Linea d'ombra - anno VII - n. 37 - aprile 1989

I R I s e o N , R. 1 L'HORRORVERODELLASTORIA IN UN AGGHIACCIANTEFILMCINESE PieraDetassis '"Bisogna annienJare, ma produttivamenle" (Himmler) Da una fusione brutale tra cinema sociale, gore made in Hong-Kong e culto tutto asiatico della carne martoriata e umiliata senza pudore, ilregistaMouTunfei(oT.F.Mous,comeriporta il catalogo del Festival di Berlino. Inchinar- . si al dubbio della grafia ...) sortisce un film che interroga, con violenza, non solo il rimosso di · un paese intero~ il Giappone, ma, soprattutto, alcune convenzioni cinematografiche che regolano la scrittura della storia sociale. Il film si intitolaHeiTai Yang 731 o, nella· versione inglese, Men Behind the Sun (il sole_ è quello, s'intende, della bandiera giapponese) e, per la prima volta, racconta, la terribile vicenda della "Unità 731", corpo speciale e segretissimo giapponese addetto.dal 1935 al 1945, aricerche particolari su esseri umani viventi, per mettere a punto quelle armi batteriologiche e sofisticate di cui necessitava l'Impero in guerra. L'Unità 731 operava :,i Pingfang, in Manciuria (nord della Cina), a quei tempi protettorato giapponese (vi aveva già trovato rifugio il governo-fantoccio di Pi Yu, "l'ultimo imperato" re"). Lo stesso Imperatore giapponese Hirohito, di formazione biologo, risulta tra i fautori dell'atroce laboratorio, cui furono chiamati a collaborare eminenti studiosi e, in particolare; lo scienziato lshii Shiro. L'idea di base è semplice: sperimentare, su pazienti ancora vivi, prima di tutto, la capacità di resistenza a bassissime o altissime temperature, a bruschi cambiamenti di pressione, a stress psicologici e fisici estremi e, in secondo luogo, la possibilità di propagazione di batteri da impiegare contro il nemico ('sparati' da particolari bombe di porcellana messe a punto da Ishii Shiro). La soluzione operativa è, agli oc- .chi dei giapponesi, ancora più evidente: usare per gli esperimenti i prigionieri di guerra (soprattutto cinesi e coreani, ma anche europei, russi, americani) definiti con disprezzo m.aruta (pezzi di legno), nient'altro che inanimato materiale da laboratorio. Furono tremila a soccombere tra torture inimmaginabili (ma che il film, come vedremo, si preoccupa di farci immaginare e vedere) e, a tutt'oggi, il silenzio su questo scorcio-di storia rimane quasi totale. Alla fine della guerra, quando si profilala sconfitta del Giappone, arriva infatti, l'ordine di distruggere il campo, gli edifici, i prigionieri e i documenti che riguardano l'Unità 731, mentre i partecipanti all'operazione si legano ad un patto di assoluta omertà. Un unico libro ha cercatodi fare luce su quegli anni: L'ingordigia del diavolo, uscito nel 1981, di Morimura Seiichi. Per il resto, black-out. Almeno fino a questo film di Mou Tunfei. _ 54 Un film inJollerabile, soprattutto per lo sguardo. Lo annuncia già ilcatalogo di Berlino: "Dopo molte discussioni e perplessità la sezione Panorama ha deciso di presentare il film H ei Tai Yang 731 (...), i cuori e gli stomaci deboli non lo troveranno facile da sopportare. Quelli che resisteranno fino alla fine comprenderanno il messaggio di speranza 1 '. Il regista, in apertura della proiezione, non cerca di indorare la pillola: "Se farete fatica a reggere le immagini, consolatevi pensando che la realtà era molto peggio". Poche, secche parole, coerenti con lo stile anticonformista di questo autore cinquantenne, da noi del tutto sconosciuto, ma con una storia inquieta alle spalle. Mou Tunfei, infatti, pure nato e cresciuto a Taiwan, vive a Hong-Kong dalla fine degli anni Sessanta, quando un suo documentario sulla storia dell'esercito nazionalista creò molti problemi al governo del Kuomintang. Dicevamo di Hei Tai Yang 731 che è un film intollerabile soprattutto, ma non solo, per lo sguardo. A conferma di questa affermazione, c'è il fatto che un film così ossessivamente giocato sul mostrare rimane in realtà, uno dei meno visti del Festival, non solo perché la critica in particolare italiana, l'ha disertato, ma soprattutto perché la sala intera, per buona parte del tempo si è coperta gli occhi con le mani, lanciando furtive e rapide occhiate tra le fessura delle dita e chiudendo del tutto le palpebre nei momenti più forti. L'esodo, poi, a metà del film, ha raggiunto proporzioni ragguardevoli. Una volta annunciata come irrevocabile la decisione del regista di non lasciar nulla all'immaginazione, la gente ha deciso compatta di migrare verso altre immagini. Hei Tai Yang 731 si muove lungo tre direzioni: là descrizionè del gruppo di adolescenti reclutati nell'Unità 731 e duramente addestrati all'indifferenza nei confronti dei m.aruta, il racconto del fanatico patriottismo dei militariscienziati e, infine - deflagrante - lo sguardo diretto, alieno da qualsiasi remora o censura, sugli esperimenti e i loro effetti nella carne umana. Viva. Siamo, insomma, lontanissimi dai romantici o civili film di denuncia sui campi di concentramento nazisti, così come dalla forza stilizzata, fatta di evocazioni cd ellissi, di film come Notte e nebbia di Resnais. L'impegno di Mou Tunfei è al contrario quello del rovesciamento costante, del paradosso come arma di choc. Chi non conserva nella propria memoria civile le immagini delle .cataste di cadaveri nudi, denutriti, rinsecchiti degli ebrei assassinati dal nazismo? Orribili immagini di denuncia, diventate ormai "belle" immagini. Così, almeno, sembra pensare Mo.u Tunfei e rischia in altro modo: i cadaveri ingrigiti e gessosi del suo film si impilano eguali nel forno crematorio, ma la scenp è volutamente trattata con volgarità grand-guignolesca, mentre l'addetto alia cremazione, ubriaco fradicio, trancia cantando gambe e braccia e le butta disordinatamente nel fuoco. Per Mou Tunfei-in un universo in cui la denuncia è diventata un' attrazione, auspicata e richiesta dal pubblico -:- bisogna osare davvero la zona dello "sclùfoso" per farsi sentire e lasciare l'unghiata. Il suo film, che recupera l'asiatica mancanza di pudore nei confronti dì morte e carne congiunte, solleva comunque qualche interrogativo. Dopo l'avvento del new horror e delle interiora putrescenti di Romero, infatti, si dava per scontato l'avvenuto spostamento della soglia del mostrabile. E invece no: quello che è ormai accettabile nell'ambito dell'horror, grazie alla sotterranea certezza dcli' esistenza del trucco, risulta immediatamente intollerabile in un film che racconta una realtà accertata e documentata. Ma, proprio perché non si possono guardare, quelle immagini finiscono per essere più crudelmente incisive: la donna cui vengono congelate le braccia a 35° sotto zero, per poi strapparle pelle e carne sino alle ossa, d'un sol colpo; le dita spezzate come grissini dopo il gelo; gli effetti insistiti, "in diretta", di pressione, ultrasuoni e gas sui corpi nudi di uomini e donne. Il neonato strappato alle braccia· della madre e èopcrto di neve, distrattamente, con un piede. Sotto ciascuna di queste barbare immagini compaiono nomi, età, date di tortura e morte dei personaggi. Dati evidenti, che non lasciano pensare, appunto, a dove stia il trucco. Dove verrà visto o distribuito questo film impossibile? Il Giappone l'ha già rifiutato. E si può capire: nonostante l'avvertenza iniziale "L'amicizia è amicizia, la Storia è Storia", è difficile non pensare a He Tai Yang 731 come a un atto di aggressione violenta nei confronti di quel paese e·del suo passato. Operazione, dunque, senza concessioni, fin negli essenzia- · li titoli di coda che aggiungono orrore all' orrore. Una puntuale cronologia, ci informa, infatti, non solo che gli scienziati della "731" non hanno subito allafine della guerra, alcm;1processo,.ma che lshii, catturato, ha avuta garantita dagli americani l'immunità, in cambio di informazioni sugli esperimenti. E mentre i suoi colleghi ritrovano, in Giappone, vita normale e prestigio, gli Stati Uniti-ci credereste ?-si assicurano la sua partecipazione, in qualità di consulente scientifico, alla guerra di Corea.

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