Linea d'ombra - anno VII - n. 37 - aprile 1989

Invece di mettere a repentaglio l'integrità fisica per colpa di qualche esaltato, molti restarono a casa. Altri assistettero, e gli andò bene, perché prevalse un tono moderato in tutti gli interventi. Dietro l'angolo è in agguato l'autodistruzione. Per questo è risultata una gradevole sorpresa scoprire il fervore, l'impegno, I' ostinazione con cui si continua a scrivere nell'America Centrale. Gli scrittori onduregni hanno presentato due riviste di alta qualità: Tragaluz e Sobrevuelo. Leggendo la stampa internazionale si penserebbe ad un paese di peones col sombrero al servizio degli occupanti stranieri. Con grande orgoglio gli onduregni scrivono teatro, poesia, narrativa e critica, in una esplosione creativa che non ha uguale in Centroamerica. Di ritorno, ho portato una valigia di libri, per lamaggior parte onduregni. Maschere diverse possiede la dignità. Ma, dove esiste, si esprime. In Costa Rica le nuove generazioni di narratori coltivano la letteratura infantile. I panamensi reclamano la loro reintegrazione al Centroamerica. I nicaraguensi possiedono non solo una tradizione di poesia, ma addirittura di declamazione. Il loro modo di leggerla conserva la LETTURE Romanzi sensati e insensati; e non-romanzi molto sensati Goffredo Fofi Minimalisti e funamboli Sono le due categorie nelle quali si è distinta ormai la giovane letteratura italiana, massicciamente, e direi anche protervamente: quella dei narratori di un sé molto piccolino che abita salottini piccini picciò, e quella degli iperletterati che da dieci libri letti ne masticano un undicesimo, con un pizzico di fantasy e uno di Borges (o Calvino), un'ombra di post-moderno e un soffio di Yourcenar, e sbattono il tutto nel metastorico, metageografico e metafisico e soprattutto, ça va sans dire, nel metaletterario. Secondo me, un vero disastro. Non è il caso di infierire su questi o su quelli presi singolarmente, ché poi qualche talento uno o l'altro ce l'ha, ma da tutto ciò vien fuori, alla fine, solo la riproduzione (rispecchiamento?) del niente di quella vastissima parte della nostra società (ripeto: ricca come non mai) che vive nel superfluo e continua a pensare al sublime come ali' ipocrita spruzzata da dare alla propria vita, giustificazione imbecille della propria mediocrità. Non credo ci sia molto da fare per rimediare; credo che bisognerebbe smetterla, semplicemente, di scrivere romanzi e poesie visto che, in questo contesto, non hanno altra funzione che quella della riproduzione e consolazione di cui sopra. E che il romanzo, la poesia, vadano cercati altrove, in altri spazi che non in quelli dove normalmente li si produce: nella saggistica, nel giornalismo d'inchiesta, nella memorialistica, e magari nella storia o nella scienza, e non nella "Letteratura". Bisogna mettersi in testa che scrivere romanzi e poes_ie è diventata, né più né meno, unacosamoltovolgare,moltoinutile, molto sciocca: necessità fittizia, ambizione sbagliata. (Lo dico anche per quegli scriventi che non ci leggono e che non l'hanno ancora capita, continuando a mandarci racconti e poesie di generi che siamo arrivati a detestare ... e i quali osano arrabbiarsi se non li pubblichiamo!) Due libri recenti ripropongono il problema: il romanzo di Domenico Starnone Il salto con le aste (Feltrinelli) appartiene a un altro filone, quello umoristìco, ma è meno romanzo (e meno bello) di Ex cattedra che non voleva essere un romanzo. Il non-romanzo di Oreste Del Buono La vita sola (Marsilio) è molto migliore dei romanzi che Del Buono ha scritto. La "sinistra patetica" di cui parla Stamone è perdipiù ripetitiva, chiacchierina, noiosetta - IL CONTESTO traccia di generazioni e generazioni abituate a domare la fiera. _A che cosa è servito l'Incontro? A nulla, come tutti i congressi. E stato emesso un documento finale, pieno di risoluzioni che sapevamo tutti che non si sarebbero rispettate. Era stato fatto il più importante: conoscerci, riconoscerci, contarci. I sopravvissuti di una catastrofe: le guerre centroamericane degli anni '80. Gli scrittori di una regione che i nordamericani considerano il cortile dietro casa. Come non respingerli? Sarà antipatico e demodé, che farci. In vestaglia di seta e pantofole, le nostre preoccupazioni sarebbero diverse. Ma se il Colonnello North è un tuo vicino, non puoi pensare di convincerlo che le ideologie non sono più di moda e siamo al postmoderno, mentre quello ti spacca la porta a calci. Frattanto, la risoluzione principale del Congresso, l'unica che verrà sicuramente rispettata, è di tornare a incontrarsi in un'altra capitale del Centroamerica, magari in Costa Rica, entro due anni. Guerra (guerre) permettendolo. (traduzione di Gianfranco Olivotto) troppo priva di dramma, troppo poco scontenta di sé, troppo poco patetica perché sia amabile, perché susciti un nostro interesse o anche un nostro sdegno. Mescolando il diario di una quotidianità degradata in una società e una città degradate (Milano) con l'ultimo spietato ritratto di una coppia senile che è poi quella dei propri genitori, non amandosi e non amando il mondo in cui agisce, Del Buono fa ben più che "un romanzo", ci trascina nell'ingorgo di puzze e meschinità, vomiti e cattiverie che saltano agli occhi e al naso di chi ha ancora occhi per vedere e naso per odorare. La vita sola è la sola vita che ci è data e che sciupiamo, è la vita dei solitari cui anche la solitudine (come valore e rifugio) viene negata dalla perfidia banale del contesto. Narrazione/riflessione: questa una strada praticabile e saggia, e si vorrebbe che altri, molti altri della schiera sterminata degli scriventi e dei loro cugini dentro i media, cominciassero a capirlo. Ma sarà dura, perché per poter cambiare occorrerebbe che infine si buttasse a mare tutta una micidiale incrostazione crociana, e si sbaraccasse una falsa cosciénza determinata da frustrazioni meri tate, riaprendosi alla immaginazione sociologica e antropologica; e alle ambizioni più giuste. Due esempi stranieri Un piccolo romanzo tra cronaca quasi poliziesca e romanzo è quello di Jorge Ibargilengoitia Il caso delle donne morte (Einaudi). L'autore ha scritto ottime commedie (una, già vecchia, El atentado, è un gran beli' esempio di teatro su un tema che ci riguarda, quello dell'intrigo politico che culmina in strage) e romanzi altrettanto scanditi, veloci, e anche sanamente un po' didascalici. Uno di questi venne stampato molti anni fa, da V allecchi, Le lampade di agosto, e sarebbe bene che qualche editore lo recuperasse. Un altro, Ammazzate il leone, scelto un anno fa o più da Feltrinelli, era invece decisamente meno buono. Si legge Il caso come si leggono certe cronache giudiziarie ben ricostruite, imparando molto su un mondo che non conosciamo, e presi dall'intrigo in sé, da personaggi senza dimensione psicologica ma con una ben precisa dimensione comportamentale. Finalmente. E si ha l'impressione di capire meglio, a lettura finita, la società messicana. Se il libro di Ibargilengoitiache morì in quell'incidente aereo, aMadrid nell '83, che sconvolse la cultura latinoamericana- si dice romanzo ma è qualcosa di più, L'ultimo anno di Mozart di H. C. Robbins Landon, celebre studioso di musica del Settecento e in particolare di Haydn, vuole essere un libro di storia della musica, ma finisce per essere meglio che un romanzo, su un soggetto appassionante. Per esempio, meglio certamente della commedia di Schaffer e del film di FormanAmadeus. Attendibile, documentatissimo, è di lettura incatenante, si muove sul sottile filo di un paradosso che l'autore ha ben presente: smontando le ipotesi di avvelenamento di Mozart da parte di Salieri, dicendo chi era il mandatario del Requiem, insiste però come giusto sul fatto che Mozart era tuttavia convinto che qualcuno lo stesse avvelenando, che ignorava chi gli 13

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