcosa di astratto si è più .inclini a utilizzare parole astratte fin dall'inizio, e a meno che non si faccia uno sforzo cosciente per evitarlo, il gergo esistente ci travolgerà e compirà per noi la scelta, seppur al prezzo di sfumare o anche di cambiare il senso a quel che volevo dire. È probabilmente meglio rinviare il più possibile la scelta delle parole e di chiarirsi in testa le cose con immagini visive. In seguito si può scegliere - e non semplicemente accettare - frasi che indichino meglio il significato cercato, e poi pensare al significato che queste parole avranno per un 'altra persona. Quest'ultimo sforzo mentale elimina tutte IL CONTESTO le immagini consunte o miste, tutte le frasi prefabbricate, le ripetizioni superflue, e in generale le imposture e la genericità. Ma è spesso facile avere dei dubbi sugli effetti di una parola e si ha spesso bisogno di regole che servono quando l'istinto non basta. Penso che le regole seguenti dovrebbero coprire la maggior parte dei casi: a) non usare mai una metafora, una similitudine o altre figure del discorso che sei abituato a vedere per iscritto; b) non usare mai una parola lunga quando ne basterebbe una corta; c) se puoi fare ameno di una parola, eliminala; d) non usare mai il passivo quando puoi usare l'attivo; e) non usare mai una parola straniera, una parola scientifica o una espressione di gergo quando puoi pensare a una parola equivalente del linguaggio comune; · f) non rispettare queste regole se ti fanno dire qualcosa di assurdo. (1946, traduzione di Guido Franzinetti) da "Lotta continua", 19/11/1980. MEMOR~ • ThomasBernhard: "Tutto è ridicolose si pensa alla morte." Margit Knapp Il 12 febbraio 1989 è morto a 58 anni lo scrittore austriaco Thomas Bemhard. "Tutto è ridicolo se si pensa alla morte", gridò Thomas Bemhard nel marzo del 1968 alle spalle di un gruppetto di funzionari ministeriali che, durante il conferimento del premio nazionale austriaco per la letteratura, abbandonarono irritati la sala, poiché dal discorso del vincitore avevano colto soltanto offese. "Lo Stato è una formazione perennemente condannata all'infamia e all'imbecillità" aveva proclamato Bemhard, accennando così a uno dei motivi centrali delle frequenti tirate accusatorie che caratterizzano l'intera sua opera: l'odio per la stupidità del provincialismo austriaco. Mai nessun autore ha suscitato in Austria così tanti scandali (intenzionalmente o a prescindere dalla sua volontà) come Bemhard. Le sue invettive, vere e proprie cascate di imprecazioni, ferivano per la loro mancanza di equità. Per i politici e per tutti coloro che hanno uno spiccato bisogno di armonia avevano un che di intollerabile. Ripetutamente si è invocata la proibizione dei suoi libri: più di due anni fa, da parte del giovane ed emergente segretario del partito liberal-nazionale austriaco (FPO) Jèirg Haider- il quale asserì che chi come Thomas Bemhard insudiciava il proprio paese, ne sarebbe stato cacciato qualora i liberali fossero giunti al potere - e, da ultimo, nell'autunno del 1988, con la pièce Heldenplatz (Piazza degli eroi), ancor prima della sua messa in scena al Burgtheater di Vienna come contributo alla commemorazione del cinquantenario dell '" Anschluss", l'annessione del!' Austria al Terzo Reich. Striscioni pro e contro Bernhard, una carrettata di escrementi rovesciata davanti al teatro: ciononostante la pièce, che taccia gli austriaci di oggi di perdurante antisemitismo, è stata rappresentata. A sipario calato, rivaleggiavano fischi e applausi, grida di protesta e di approvazione. ThomasBemhard è stato l'autore più aborrito e maggiormente amato del!' Austria. Questa repubblica rinchiusa fra le Alpie soprattutto con un Waldheim come presidente - aveva un estremo bisogno della sua voce di opposizione. "Odio gli uomini, che pure sono al tempo stesso l'unico scopo della mia vita", si legge in Alte Meister (Vecchi maestri). Bernhard non ha mai risparmiato nemmeno se stesso dalla pro- .pria misantropia (rendendosi in tal modo inattaccabile). Accanto all'esagerazione e alla ripetizione, essa è l'elemento stilistico più significativo dello scrittore. La distinzione tra figura e autore, insegnataci dalla scienza letteraria, è pressoché rimossa da Bemhard. La sua realtà esistenziale è ri5
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==