!PANORAMICA USCIREDALL'APATIA. I TENTATIVDI I UNA STAGIONE Stefano De Matteis Le legiferaziòni ministeriali hanno dato il colpo definitivo alle aree più scoperte e meno protette della sperimentazione teatrale, ma è anche vero che gruppi e gruppuscoli non hanno saputo rispondere in modo compatto e unanime agli attacchi formulati contro di loro in sede legislativa ed economica. Di nuovo ci si trova di fronte a un "si salvi chi può" chesembraessere la bussola imperante, e ha come variante l'abominevole "mors tua vita mea". La ·pratica teatrale nerisente e nella maggior parte dei casi ci troviamo così •difronte a prodotti ben confezionati, asettici e accondiscendenti verso un sistema ormai diffuso che Vuole la separatezza e l'estraneità tra le pra- - tiche artistiche e l'organizzazione politica e culturale relativa. Se leggiamo da questo punto di vista alcuni spettacoli di gruppi "giovani" (cioè di quella ge.nerazione che ha ormai superato la trentina) si potrebbe obiettare che la scefra artistica denuncia una "neutralità etica", il tirarsi fuori dalgiocoperintesserericami estetici più o meno leziosi su se stessi. Spesso lo spettacolo si fa patina; rivestimento eccentrico e lussuoso, bella impaginazione di poche idee striminzite. Ma si può anche avere un"'etica come imperativo" dove la forza dei temi toccati viene annullata da un livello "ideologico" incagliato nel ciarpame delle citazioni e dei riferimenti molto casuali. All'interno di questa generazione diverse sono le strade percorse, divergenti, parallele, opposte. . La perfezione del teatro di Giorgio Barberio Corsetti tocca in superficie, dà sensazioni ma mai emozioni, comunica fisiologicamente ma non poeticamente, corre il rischio di essere un perfetto e funzionale contenitore, un asettico laboratorio di ricerca attraversabileda-quasitutto. Sull 'altroversante registi come Mario Martone hanno tentato una sorta di "svolta" di tipo etico daA/phaville a Seconda generazione, mal' esperimento 58 è rimasto a mezza strada: I' enunciato teorico non ha·trovato la materia artistica complementare, il che significa o che il problema etico era acerbo o che non era maturatoparallelamente alpiano espressivo. Il linguaggio teatrale mostra; in questo caso, una inadeguatezza se confrontato con le dichiarazio- · ni e le motivazioni che sono la filigrana degli spettacoli. Questa fase di impasse è forse il segnale di un altro problema ancora. I presupposti che fanno da sostrato in alcuni spettacoli- le relazioni tra gli individui e, in questo, la distinzione tra bene e male - sono forse solo una mediazione per ritorare e parlare di un intervento del teatro nel sociale, per rimettere in contatto il teatro con la vita, per trovare un senso più profondo del proprio agire. Il più delle volte invece diventano diagnosi senza spessore, senza complessità, senza riflessione. Un confronto tra generazione può essere utile a chiarire: rifacciamoci alla generazione teatrale precedente, quella degli attuali quaranta-cinquantenni, a quei poA.destra: uno spettacolo di la.Gaja Scienza con Giorgio Barberia Corsetti; sotto: Antonio Neiwiller in Ritornood Alphoville. chi artefici teatrali sopravvissuti che sono stati inventori e ricreatori della scena negli anni Sessanta e Settanta, quelli che non sono diventati funzionari pubblici o pri0 vati e che continuano a viv.ere come "individualità creative". Quali sono le caratteristiche di questi sopravvissuti: sono prima di tutto degli attori-intellettuali, hanno un proprio progetto che tiene conto degli altri, della politica e non dei politici. Per costoro il problema non è solo di mediazione con il sociale, ma riguarga la loro stessa intimità e individualità, riguarda loro in rapporto con il mondo che li circonda, un rapporto che passa attraverso lapraticadell 'artista costruita e verificata giorno per giorno. Quest'anno è stata la stagione· di spettacoli che hanno spesso usato la metafora del cimitero e della morte, impietose diagnosi dei fallimenti del sociale e della condizione 0 di silenzio per l'artista e per l'individuo: si arriva al massimo alla. possibilità di bisbigliare poche frasi per riscoprire un senso del proprio agire al di là della morte che ci circonda. La fine del "sentimento" e l'impossibilità di agire, traducono in Carmelo Bene il melodramma in scherzo comico, in macchina dell'essere al posto dell'essere stesso (La cena dèlle beffe); il cimitero della protesta nella poesia "in ecce~so" di Leo De Berardinis sancisce lo scotto da pagare quando si agisce "per gli uomini", fino a una sorta di testamento della fine di un'umanità mai nata (Quintet); la morte del- ! 'utopia e la speranza di un senso poeticochenasce"dal basso", dalla strada, in Santagata-Morganti (Pasoublier); le riflessioni artistiche di Antonio Neiwiller coniu- ·.gate al jazz come bisogno di riaffermare l'assolo poetico contro il coro unanime, anonimo e ornalo- . gato del sociale. Norì si tratta di segnali di nostalgiche reminiscenze politiche, ma di esigenze immediate che riaffermano percorsi nati da presupposti ."morali", soggettivi, individuali ma ai quali l'individualità va stretta e il mondo così còm'è fa schifo, e che si ostinano a parlare, dire, fare cercando una voce che non pari i ·soloper sé. Tullo ciò salta ogni problema di "neautralità", l'attore si oppone come artista, come intellettuale che si muove per cammini non conformati. Se questo è l'anno del teatro "mortuario" vuole. comunque dire che queste persone, queste esperienze più recettive, riescono ancora ad articolare un dialogo, a sferrare accuse e offese a un sociale silenziosamente accondiscendente. Questa generazione di ricercatori, anche se rimossa o-ignorata dalle pratiche legislative e dalla burocratizzazione in atto, è esemplare al di là dei singoli spettacoli e dei risultati più o meno condivisibili. Si tratta di una lezione di "politica artistica" e di arte come vita che nessuna ricerca o tesi ha finora documentato.
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