Linea d'ombra - anno VII - n. 37 - aprile 1989

ce sui primordi dell'uomo, proprio sulla pace - uno dei concetti che fondano l'agire sociale e la convivenza interpersonale - la matrice latina della lingua italiana ha letto la realtà esattamente come l'ebraico. Ma bisogna fare un salto di 2000 anni per scoprir~ che, nella sua accezione originaria, "pax, pacis" designava proprio l'azione di chi pattuisce, cioè stabilisce un patto fra sé e l'altro. Il che presuppone significativamente uno stato naturale pressoché continuo di guerra, a cui solo un rapporto culturale come il patto può porre fine, instaurando appunto la pace. Ma non basta: il verbo "pacare", mettere in pace, ha prodotto il nostro "pagare". Anche se purtroppo ne abbiamo perso la consapevolezza, il significato più autentico di "pagare" è infatti quello di "mettere in pace il creditore saldando il debito". Solo a quel punto l' altro sarà effettivamente pago e appagato, e quindi pacifico, in quanto restituito alla sua integrità. Sì, perché integro, proprio come shalém, significa "non toccato né alterato da menomazioni, danni o perdite", dunque in pace con se stesso e con l'altro, senza ombre ranco.- rose. Queste curiose corrispondenze fra parole che appartengono alla stessa area semantica, ma che l'uso ha nettamente separato (perché non è "nobile" né "spirituale''. che la pace sia macchiata dalla "volgarità" del pagare), sono state spesso accusate di "visione materialistica". E invece denotano un realismo pragmatico e una conoscenza degli uomini su cui solo può fondarsi la convivenza civile; diversamente, persa nelle nebbie di uno spiritualismo idealistico, una pace che non si regga sulla giustizia equitativa èun' astrazione illusoria, lanostalgia dell'idillio o una pia aspirazione. Se non si accetta il principio che perottenere la pace occorre pur sempre pagare, ossia ristabilire un equilibrio, succede che "la zedék, la giustizia autentica del cosiddetto Dio di Israele decade a qualità di second'ordine, quando non viene addirittura bollata come una vera e propria incapacità d'amare". E allora il mondo si capovolge, torti e ragioni sono stravolti nell'indifferenza che si spaccia per misericordia, l'imperativo di ricordare viene tacciato di ossessione vendicativa, e la smania di perdonare in nome di una pace eh 'è solo quieto vivere disintegra le coscienze e sfocia in quell' amnesy internazionale ormai dilagante. E a proposito del perdono, un 'ultima cosa: con il suo culto dello J us, della Legge come fondamento del mondo, il latino classico ignorava il concetto, e dunque il verbo "perdonare". Usava bensì "ignoscere", ma proprio nel senso negativo di "non voler sapere, passar sopra". "Perdonare", introdotto nella lingua e nelle coscienze dal Cristianesimo medioevale, è composto da "donare" - ovviamente in senso spirituale - e da "per", prefisso intensivo che indica il grado massimo (e in certi casi eccessivo) di un'azione. Laddove, con minor assolutismo e maggior praticità, la zedakà, la misericordia e la carità, deriva in ebraico da zedék, la giustizia, ed anche il comandamento mosaico "ama il prossimo tuo come te stesso" insegna-ha scritto Giacoma Limentani - "a non cadere dalla generosità nello sperpero". LETTERE Piùbianchidi così... Nel numero 34 di questa rivista, un articolo di Oreste Pivetta dal titoloL' intolleranza e il razzismo diceva della trasmissione televisiva "Nonsolonero" che" è il giornalino su misura per i solo neri che si snoda per quindici minuti, alle tredici di ogni sabato in coda al Tg2. Presenta ovviamente una ragazza nera, Maria De Lourdes Jesus, una top model spacciata per persona normale, con un curriculum, al naturale, di colf e autodidatta, bella, brava, elegante, con i capelli stirati, che mi hanno ricordato l'Autobiografia di Malcolm X, quando il leader nero rimprovera furiosamente la sorella che con tinture e messe in pieghe s'era sbiondita e lisciata. Il quadretto in realtà, oltre l'inciso, è pertinente. Anche 'Nonsolonero' è sbiondito e lisciato, giusto per sentirsi accettabile senza uscire mai dal ghetto, nel rispetto dei buoni sentimenti di una società infame che si scomoda ad accogliere gli altri per utilità senza solidarietà, che ogni tanto si pentemanoncambia,chevorrebbe risolvere i suoi problemi o i suoi complessi di colpa nominandoli e separandoli, inventand.osi punti sessuati, omosessuali o neri, senza andare alla radice di uno scontro che è ancora di classe anche se le classi sono una cosa diversa rispetto soltanto a dieci anni fa e attraversano confini di lingua o di colore. È solo antirazzismo della parola, innocuO' e formale". Ci scrive Massimo Ghirelli, ideatore e curatore di "Nonsolonero" e si dice, coi suoi colleghi, ferito, infastidito e indignato dal!' articolo del nostro Oreste. "Ferito in quanto viene da presunti compagni, da cui ci si aspetterebbe solidarietà, rispetto e attenzione - a colpire compagni seri e onesti, impegnati in un lavoro difficile e importante, se non altro perché unico nel panorama europeo. Onesto e privo di ombre il lavoro di Mastrostefano, autore da sempre della televisione migliore che abbia mai fatto la Rai, dossier e inchieste coraggiose e spregiudicate. Difficile e impegnato il mio lavoro di collaboratore (esterno), dagli sceneggiati sull'Apartheid alle inchieste sul disarmo, dai dossier sul potere dell'informazione agli speciali sulla salute, sulla violenza sessuale, sul razzismo. Evidentemente Pivetta per giudicare il nostro lavoro non ha avuto il bisogno di vederlo: non ha visto i dossier del Tg2, non ha letto i nostri libri (pubblicati da un reazionario, gli Editori Riuniti), non ha visto i nostri spot contro il carbone sudafricano, né i video (commissionati da neonazisti, la Federazione giovanile comunista). Pivetta ci ha anche infastidito: perché è oltremodo fastidiosa la critica di chi non ti ha visto (tanto da collocare la trasmissione in un orario che non è il suo, da giudicare stirati i capelli della signorina Jesus, ecc.); fl!stidiosa la spocchia di chi ti bolla di 'ghetto' per solo neri, senza sapere che 'Nonsolonero' ha oltre un milione di spettatori-numero che non tiene conto nemmeno di uno spettatore straniero, perché nel campione Auditel degli ascoltatori non è compreso nemmeno un immigrato (non parliamo delle lettere e delle telefonate che ci arrivano in redazione). Infine Pivetta-e la sua Rivista - ci ha indignato profondamente: perché, allineandosi con chi l'ha minacciata e aggredita, IL CONTESTO aggredisce la nostra Maria de Lourdes, credendo di poterla privare con quattro miserabili parole delle sue lotte, delle sue difficili esperienze, delle sue conquiste. Dare a lei della 'top model' spacciata per persona normale e a noi degli apprendisti stregoni costruttori di curricula fasulli è vergognoso e inaccettabile. Evidentemente per Pivetta e 'Linea d'ombra' gli africani, per essere veri; devono avere le tette di fuori e il gonnellino di banane: come forse immaginate siano vestite le presentatrici televisive della Tv di Capo Verde. La prossima volta, informatevi: provate per esempio a chiedere chi è Maria de Lourdes alla Federazione delle comunità straniere in Italia, o all'Organizzazione delle donrÌe capoverdiane (Cabrai, mai sentito nominare?), o allaCgil lavoratori immigrati. Lo scontro è veramente di classe-come dice Pivetta: ma voi siete dalla parte sbagliata. Potrebbe bastare così: senon fosse che sulla sua Rivista vedo i nomi di Manconi, Flores, Lemer, Jervis ... Allora penso che 'Linea d'ombra' si debba scusare, ammettendo di non aver mai visto 'Nonsolonero ', e di aver parlato per partito preso, per pregiudizio, per mancanza di informazione. Criticandoci per quello che siamo e facciamo, non per quello che vorreste che fossimo. Scuse pubbliche, con lo stesso rilievo che avete dato agli insulti gratuiti. E ricordate che la Tv, oltre ad essere 'specchio di strategie e politiche dominanti' è anche un posto dove lavorano e impegnano il loro cervello e la loro fantasia compagni seri e onesti." Ho chiesto a Oreste Pivetta di replicare ed ecco la sua risposta: "Non chiedo scusa aMaria de Lourdes perché credo abbia inteso il senso del mio articolo attraverso il quale volevo denunciare I' emergere di vecchi e nuovi razzismi e insieme la disattenzione o la strumentalizzazione dei mass media e in particolare della televisione, che ha buon cuore ma anche il potere tremendo di trasformare tutto quel che tocca, di uniformare, di appiattire, di ridurre la complessità e, spesso, la drammaticità delle vicende umane, di consumare ogni episodio, ogni atteggiamento in un pretesto di spettacolo. La televisione non mi dà mai la verità. Oppure la presenta attraverso una lente .talmente di ingrandimento da tramutarla in una mostruosità irreale, estranea per quanto prossima. Per questo semplicemente può parlarci di tutto, rispettando le consegne: chiuderci nella capanna dello zio Tom e battere il record di audience. Chiedo invece clamorosamente scusa al compagno Ghirelli. Come non potrei dopo quello che ha scritto e dopo aver letto un'intervista a 'Repubblica' dcli' 1marzo di Corrado Augias (cito: 'Su unsettimanaleche una volta era progressista, un tale ha scritto 'che noia, che bla-bla, questi programmi che fanno salotto'. Sono sicuro che l'ha fatto in buona fede, senza rendersi conto di quello che scriveva. Per questo lo strozzerei con le mie mani, se potessi ... ')." Dovrei commentare anch'io, ma lettere come quella di Ghirelli non mi sembra abbiano bisogno di commenti, e hanno il potere di farmi cadere le braccia, rivelatrici come sono di uno "stile istituzionale" tra Tv e intellighenzia di sinistra. Chiedo dunque scusa a Maria de Lourdes e faccio gli auguri migliori (sinceri, sia chiaro) a Ghirelli per quanto potrà fare in futuro, dentro e fuori la bomboniera della Tv. Goffredo Fofi 23

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