UN FALSO PROBLEMA NON SI RISOLVELACRISIDELCINEMA CON LEBUONESCENEGGIATURE Alain Tanner Da un po' di tempo in Svizzera si nota una certa agitazione intorno al problema della sceneggiatura. Un modo implicito per dire che esiste un vero problema nel nostro cinema, visto che troppi pochi film arrivano nelle sale, al pubblico. Per non far troppa polemica e essere rispettosi coi registi, si punta il dito contro chi non esiste: lo sceneggiatore. Sarebbe lì, in questo buco nero, in raggruppare in tre categorie (parliamo naturalmente dei film distribuiti sul mercato). La prima è quella dei film spettacolari, pensati per il pubblico più vasto, a livello mondiale, categoria dominata largamente dal cinema americano, e che è naturalmente impensabile introdurre nel nostro paese. La seconda, che potremmo chiamare il film commerciale "medio", di medio budget (due/tre questo luogo comune cbe si nasconde il male, il colpevole. Il responsabile delle difficoltà dei nostri film è lui, il grande assente. I registi sono dei poveri orfani perché il padre, lo sceneggiatore, non si è presentato all'appuntamento. E allora non si può essere troppo severi con un orfanello. Ma tutto si può aggiustare e con un colpo di bacchetta magica si riuscirà a far riapparire lo scomparso sulle scene. Come avevamo fatto a non pensarci prima? Con qualche lezione di tre giorni, due settimane o dodici mesi - a scelta- non ci sarebbe stato che l' imbarazzo della scelta tra sceneggiatori professionisti usciti freschi freschi dall'uovo come tanti pulcini. Scherzo, e probabilmente ho torto. Facciamo i seri, una buona volta. Da nessuna parte ho trovato anche lapiù piccola analisi della situazione. Quando c'è un problema, o un vuoto,e se ne sta cercando il rimedio, la prima cosa da fare, mi sembra, è quella di tentare un'analisi della situazione che ha provocato la crisi. E invece niente, zero. Si parla del problema della sceneggiatura come se non fosse cambiato nulla dai tempi di Hollywood e dello heimatfilm, come se avessimo in Svizzera un' industria del cinema, dei finanziatori, come se la nostra situazione non fosse particolarissima e strettamente determinata da condizioni precise, e limitative. Come se questa situazione non si modificasse, anche molto rapidamente, e in un senso non necessariamente favorevole. Come se non si volesse né sapere né vedere. Il "film d'autore" non è una scelta Cerchiamo di vedere un po' più da vicino. Naturalmente ci vorrebbe un po' più di spazio, ma riassumeremo. E semplifichiamo: se osserviamo l'evoluzione del cinema oggi nel monçlo, ci accorgiamo che si può • miliardi), spesso debitore di un genere (po- -------------· :=-1 liziesco, commedia, eccetera) ma anche di Alain T anner (foto di FulviaFarassina). Alain Tanner è nato il 6 dicembre 1929 a Ginevra (Svizzera) dove è vissuto fino al periodo universitario, impegnandosi più nell'apertura di un cineclub che nei carsi di scienze economiche. Trasferitosi a Genova, ha lavorato in una società di navigazione, su un cargo diretto in Africa; nel 1955 si è trasferito a Londra dove ha frequentato gli ambienti del free cinema. Ha lavorato al British Film Institute e nel '56/57 ha diretto, insieme a un altro ginevrino, Claude Goretta, il suo primo cortometraggio, Nice Time. Ha lavorato alla BBC come assistenl producer e poi aiuto regista. Nel 1960 è rientrato in Svizzera dove, quattro anni più tardi, ha diretto il suo primo Iungornetraggio, Les apprenlis. Con Soutter, Garetta, Roy e Lagrange ha fondato, nel 1968, il "Groupe 5". Filmprincipali: Lesapprentis(1964), Charles mort ou vif (1969), La salamandre (1971), Jonas che avrà venl' anni nel 2000 (1976), Gli anni luce (1981), Nella città bianca (1983), Una.fiamma nel mio cuore (1987). Su "Linead'ombra"èstata pubblicata nel n. 14 del 1986 una sua lunga intervista. 1 un'infrastruttura produttiva (tecnica, commerciale, finanziaria e umana), è altrettanto impensabile in Svizzera. Questa categoria, che alcuni nostri registi svizzeri sognano, oggi sembra andare ovunque a picco, nel mercato cinematografico, perché in concorrenza con la televisione che del resto è all'origine dei finanziamenti per più del cinquanta per cento, in questa categoria. La terzacategoriaèquelladei film a basso costo, che non potendo avvalersi dell 'apporto di una tecnologia forte o della presenza di una star, ha come sola carta da giocare la personalità, l'originalità delle idee o del talento di chi gira. E quello che si chiama, in mancanza di meglio, il film d'autore, la cui produzione è più vicina al fai-date artigianale che a tutto quello che fa funzionare il cinema industriale. Questa categoria - e non è una scelta, ma una semplice realtà oggettiva - è la sola che sia possibile immaginare nel nostro paese. "L'ideologia della sceneggiatura" Torniamo alla sceneggiatura. Diciamo per cominciare e per evitare qualsiasi equivoco in vista di quanto si dirà dopo che una buona sceneggiatura non è un male. Ovviamente. Ma parlare di sceneggiatura come di un problema e cercare di risolverlo, questo vuol dire andare automaticamente verso quantocisiadipeggio: è quella che potremmo chiamare "l'ideologia della sceneggiatura". È il vecchio serpente di mare che riappare ogni volta che la crisi del cinema torna a farsi acuta, il vecchio spaventapasseri agitato dai produttori e dai distributori quando il botteghino resta vuoto. E che non ha mai avuto il minimo effetto, la minima conseguenza. Il problema della sceneg4.!i
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