QUELLA PRIMAVERA DEL '37 Alberto Malagugini a curadi Lodovico Terzi Alberto Malagugini era un uomo appassionato e ironico, sempre un po' solo. Anche nel suo partito-il Partito Comunista ltaliano-nonostante le brillanti posizioni raggiunte e l'assoluta e rigorosa fedeltà di bandiera, restò sempre un isolato, un uomo ali' opposizione. Le pagine che seguono sono tratte da un suo quaderno di ricordi autobiografici, e raccontano gli ultimi giorni, le ultime ore precedenti il suo arresto per attività antifasciste, avvenuto nell'aprile 1937. Alberto, già laureato in legge, non aveva ancora 22 anni. Era nato a Pavia il 19 agosto 1915. Suo padre Alcide, insegnante di lettere, era stato sindaco socialista di Pavia finché i fascisti, nel 1922, non lo avevano estromesso da questo ufficio e da tutte le scuole del regno, lasciandolo senza lavoro. Fu allora che lafamiglia si trasferì aMilano, dove il professor Malagugini dava lezioni private e insegnava in istituti privati, e qui Alberto compì i suoi studi e iniziò la sua attività politica nel gruppo di antifascisti milanesi guidato da Rodolfo Morandi. Nelle pagine qui pubblicate si accenna ai suoi compagni di allora, alle loro anche ingenue cospirazioni, e si descrive il primo comizio clandestino tenuto da Alberto in una piccola tipografia. Nessuno avrebbe potuto predire allora quanto sarebbe stata impegnativa la sua milizia politica e che tipo speciale di comunista sarebbe diventato. Processato da/Tribunale Speciale dopo sei mesi di totale isolamento, poi rimesso in libertà, Alberto fu chiamato alle armi alla vigilia della guerra e, dopo essere stato espulso per antifascismo dal corso allievi ufficiali.fu assegnato come soldato semplice a una compagnia di "indesiderabili". Durante il servizio militare sostenne gli esami di procuratore legale e si sposò con Bianca Pizzorno, a cui si accenna in queste pagine. Nel 1943 fu fatto prigioniero in Sicilia dagli Alleati e deportato in un campo di concentramento in Algeria, dove rimase fino al luglio 1945, quando fu rimpatriato. Nella sua vita, da allora in poi, s'intrecciano profondamente l'attività professionale e quella politica e di partito. Come penalista difese, nell'immediato dopoguerra, i contadini della bassa padana nel quadro delle grandi lotte sociali dell' epoca;fuparte civile nel processo dei morti di Reggio Emilia nel 1960; si occupò della strage di piazza Fontana e della morte di Pino Pinelli;fu difensore nel processo Va/preda a Catanzaro; difese il tenente di Polizia Margherita Dinanzi (Tribunale Militare di Padova) contribuendo in maniera determinante alla demolizione del Codice militare di pace;fu difensore del professor Franco Basaglia, imputato a Trieste per le sue iniziative a favore della chiusura dei manicomi; e si batté in ogni grado di giudizio per infinita altra gente, ·modesta o illustre, sempre in difesa della libertà. Consigliere provinciale di Milano dal 1956,fu eletto deputato alla Camera nel 1968, e per tre legislature; dal 1972 fu vicepresidente del gruppo parlamentare comunista, membro della Commissione Affari costituzionali, della commissione Giustizia, e della prima commissione Antimafia. Nel gennaio 1977, con voto unanime delle due Camere.fu eletto giudice della Corte Costituzionale, e conservò questo incarico per nove anni,fino al 1986. Morì il 21 marzo 1988. Nel discorso pronunciato al suo funerale, Pietro lngrao definiva la personalità politica di Alberto, ricordando le sue battaglie in nome della legge, "il posto alto che Malagugini dava alla norma; l'ansia con cui chiamava la cultura del paese e le forze politiche a cimentarsi con un nuovo sistema di regole." E così proseguiva: "No.11 diritto non è stato per lui solo_una professione e una competenza. È stato qualcosa di più profondo. E stata la convinzione-anche drammatica-che solo la costruzione testarda di nuove regole riconosciute e garantite di convivenza,potevano dar corpo a quella pari dignità a cui dovevano elevarsi i dominati, gli oppressi, i deboli, i subalterni.(. ..) Riflettendo su di lui, su discorsi, studi, scritti, atti suoi, io mi sono domandato in che rapporto stava questa sua visione forte della legge, della legalità, e quindi della sovranità, con un altro aspetto assai netto della sua persona. Penso alla 106 sua preoccupazione costante, testarda, tenace, per i diritti dell' individuo, e prima di tutto del più debole, del più esposto; e di quello stesso che aveva violato, oferito, o messo in discussione la norma, la regola comune. Qui ci incontriamo con l'attività così significativa, di altissimo valore, che egli svolse come giudice della Corte Costituzionale. Sono tanti gli esempi che vengono a mente: dalla sentenza chef a uscire dal manicomio giudiziario il prosciolto per infermità di mente, quando sia guarito, e cioè l'assolve dal passato, lo restituisce a un itinerario umano; ali' altra che dichiara l'incostituzionalità del concetto di "proclività a delinquere"; al diritto dei transessuali di vedere riconosciuta la loro nuo- . va identità, il loro nuovo nome; ali' affermazione che gli anni della carcerazione preventiva devono essere detratti dalla computazione degli anni di pena da espiare; all'affermazione di principio della presenza necessaria dell' awocato difensore, anche quando /"imputato dichiara di rinunciare ad essa; alla tutela dei diritti dei lavoratori inprova che vengono licenziati; al divieto di _trasformare una pena pecuniaria in pena detentiva. (...) Questo compagno, che credeva così fortemente alla necessità di una soggettività politica, al momento e al valore della statualità, al ruolo e al peso che le istituzioni e le leggi hanno nella trama della nostra epoca, era al tempo stesso convinto che c'è uno spazio invalicabile.forse imperscrutabile, difronte a cui la norma deve sì affermare la sua ragione, ma anche riconoscere con umiltà il suo limite. E quindi il diritto deve darsi frontiere; la comunità /are i conti con le diversità e singolarità di destini; il giudice, nel momento stesso in cui giudica, farsi carico anche dell'imputato. lo sento in ciò, in definitiva, un rifiuto di ridurre l'essere umano a una casella definita per sempre, alla sua unicità assoluta e immodificabile."
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