Linea d'ombra - anno VII - n. 37 - aprile 1989

STORIE/MALAGUGINI lisi avrebberoavuto inizio di prima mattina il giorno seguente, fui libero di andarmene. Dimentico del materiale Clandestino,raggiunsi la città vecchia, dove passai un pomeriggio memorabile. Pressato dalla suggestione della mia Pavia, avvertii subito uno scarto di secoli, un'aria di civiltà diversa, l'aria della Certosa, per intenderci, ma ancor più gentile per la dolcezza dei colli circostanti, con quelle macchie di cipressi che impreziosivano il paesaggio. Camminai in lungo e in largo per strade e per piazze, mi aggirai per il duomo e la cappella Colleoni, sostai a lungo davanti alla tomba di Medea. Fu, quello, uno dei momenti in cui avvertii la povertà di certo miomondo retorico, di certo mio sentire melodrammatico.La politezza leggiadradel marmo, quei lineamenti minutie sereni, la compattezzadell'opera d'arte suscitarono in me un'ansia di cambiamento, come se mi rendessi conto, in modo confuso, incerto, che con gli strumenti dei quali sino allora mi ero servito non ero e non sarei arrivato mai alla sostanza delle cose. Anche il mio amore perBianca, [BiancaPizzorno] inquell'epoca unpoco sbiadito, quasi messo da un canto, mi pareva tutto da ripensare e rivivere, anche se non sapevo come. Ecco, in quella figura supina e composta c'erano amore e pietà; ma l'amore era prevalente, perché la morte non cancellava, ma esaltava la vita, le conferiva un valore universale ed eterno. T9rnai alla clinica, rimuginando quelle sensazioni, ma con grande incertezza e turbato dal timore che l'inatteso spiraglio intravisto quel giorno si potesse richiudere, e chissà quando lo avrei ritrovato. La mattina seguente, assai di buon'ora medici e infermiere s'impadronirono di me. Con grande pazienza ed estrema attenzione a che non dessi di stomaco, mi venne infilata ingola, e quindi giù giù per l'esofago, una sonda gastrica, e poi con la pompetta vennero estratti i succhi, e infinevenni lasciato solocon la cannula che scomparivanelle fauci e terminava,dall'altro capo, in un recipiente. Mi abituai quasi subito all'incomodo e me ne stetti quieto, pensando a me stesso con grande ironia.Eccolo lì, il poeta laureato, il cultore del dolce stil novo, l'innamorato etereo; eccolo lì il militante intrepido del movimento operaio internazionale, a secernere i suoi succhi gastrici comeundiligente bacoda seta! Eccolo lì l'infaticabile cacciatore di brufoli, quello che prima di incontrare la ragazzapassava ore a schiacciarli, a cospargerli di pomate e borotalco; eccolo lì con la cannetta a penzoloni e labava che gli cola dalla bocca! E, sinceramente, mi veniva da ridere di me, con affettuo~ comprensione, perché subito pensavo che, curata la gastrite, lamia pelle sarebbediventata e rimasta sempre liscia, con grande giovamento per il mio fascino. Interruppe quel mio divagare una suorina dalla gran cuffia inamidata, dicendomi con voce normale, ma all'orecchio, quasi fossi stato sordo: "Allegro, dottore, c'è la sua fidanzata!" lo, di ragazze che potessero fregiarsi con qualche fondamento della impegnativaqualificadi "mia fidanzata", non ne conoscevoproprio, e d'altra parte Bianca, l'unico essere in rapporto di una qualche contiguità con quel termine, non l'avrebbe mai usato, e di questo ero assolutamente certo. La mia perplessità durò pochissimo, perché sul letto, tra una grandine di rumorose professioni di affetto, si abbatté, alla lettera, Andreina [AndreinaTacchinardtl, la figlia del compagno so108 cialista dal medesimonome. Ci fu una sorta di colluttazione tra lei e la giovane suora, ben decisa a difendere la continuità dell'analisi in corso. Quando fu sicura di essere stata compresa, e che la sonda era rimasta al suo posto, la suorina si allontanò dalla stanza tra un gran frusciare di indumenti inamidati, gli occhi bassi, in atteggiamentodi compunta complicità. Appena rimasti soli, Andreina, dismessi d'un colpo i gesti e le parole affettuose, mi informò brevemente dell'accaduto. Quella stessa mattina all'alba, la polizia, dopo averne perquisito le case, aveva arrestato un centinaio di antifascisti, soprattutto giovani. Erano stati anche a casa mia, i poliziotti, cercando di me, e avevano sequestrato un documento, Andreina non sapeva quale, su un ripiano della libreria della mia stanza. "Accidenti a me" pensai subito, ricordandomi che avevo dimenticato lì uno stampato di poche pagine, una recensione in chiave polemica di un libro di Henri de Mann, Il superamento del marxismo. "Di certo, verranno a cercarti anche qui" continuò Andreina, "Vedi tu cosa fare.Mario è dentro. Bene, io vado" concluse, e infatti schizzò fuori dalla stanza senza che io avessi potuto spiccicare una parola, impedito com'ero da quella dannata sonda in gola. Per prima cosa, dunque, principiai ad estrarla, dapprima con cautelosa lentezza e poi via via più velocemente, con furia addirittura quandomi ricordai dei duepacchi di stampa clandestina riposti nell'armadio. In gran premurami vestii, abbrancai quei pacchi, passai come un turbine davanti alla suora allibita, che mi inseguì protestando: "Ma, dottore, dove va? E l'analisi?". E saltai su un tram. Il destinatariodella mia stranamerce io non lo conoscevo.Ne sapevo l'indirizzo, il nome e sommariamente la fisionomia, ma ho dimenticato tutto, penso per una inconscia volontà di cancellarlo dalla memoria. Gestiva un negozio nella città bassa, sotto i portici mi pare. Ci arrivai con molta cautela, camminando senza premura, entrando in altri negozi, dove mi fingevo interessato a strani acquisti, ma l'unico fu quello di un pettine tascabile. Quando ebbi davanti la persona a cui dovevo effettuare la consegna, e ne fui sicuro, gli dissi, come era stato convenuto, che gli portavo "i saluti cordialissimi di ICS". Il mio interlocutore non sembrò interessato, e tanto meno turbato dalle mie parole. Guardandomi bene in faccia,mi rispose "Desidera?" lo non sapevo come districarmi e mi limitai a ripetere, pur rendendomi conto di apparire ottuso: "Ma, le porto i saluti cordialissimi di ICS" E lui, con unprincipio di impazienza,replicò nuovamente: "In che cosa posso servirla?" "Ho queste cose da consegnarle" insistetti, accennando ai due pacchi, e lui sempre a guardarmi fisso, tanto che decisi di rompere gli indugi. "Questa mattina la polizia mi ha cercato a Milano, mi cercheranno anche qui" dissi tutto di Ùnfiato. "Non posso tenerla, è stampa clandestina". Quell'uomo parve volermi divorare con gli occhi. Con voce netta, tagliente, così che pur parlando a bassa voce mi sembrava che gridasse, "Vada via, vada via subito, se non vuole che la polizia la chiami io" mi lanciò contro, "e non torni mai più". Teneva le mani aperte, appoggiate sul banco e non mi abbandonava con gli occhi. Per un momento mi sentii perduto. Poi, stringendo i miei due pacchi, feci dietro front, uscii dal negozio e mi allon-

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