IL CONTESTO Giovanni Battistini in una foto di G. Giovannetti. commissionava il Requiem, e che era oppresso da presentimenti di morte, in quel!' anno fatidico, che si sono poi realizzati. Un altro merito ha il libro: di mettere in buona luce la moglie di Mozart Constanze, ristabilendo verità che la misoginia di Hìldesheimer e altri studiosi ha voluto offuscare. L'uomo del sassofono Un altro· "ultimo anno di un musicista" - in altro secolo (il nostro) e con un piglio tutto narrativo, mada "esperto" eperfino da fan - è quello che ci racconta folio Cortazar in Il persecutore (Einaudi), uno dei suoi racconti più noti, più belli, più coinvolgenti. Ne è protagonista, anche se l'invenzione letteraria esige che si parli piuttosto di suggeritore o di ispiratore, Charlie Parker, il grande "Bird" cui di recente ha dedicato un buon film Clint Eastwood. Se Eastwood avesse letto Il Persecutore avrebbe probabilmente dato unritrattodiParkermeno "clinico" epiù "mitico" e fondamentalmente più ricco. Il persecutore era compreso nel vecchio Bestiario, una raccolta einaudiana di più libri di racconti deU'argentino, e la parte che lo comprendeva non era più stata ristampata. Si parla dunque di un' edizione che pochi hanno visto, in una collana sperimentale di bassa tiratura, che risale al lontano 1965. Oggi i nuovi lettori possono per il tramite di questo libro accostarsi a due artisti molto cari agli animi dei 14 giovani cresciuti alla cultura negli anni Cinquanta e Sassanta, ecapire cosa ha significato il jazz per tanti anni eper tanti. E trovarsi, insieme, difronte a uno dei racconti che hannopiùacutamenteeseriamente saputo descrivere la persecuzione della droga. (L'edizione attuale si avvale di una bella e colta postfazione di Franco Minganti.) Italia magica e strana Non sa fare il fantastico chi vuole, come dimostrano il gracqdannunziano Nocchiero della Capriolo, il pessimo Vangelo di Giuda del Pazzi, il cerebralissimo gotico-paragaddiano Di bestia in bestia del Mari, e tanti altri libri recenti. La letteratura del fantastico o ai margini del fantastico è in Italia scarna, velocemente documentabile. Ma tutlaviac 'è stata, e qualcosa ancora c'è. Da Sellcrio è stata ristampata una bella opera del vivente, pur se d'età, Enrico Morovich (Miracoli quotidiani) che già nel titolo riecheggia i Miracoli bontempelliani; la Marsilio ha. dato il via alla riscoperta di Gallian (Il soldato postumo); la SE ristampa il miglior romanzo fantastico del nostro sccoio, in Italia, Il figlio di due madri di Bontempelli (chi non lo conosce non se lo lasci sfuggire!); ed Einaudi fa opera molto meritoria ripescando dalla Parigi del '46 un'antologia curata per la Francia da Contini, llalia magica, che presenta in beli' ordine alcuni racconti e testi molto belli di Palazzeschi, Baldini, Lisi, Zavattini, Moravia (che ne ha raccolti di assai buoni nel meno letto dei suoi libri, i RacconJi surrealisii e satirici), il grande Landolfi, il citato Morovich e il citato Bontempelli, perno primo di tutta questa letteratura. L'altra faccia del realismo, ma con scambi frequenti, e molto suggestivi. (Ricordo che gli editori più attivi nel riproporre il fantastico italiano o nello stimolarne la rinascita sono Theoria, Solfanelli e, per le raccolte antologiche, gli Editori Riuniti). Guerre e dopoguerre L'opera prima di Giovanni Battistini Il fratello di Elena (Feltrinelli) è un romanzo fatto in realtà di quattro racconti lunghi in cui personaggi tornano, in momenti diversi, e storie lentamente si snodano. In sostanza, la storia è quella di una famiglia alto borghese nella Storia recente, dalla guerra a quasi oggi, una famiglia di "padroni di Milano", dove il senso de11aopportunità politica o il disorientamento spingono g_ueglia fare il fascista e questi il partigiano, quegli l'industriale e questi il terrorista. Un capitolo in particolare resta nella mente, in cui con una pietas struggente si affrontano le vite di due ragazze nel loro perdersi nevroticamente dentro il turbine del Sessantotto e degli anni successivi. Nucleo centrale e dimostrativo è bensì quello che riguarda i fratelli del titolo, portati, in età già adulta, all'incesto-come per sfuggire al destino di una riproduzione verticale dell'albero genealogico borghese, avolere una orizzontalità che possa liberarli dalla logica produttivistica dei figli e della classe, e fuori da una storia in qualche modo ripetitiva, prevedibile, obbligata. Il romanzo di Battistini, di scrittura piuttosto tradizionale, distaccata ma con grumi di intensità che possono volta a volta coinvolgere o respingere, ha il merito di raccontare una classe che è stata sostituita da ultimo dal "generone" dei nuovi ricchi, dalla borghesia senza storia se non "etologica" e animale, a-problematica. E ci aiuta a capir meglio-anche se i riferimenti non sono mai diretti ed espliciti, la fantasia ha solide basi reali - molta nostra storia passata, compresa quella degli anni più caldi. Agli anni della guerra e del dopoguerra non metaforici si ritorna con L'estate del' 42 di Renzo Zorzi (Rusconi), fatto di tre vecchi racconti il primo dei quali, che dà il titolo al volume, inedito ma scritto e riscritto tra il '43 e il '51. È anche il più bello -e mette in scena un personaggio un po' sonnambulico, un adolescente preso nel dolore di una storia d'amore fallita e che attraversa in modo incerto un incerto presente. Racconto strano, certo non neorealistico anche se il retroscena è storicamente, perfino politicamente delineato. Più ampio, quasi un romanzo, Una storia di galline ha un avvio bellissimo, di vagabondaggio sbandato nella bassa veronese a rubar pollame, e poi uno sviluppo di triangolo amoroso nel fuoco della Resistenza, certo non scontato quando venne scritto (e pubblicato su "Il ponte" nel '53). Più picaresco e insolito appare oggi l'ultimo, CinquecenJo quinJali di sale, minuziosa ricostruzione di un episodio di avventurosa smania commerciale-resistenziale, assai divertente. Il libro di Zorzi - che, per chi lo ignori, è da quasi trent'anni il direttore di una delle più belle riviste italiane "Comunità", dove sono apparsi e appaiono moltissimi dei nostri saggisti .più amati e "radicali" -è la dimostrazione, ancora una volta, della vivacità della letteratura italiana negli anni pre-boom, e di come l'etichetta "neorealismo" abbia così spesso mortificato e offeso una inventiva che ha svariato con grande libertà nei "generi" e nelle forme. A quegli anni - il dopoguerra - tornano i racconti di Roberto Romani (La soffitta del Trianon, Sellerio) il secondo dei quali è stato pubblicato proprio su questa rivista qualche anno fa (Un buon taglio di capelli). Il cinema (lamirabolantevicendadeLequattro piume in tekldnikolor, a far da partenza nel primo), la boxe, i giornali "di massa", la rivista ... i miti poveri e grandi di un tempo, insomma, fanno da palcoscenico fondale a uno scambio di realtà e fantasticheria, immaginario, finzione che Romani controlla a dovere, riuscendo soprattutto a darci uno dei rarissimi esempi italici di racconto sportivo degno dei grandi modelli americani (un altro, il romanzo veloce e frizzante di Stefano Jacomuzzi, Un venJo sottile, Garzanti, è uscito di recente, dedicato anch'esso alla boxe, il più "sociologico" e primario e quindi il più narrativo, in cinema come in letteratura, degli sport).
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==