Linea d'ombra - anno VII - n. 37 - aprile 1989

"PREGO SORRIDA!" IDENTIKITDELGIOVANETEATRANTEITALIANO PiergiorgioGiacchè "Prego, sorrida!". Nel dirlo, il fotografo diventava un attimo invadente e intimo come un barbiere, mentre una puntura di disagio ci arrossiva tutti, ci arrossiva troppo. Perché poi? Un attimo prima avevamo accettato con scontata disinvoltura l'occhio dell'obiettivo: non era davvero quello a preoccuparci. Ma l'invito a sorridere all'istante e per forza, provocava ogni volta un minuscolo ma insopportabile disappunto. Schernirsi equival~va a obbedire, producendo un accidentale sorriso di negazione: e quella bocca strabica restava al centro di una smorfia stupida. Immortalata. Verificata ancora una volta l'inaccettabilità del ritratto, si era fin troppo pronti a riconoscere come una qual ità, la naturale mancanza di fotogenia (ah, 1'imprendibilità dell'anima e dell'ingegno!), mentre sapevamo bene che tutto era dovuto a quel richiamo, a quello sconveniente appello alla presenza in scena, a quel1'assurdo ordine di recitare! Da lì alla filodrammatica il passo era breve e solo apparent;cmente inspiegabile: sentivamo di volere di più. E di dare di più: tutto il piccolo narçisismO' solleticato e frustrato da una fotografia, in cambio di una ragione più alta, di un personaggio più grande. Un ostacolo e un dovere qualunque ehe desse senso allo sforzo di ridere. O più facilmente di piangere. "Prego, sorrida!", non si usa più. Si può dare la colpa alle macchinette che, prima alla Stazione e poi davanti agli Uffici dei Certificati, hanno sostituito il fotografo-tessera di un tempo; sì, quello che in provincia, col suo armamentario a soffietto, ha resistito molto oltre la leggenda della:sua fine, lesto a infilarsi sotto il mantellone nero da lupo cattivo ("guarda l'uccellino!"). Oppure una parte di colpa è della nuova mania di videoregistrare matrimoni e vacanze, e magari proibite familiarità, per poi potersi finalmente vedere in televisione, e magari negli 9rari vietati ai mjnori. Ma la verità è che è terminata la voglia di sorridere. E subito ridicolo consegnare un'immagine lieta di sé. Il sorriso stereotipato, nella vita come in fotografia, è stato archiviato: se i modelli e le maschere sono diventate altre e molte, almeno quella antiquata del sorriso la si è voluta spegnere. Forse pensando _checosì avremmo tutti gùadagnato in spontaneità, mentre era solo per tenere il passo con i tempi. "Così ridevano", ma oggi si è più, come dire?, naturali! Oppure una parte di verità comincia a stare nel fatto che il sorriso non lo si può davvero recitare, mentre per tutte le altre pose non c'è più problema. Che avessero ragione quei primitivi degli arabi, a velare il volto delle "loro" donne, a nascondere la più evidente e incontrollabile intimità del sorriso, l'unica che può davvero tradirci e tradire? "Prego, io sorrido!". Senza veli- e pudori - un giovane.con tanto di barba e tanti capelli ti si avvicina per strada e ti aggredisce senza parole: non c'è bisogno di dire quello che si confessa! C'è una seconda storia o una seconda fase, per quanto attiene al sorriso. Dunque una storia, o una fase, "alternativa". Certamente una scelta e una storia "di gruppo", non importa.quale: se di partito, o di chiesa, o di teatro ... Di teatrllle vanta senza dubbio l'origine, almeno per la parte copiata, prima di morire, al Commesso Viaggiatore. Infatti la prima utilizzazione sperimentale ha à che vedere con il commercio, con la vendita o la diffusione del giornale o del volantino. Ma poi, stemperato dai figli dei fiori e dai cattolici del dissenso, quel sorriso si è sistemato a metà, tra "servire il popolo" e i Testimoni di Geova, diventando un'espressione solida, di tutto rispetto e di sicuro effetto. Il sorriso-distintivo, del dialogo e del proselitismo, della provocazione leggera e dell'identità forte, è. passato in eredità dal militante buono al teatrante callivo. Una eredità su cui ci sarebbe molto da dire, ma poco da discutere. Anche sulla "cattività" (non cerro cattiveria d'animo o di qualità, che non sta ad alcuno giudicare) dell'allora Giovane Attore, potrebbero venire in mente molte prove indiziarie e perfino talune testimonianze. Ma, come per la "bontà'.' dcli' ex-giovane militante, si tratta di c.oncetti superficiali, di atteggiamenti, se non di sfumature. Alla fin fine si vuole soltanto ricordare che, sia pure in tempi e modi diversi, appunto con le buone o con le cattive, la cattività vale in fondo per entrambi, militante ed attore: nel senso dei "prigionieri politici". "Prego, io sorrido!", sembravano voler dire- militante e attore - anche sopra l'amplificazione dei trampoli, anche dietro .I 'altezza dei megafoni, negli spiazzi o nelle piazze dove celebravano insieme i festival della loro Unità. E quel sorriso valeva ben più di uno slogan, negli anni in cui si credeva di essere arrivati alla fine e alla nausea delle parole e la creatività dei singoli e delle masse riscriveva le bibbie, a partire dal dogma pagano che "in principio era il corpo". Il_giovanemilitante è diventato funzionario, poi assessore, ma è rimasto sempre giovane, in virtù dell'ambito scelto per la propria carriera: in Politica è difficile invecchiare, almeno finché du- . rano le Alte Eternità che ancora la governano. Il giovane attore, nel frattempo, ha tante volte rischiato di diventare vecchio. Ma ancora, grazie al mestiere che ha scelto, ce l'ha fatta: non lo dimostra! Sembravano nati e cresciuti in modi e mondi diversi, come due anime opposte, sia pure dello stesso Momento (già "movimento"). Paladini di due contrarie uguaglianze e libertà, sembravano volersi contendere la stessa regione politica, e forse in ragione di questo irrinunciabile connitto, erano destinati a scontrarsi spesso. E, una volta stanchi, a incontrarsi ancora più spesso. Fino quasi a confondersi l'un l'altro. ss

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==