Occorrerà dunque, se di queste cosesi pensa che valga ancora la pena di occuparsi, che si sia molto vigili e molto esigenti, e generosi il dovuto quando l'impresa è simpatica, non programmata e computerizzata, e aperta. Convinta, generosa. Si tratta di essere selettivi, di selezionare coloro con i quali-a distanza come da presso - si crede valga la pena di parlare, perfino di litigare se necessario e sedivertente, proficuo. A distanza, anche con il poco nuovo o molto che si esprime altrove, o con il vecchio che non è solo vecchio. Per esempio, anche con l'America e il suo cinema contortissimo, più contorto che mai (altro che le chiarezze luminose che volevano i critici dei Sessanta!); o anche con quel cinema del Terzo Mondo che è esso pure pieno di mistificazioni e di ambiguità o, come si diceva una volta e non è illegittimo tornare a dire, di puzzonate. Ma che va più degli altri, per noi che stiamo dall'altra parte della barriera del soldo, studiato e capito, diffuso nelle sue punte, accolto nelle sue motivate ripulse o rivolte, nella sua diversità. E allora, sì a Brocka (ma non a scatola chiusa: a nessuno mai, a scatola chiusa!) e no a Mira Nair che vuol troppo piacerci; sì ai "crudeli" e no ai comuni e supini, o ai rampanti che anche lì proliferano. E ne li 'Est, dopo tante tristezze censorie, che qualche fiore fiorisca e qualche incazzato si esprima, finalmente! E in G.B., che le tensioni sociali producano ancora film carichi di tensioni (e commedie e canzoni e poesie). E che i melting pot metropolitani si espandano, a produrre nuovi colori e sapori, e anche nuove immagini. E tornando al cinema USA, facendo del nostro sguardo qualcosa di più "a raggi X" di quanto non è mai stato, poiché è neces- · sario e doveroso quando si tratta dei nostri colonizzatori passati (perché ci riteniamo, nella bruttezza e nella ricchezza, provvisoriamente autosufficienti e superiori), molto c'è ancora da valutare e diffondere così come molto c'è da contrastare. Due film recenti, visti quasi contemporaneamente, confermano, per esempio, le ambiguità e la necessità dell'analisi senza paraocchi. Con Un'altra donna, Woody Allen ci porta al limite dell'esasperazione nei confronti di una intellighenzia professionista nella quale riconosciamo parte delle nostre quotidiane angosce e nevrosi, ma con nausea: personaggi privilegiati, che scrutano ciascuno il proprio ombelico o peggio, e soffrono perché anche gli altri scrutano il proprio,.e nessuno quello del vicino. Assenza di bisogni non secondari. Spiritualità avvilita a tormentone psicanalitico toto-giustificazionista, chiusissimo a tutto ciò che è fuori, sopra, in altro, in altrui. Alla fine ci diciamo, naturalmente vergognandoci, che di quest'umanità non si sa più che fare, e che davvero essa cerca la sua morte, la invoca anzi, nel mentre che senza rendersi conto ("la questione degli imbecilli" di cui parlava un grande teologo) contribuire a provocare l'altrui morte con incosciente spietatezza. E poi, vicino, un film rozzo e certamente non d'autore, come MississippiBurning, fasullo non appena i due protagonisti discettano e si esprimono, ma che ci piomba subito, di primo acchito, in un tempo e in un luogo, e in un problema che ci appartiene e che non può non appartenerci. Ecco, si vorrebbe non dover scegliere tra l'Autore Intelligente che non ci tocca coi suoi dolori ci fa anzi qualche ribrezzo, e il Mestierante Furbo che però sa sciorinare a forti tinte qualcosa che sempre più ci riguarda perché non riguarda solo noi, perchéciapre agli altri e alle altrui lacrime e lotte. Altro è possibile, e quell'altro andremo cercando. 44 In alto: uno scena di Miss;ssiepiBurning di Alon Porker; al centro: Woody Allen con Gena Rowlonds e Gene Hockmon giro Un'altradonna; sotto: Kevin Kline in Un pesce di nome Wanda di Charles Crichton.
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