ché si mangiavano il 41% degli introiti; gli elèvati costi di produzione; Hollywood, perché le Filippine sono il paese asiat.icopiù "americanizzato", e diciamo che dopo quattrocento anni di dominio spagnolo, ci sono toccati quaranta ann_idi dominio hollywoodiano; la polit.icagovernativa e la censura, che allora volevano dire sostanzialmente l'autocrazia sulla "cultura" di Imelda Marcos - la censura si confonnava al suo motto: "Presentare ciò che è vero, buono e bello". Imelda faceva appelli ai registi perché collaborassero alla "costruzione della nazione", vale a dire servissero la causa dell'immagine delle Filippine che essa voleva imporre internazionalmente: niente povertà, niente baraccopoli, nessun problema di fondo. Oggi, nel 1988, i problemi sono sostanzialmente gli stessi: le tasse sono ulteriormente aumentate e aggravate dalla svalutazione del peso, il predominio di Hollywood non è mutato,eoggi abbiamo anzi Rambo 2 e Rambo 3 al posto di Rambo 1; il motto ora adottato dal governo per regolare la produzione cinematografica è "presentare ciò che è pulito, sano e decente". In più, vi si aggiunge la pirateria video: con otto dollari US puoi comprare una cassetta pirata di un nuovo film hollywoodiano non ancora uscito a Manila. Nel 198I la nostra produzione annuale si aggirava tra i duecento e i trecento lungometraggi, e importavamo annualmente da cinquecento a seicento film, per la maggior parte hollywoodiani, rarissimi erano i titoli europei distribuiti, per il resto erano soprattutto film hongkonghesi e taiwanesi di arti marLiali. Nel 1987 abbiamo prodotto meno di cento lungometraggi, ma ne abbiamo comunque importati quasi quattrocento, soprattutto hollywoodiani - le Filippine sono ormai note come l'ultima spiaggia dei rifiuti, della serie Z hollywoodiana. Di fronte a questa situazione, complicata dall'incremento dei costi produtt.ivi, i film che si realizzano nelle Filippine non possono che essere retti da formule fisse, ispirate al cinema di Hollywood: film tratti da fumetti, mélo ispirati ai personaggi o alle situazioni di Dallas e Dynasty (set e costumi lussuosi, le nostre prosperose attrici che cercano di somigliare a Joan Collins), film di gangster e di fuorilegge "pentiti", commedie farsesche. Le tre majors filippine sono controllate dai cinesi, che regnano anche nella distribuzione e nel!'esercizio - così che i gusti del pubblico si stanno gradualmente "hongkonghizzando". Non esiste aiuto governativo al cinema. Fare filmpiù ambiziosi, più importanti-non parlo di "film di qualità" o "film d '~utore" -sono categorie che non mi interessano -è ormai pressoché impossibile. Anche per via della censura. Al tempo di Marcos, l'industria cinematografica, le majors e gli indipendenti erano tutti d'accordo nella critica alla dittatura. 48 PhillipSalvador in Jaguar ( 1979) di lino Brocka. Mi appoggiavano, sostenevano il mio cinema. Ma oggi che Cory Aquino è venerata come una santa, nessun produttore mi darebbe soldi per girare un film che contenesse anche una sola oncia di critica nei confronti del nuovo regime. La corruzione regna nel governo, e Cory riesce sempre meno a controllare la politica che ha annunciato di voler seguire. Prima, conoscevamo bene iInemico: la commissione di censura stabiliva i limiti che non dovevamo oltrepassare e noi cercavamo di beffarla. Ora, invece, si parla di abolizione della censura, ma qualunque burocrate può intervenire a bloccare il film anche prima che sia ultimato, sequestrare il negativo. È una fase di transizione, che avremo non pochi problemi a superare. A raccontare queste cose, corro un rischio. Qualche funzionario potrebbe accusarmi di denigrare il governo: "Vai all'estero a interpretare il ruolo dell'artista perseguitato, per ottenere il riconoscimento della stampa europea". La censura è divenuta ancora più rigida: vogliono adesso poter intervenire anche prima che il film sia finito, sequestrare il materiale quand'è ancora in sviluppo e stampa, intervenire sul negativo. Per poter partecipare a festival stranieri, un film filippino dovrebbe godere dell'approvazione della commissione, essere da loro raccomandato. Ci stiamo battendo contro queste e altre manifestazioni del nuovo oscurantismo. Il mio ultimo film, Macho Dancer -non è certo un "film da festival", volevo fare un film che fosse commercialmente competitivo sul nostro mercato - è stato giudicato dal nuovo capo dei censori assai poco "pulito, sano e decente" e "insozza l'immagine delle Filippine all'estero". È stato proiettato ai festival di Toronto e Londra e i censori mi hanno intimato di spiegare come la copia ha fatto a uscire dal paese-;enza ancora avere ottenuto il visto di censura, Mi devo affrettare a tornare a Manila, perché ho l'intenzione di citare in giudizio i censori. E il movimento di opposizione, anche cinematografica, sta riprendendo le forze: scenderemo di nuovo nelle strade. Quello che pretendo dal mio governo è che non mutili o bandisca un mio film se esso ha affrontato alcuni dei nostri problemi reali. La prima cosa che fanno i nostri censori èdi metterlo all'indice sotto l'accusa di essere un 'opera "fiiocomunista". Certo che ciò che mostra non sarà "pulito" o bello da vedere: la miseria e l'ingiustizia non sono belle da vedere. Ma solo un governo "filoamericano" come il nostro può non reagire al dumping sistematico di sottoprodotti hollywoodiani nel nostro mercato e insorgere contro un film commerciale ma onesto come Macho Dancer. (Dichiarazioni raccolte da Marco Mullcr, Nantcs, 16-18 XI 1988).
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